"Negli occhi di chi guarda" - Marco Malvaldi

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Towandaaa
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"Negli occhi di chi guarda" - Marco Malvaldi

Messaggio da Towandaaa »

L'intreccio giallo c'è, e pure originale (lo ritenevo fin troppo fantasioso finché non ho letto la nota finale; alle raccomandazioni dell'autore aggiungo pure le mie: non leggetela se prima non avete letto tutto il romanzo !).
Quello che però ad ogni nuova pubblicazione diminuisce sempre di più è lo "smalto": quel quid che avevano i primi romanzi di Malvaldi quanto a capacità di divertire con battute originali, fulminee, talvolta sboccate ma sempre entro certi limiti. In una parola (anzi: due !): genuinità e spontaneità.
Quest'ultimo romanzo, secondo me, insieme ai tre o quattro che lo hanno preceduto (appartengano essi oppure no alla serie del Bar Lume) si colloca in una parabola discendente. Le battute non appaiono più "fresche" ma "facili", e con ciò intendo che tanto le prime ti coglievano alla sprovvista e ti colpivano per l'originalità, quanto le seconde appaiono costruite, preparate in anticipo di qualche riga, e quando ci arrivi non ridi più, o sorridi appena.
Inoltre sembra che il Malvaldi scrittore non riesca più a tenere a bada il Malvaldi chimico: quelle che nei primi romanzi erano brevi digressioni scientifiche che contribuivano ad illustrare certi passaggi dell'indagine, negli ultimi, e segnatamente in questo, hanno assunto dimensioni invadenti e appaiono per di più avulse dal contesto. Uno sfoggio, e niente altro. Con il risultato di appesantire il ritmo, già pesantemente fiaccato da un altro tipo di digressioni, quelle di carattere umoristico (vedansi, solo a titolo di esempio, i due incipit delle e-mail scritte dall'architetto, con i loro beceri giochi di parole su Partenone e Partenino e con la citazione tratta da P. Suskind, "Il puzzo", orig. Le tanpheau - sic - ... fortuna che nel finale il destinatario di quelle e-mail riconosce che si trattava di "una ridda di cretinate ... che facevano ridere solo noi due"). A volte nella pagina prevalgono le digressioni rispetto al fluire del racconto e, come ho già avuto modo di osservare a proposito di "Buchi nella sabbia", il frequente ricorso a questa tecnica, se non padroneggiato con sapienza, dovrebbe almeno essere dosato con parsimonia, a mio modestissimo avviso.
Puntuale (e aggiungo: purtroppo... ma davvero qualcuno ne avverte la necessità/opportunità/utilità ?) arriva anche in questo romanzo la citazione che ormai ho battezzato "di scuderia" e Malvaldi ricambia il "saluto" fattogli da Manzini in "Pulvis et umbra" (citando la tombola dei troiai) con il riferimento alla dotta disquisizione sulla differenza tra "fijo de mignotta" e "fijo de 'na mignotta", che anche i lettori più distratti e meno dotati di memoria non possono non attribuire a Rocco Schiavone.
In definitiva: se è vero che affezionarsi ad uno scrittore può essere rassicurante perché immergendosi nei suoi libri senti di ritrovarti in mezzo ad amici o conoscenti che "rivedi" volentieri, è anche vero che quando le componenti negative tendono a prevaricare quelle positive nel bilancio di ciò che ti aspettavi di trovare, l'affezione finisce per scemare.
O almeno, questo è ciò che capita a me.
Peccato.
La mia libreria

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