"Lascia fare a me" - Mario Levrero

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Towandaaa
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"Lascia fare a me" - Mario Levrero

Messaggio da Towandaaa »

Non avevo mai letto niente di questo autore, ma alcune recensioni qua e là su “Lascia fare a me” mi avevano convinta che potesse essere il momento giusto di avvicinarsi a lui.
E così è stato.
Ma ora è difficile trovare qualche aggettivo che renda l’idea dei miei pensieri riguardo a questo romanzo breve, così insolito e originale.
Sfuggente - potrebbe essere un buon punto di partenza: perché credi di assistere alla ricerca del misterioso scrittore di un manoscritto così bello da attirare l’attenzione anche di una non meglio precisata fondazione svedese (!) e invece ti ritrovi quasi smarrito, o meglio, volutamente smarrito, insieme al protagonista, che di quella ricerca dovrebbe essere l’attore, in cerca di altro. Di se stesso, di una dimensione migliore in cui vivere, di una relazione più diretta e non problematica con una donna capace di riaccenderlo.
Ironico - potrebbe essere il tassello successivo per comporre il mosaico riassuntivo delle sensazioni che lascia questo libro. Ma a patto di chiarire subito che si tratta di una ironia un po’ malinconica, nostalgica e sorniona. E lo si capisce fin dall’inizio, quando il protagonista realizza che i propri manoscritti appartengono all’ineffabile categoria dei “buoni ma” e quando, insieme a lui, si arriva al villaggio di Penuria, che si trova vicino a Miseria, in prossimità di Disgrazia e di Lamento, una zona icasticamente descritta con l’ossimoro “trasudava aridità, fisica e spirituale”. Da lì la ricerca del misterioso scrittore, poco dopo l’avvio, pare andare alla deriva, o meglio, diventa solo un pretesto per prolungare la permanenza del protagonista nel villaggio, alternativamente attraente e diffidente. Illuminante a questo proposito è un passo della prefazione, in cui si riporta una dichiarazione dell’autore: “La gente mi dice pure – Ecco un argomento per uno dei suoi romanzi ! - come se io me ne andassi a caccia di argomenti per romanzi, e non a caccia di me stesso. Se scrivo è per ricordare, per risvegliare la mia anima addormentata, ravvivare la mente e scoprire le sue strade segrete; le mie narrazioni sono per la maggior parte pezzi della memoria dell’anima, non invenzioni”.
Essenziale – perché ho trovato alcuni passaggi che chiariscono, con una sintesi impeccabile, sensazioni che altrove impegnano pagine ma senza gli stessi risultati (solo per fare un esempio: lo stato d’animo di chi parte verso un viaggio dai molti lati incerti, descritto come “timore nei confronti dell’ignoto misto a una nostalgia anticipata per le cose e gli spazi della mia casa”).
Onirico – perché l’atmosfera si fa spesso rarefatta, i personaggi che si incontrano hanno sempre qualcosa di misterioso e di irrisolto, il protagonista stesso si lascia andare a scelte e ritmi di vita che paiono inconcludenti, i collegamenti logici, spaziali e temporali lasciano razionalmente perplessi e al tempo stesso si realizza che “razionalmente” è proprio l’ultimo avverbio adatto a un contesto in cui si incontra, tra gli altri, un personaggio (che a me ha ricordato prepotentemente lo stregatto di Alice nel paese delle meraviglie) che afferma : “Gente dice: ragno tesse tela. Io dico: tela tesse ragno. Gente crede tessere vita, ma vita tesse gente. Tutto collegato. Lei scrive racconto, ma racconto scrive lei; cerchiamo causa in tempo passato, ma molte volte causa in futuro. Confondono causa ed effetto.”
Lo si legge percependo che il mix di assurdità, ironia, malinconia, non poteva essere dosato meglio di così, e lo si chiude con la sensazione (o almeno: così è stato per me) che qualcosa sia sfuggito, ma in fondo, forse, anche questo rientrava nei disegni dell’autore.
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francesina
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Re: "Lascia fare a me" - Mario Levrero

Messaggio da francesina »

La recensione di Towandaaa (che ringrazio per avermi permesso di leggere questo libro :heartkiss: ) rappresenta in pieno il mio pensiero.
E' vero che è un libro difficile da incastrare in un'etichetta perché nessuna gli renderebbe giustizia.
E' breve, ma incredibilmente denso di significati e metafore: sono certa che leggerlo con l'interpretazione di un critico potrebbe far emergere altri livelli di lettura e metafore che o non ho colto o sento di avere compreso solo in parte. Capire meglio la figura di Troncoso, per esempio, varrebbe da sola una rilettura.
Vuole essere un libro ironico e lo è: si girano le pagine con il sorriso sulle labbra, sia per il carattere del protagonista che per le sue espressioni, ma è velato da una malinconia molto sudamericana. Si capisce anche da questo che Levrero vuole qui raccontare la ricerca del misterioso autore di un manoscritto sensazionale, ma anche e anzi soprattutto di molto altro. E' il protagonista che è alla ricerca di se stesso ed in questo senso il viaggio a Penuria è più significativo del fine per cui è stato compiuto. Per questa ragione sbagliavo ad essere perplessa durante la lettura: vedevo la fine avvicinarsi e mi chiedevo se mai ci sarebbe stata la soluzione del mistero: terminato il libro, appunto, si capisce che ad essere decisiva è la rivoluzione interiore compiuta per dipanare la matassa.
Significativo e positivo il finale. Io vi ho visto una bella metafora dei limiti che ci auto-imponiamo, di come i filtri con i quali ci percepiamo possano ostacolarci e, infine, di come sia utile, durante il percorso verso realizzazione di un nostro obiettivo, avere una visione ampia del momento sforzandosi di concepire quelli che possono sul momento essere vissuti come impedimenti o sfortune ( se non peggio) come qualcosa di necessario e propedeutico.
Un libro che si legge velocemente ma che resta a lungo.
Nous habiterons une maison sans murs, de sorte que partout où nous irons ce sera chez nous- J.Safran Foer, Extrêmement fort et incroyablement près

E finalmente lui pronunciò le due semplicissime parole che nemmeno una montagna di arte e ideali scadenti potrà mai screditare del tutto. I. McEwan, Espiazione

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Towandaaa
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Re: "Lascia fare a me" - Mario Levrero

Messaggio da Towandaaa »

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