Il romanzo di Philip Roth, vincitore del premio Pulitzer, è costituito da una "cornice" in cui viene raccontato un ritrovo degli ex-alunni della scuola di Nathan Zuckerman (voce narrante e alter ego dell'autore, che compare in tantissimi altri romanzi di Roth). Qui Zuckerman incontra il suo vecchio amico Jerry Levov, che gli racconta brevemente i tragici eventi della vita di suo fratello maggiore Seymour, detto "lo svedese", idolo della scuola per via delle sue doti sportive e icona dell'uomo felice e di successo. Nel resto del romanzo Zuckerman ricostruisce una biografia immaginaria dello svedese, basandosi sui ricordi di due brevi incontri avuti con lui, sul racconto di Jerry e su alcuni ritagli di giornale.
Here be spoilers
Lo svedese avrebbe potuto fare un'eccellente carriera universitaria e diventare uno sportivo di successo, ma ha invece rinunciato a tutto per continuare l'attività del padre, fabbricante di guanti. Ha sposato una donna bellissima (eletta Miss New Jersey) da cui ha avuto una figlia. Questa figlia diventerà una ribelle che, per protesta contro la guerra in Vietnam, farà saltare in aria un ufficio postale causando la morte di un uomo che si trovava lì per caso. Questo evento tragico macchierà per sempre la vita dello svedese e porrà anche fine al suo matrimonio (anche se poi si risposerà con un'altra donna e avrà altri 3 figli, tutti maschi). Lo svedese morirà poi di cancro prima dei 70 anni, mentre della figlia non si saprà mai con certezza se sia viva o morta.
Nelle parti iniziali del romanzo si insiste molto sul concetto che "l'apparenza inganna". Zuckerman, che non sapeva nulla delle vicende famigliari dello svedese, continuava a immaginarlo come il prototipo dell'uomo che ha avuto tutto dalla vita, e invece... Appurato questo, Zuckerman continua comunque a volersi immaginare come sia stata la vita dello svedese, basandosi quasi sul nulla e tutto questo ce lo propina per oltre 400 pagine.
Poi se vogliamo anche metterci dentro il fatto che il libro è un affresco dell'America degli anni '60 con la guerra in Vietnam, i disordini razziali e il Watergate, va bene, ma io ho trovato il tutto abbastanza inutile e irritante. E non mi vergogno a dire che alcune pagine le ho proprio saltate a pie pari (specialmente quelle relative agli sport, al concorso di bellezza e alla fabbricazione dei guanti).
Quello che più di tutto mi ha rovinato il piacere della lettura è stato l'espediente della "cornice", poiché lì viene detto praticamente tutto quello che è fondamentale sapere ai fini della storia, rendendo tutto il resto del libro davvero poco interessante. Avrei preferito che raccontasse la storia dello svedese senza tanti preamboli, senza spoilerare il tutto, allora sì che mi sarei trovata davanti il grande romanzo americano, con i suoi colpi di scena infilati nei punti giusti... invece così, a mio parere, ha rovinato tutto!
Philip Roth scrive in modo magistrale, la sintassi è stupenda, i dialoghi padre-figlia sono forse la parte migliore del libro, ma ciò non è sufficiente a farmi piacere il libro e nemmeno a chiarirmi le idee su Roth come scrittore, perché fino ad ora i libri suoi che ho letto sono troppo diversi tra loro.