Simenon Georges - il piccolo libraio di Archangelsk
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Simenon Georges - il piccolo libraio di Archangelsk
narra di come una comunità locale e ristretta non accetti chi non assume il modo di essere della gente che la compone; la solitudine e l'estraneità di chi osa essere al di là delle convenzioni e dei conformismi, sebbene tenute nascoste per anni, inesorabilmente vengono a galla in un susseguirsi di gesti e frasi anche banali e casuali, fraintese volutamente o no dal destinatario, fino a condannare un uomo all'ostracismo più totale; più in generale l'attitudine umana a non rispettare e a non voler comprendere, messe a nudo spietatamente; scritto benissimo dalla prima all'ultima parola
amici, amici miei, dev'essere così, scorderemo il nostro stare insieme di adesso (Pierangelo Bertoli - Sera di Gallipoli)
...fuggite, sciocchi!!! (Gandalf mentre affronta il Balrog nei sotterranei di Moria)
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- katemansfield
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Re:
Georges Simenon - Il piccolo libraio di Archangelsk
Adelphi (2007)
pg. 172 - € 16,00
ISBN: 8845921360
Trama
Jonas non ce l'aveva con lei. Neanche adesso che se n'era andata. Sapeva che Gina non era cattiva. Anzi, era convinto che si sforzasse di essere una brava moglie. Gina era arrivata in casa sua come domestica; nella piccola libreria di libri d'occasione era entrata un giorno, ancheggiando e portandosi dietro un caldo odore di ascelle. Quando lui le aveva chiesto di sposarlo, sulle prime aveva rifiutato: "Ma lo sa che genere di ragazza sono io?" gli aveva chiesto. Sì, lo sapeva, come tutti in paese; ma voleva solo che lei fosse tranquilla. Ora lo aveva abbandonato, portandosi via l'unica cosa preziosa che lui possedesse, i suoi francobolli, e Jonas era stato colto da una vertigine. Per questo aveva cominciato a mentire. E per questo tutti, in paese, avevano cominciato a sospettare che fosse stato lui, il piccolo ebreo russo a cui nessuno era mai riuscito a dare del tu, a farla sparire..
Che tenerezza che mi fa questo povero Jonas!
Già dall’aggettivo usato nel titolo si capisce com’è considerato: piccolo! E invece non lo è. È solo un uomo per bene, un uomo buono, con un’autostima che rasenta lo zero e un enorme senso di inadeguatezza, decisamente troppo fragile e assolutamente incapace di tener testa ai sospetti, alle dicerie, ai pettegolezzi di un intero paese. Un uomo che vive con l’ansia di non meritare quello che ha, un uomo che si nasconde dietro un’esistenza modesta,
Un uomo che nessuno ha mai conosciuto per davvero, un uomo incompreso, solo contro tutti,Here be spoilersun uomo che subisce il tradimento (della moglie prima e dell’intero paese poi) con rassegnazione, come fosse l’unica opzione possibile, l’unica cosa che potesse mai meritare.
Che amarezza, che tristezza, che rabbia!Here be spoilersche alla fine non potrà far altro che soccombere sotto il peso di questa solitudine e che scivolerà via in punta di piedi dal suo mondo che non ha saputo accoglierlo e capirlo.
sottoscrivo: è un vero piacere leggerlo!faria g e ha scritto:scritto benissimo dalla prima all'ultima parola
katemansfield ha scritto:perchè Simenon non abbia mai vinto il NObel per la letteratura, è uno dei misteri che agita i miei sonni....
- Towandaaa
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Re: Simenon Georges - il piccolo libraio di Archangelsk
La mia smisurata passione e ammirazione per i temi più cari a Pirandello mi ha portata di nuovo (come già era accaduto con “L’uomo che guardava passare i treni”) ad apprezzare davvero molto questo breve romanzo di Simenon, scritto con un linguaggio sobrio ma poetico, che tocca il cuore.
Una storia semplice, fatta più di introspezione che di avvenimenti, che offre una quadro compiuto di quanto sia difficile armonizzare il proprio modo di sentire con quello altrui; di quanto sentimenti genuini, spontanei e non frutto di calcolo ma semmai di dedizione possano essere travisati, in ossequio a consuetudini, conformismo e pregiudizi che possono prevalere anche sulla verità.
In poche parole: un altro esempio di quel male di vivere che scaturisce dal sentirsi incompresi e dall’incapacità di comprendere e conoscere gli altri, dal dovere riconoscere che anche gli atteggiamenti assunti e le scelte compiute in totale buona fede possono dimostrarsi insufficienti a dare un senso alla vita. Quello sconforto che spesso trova il suo epilogo in gesti estremi, che ha ispirato pagine intense di letteratura e che sempre mi colpisce, in ogni suo aspetto e manifestazione.
Una volta percepito il crollo di qualsiasi certezza, talvolta raggiunta anche a fatica e scendendo a patti con se stessi, i personaggi emblema di questo pessimismo (che è al tempo stesso disperato ma anche umilmente contenuto) finiscono per lasciarsi travolgere dagli eventi loro malgrado: menzogne volte a proteggere Gina nonostante tutto e annientamento di se stesso per Jonas in questo romanzo; fuga e delitti per il protagonista de “L’uomo che guardava passare i treni”; accettazione del ruolo di pazzi con la conseguente necessità di continuare a recitare una drammatica commedia per i protagonisti di “Enrico IV” di Pirandello e de “I fisici” di Durrenmatt. Sono solo alcuni esempi di personaggi complessi, la cui umanità, pur se apparentemente paradossale, viene sviscerata ed offerta alla riflessione del lettore, che finisce per commiserarli e compatirli per i sacrifici che dimostrano di saper accettare con abnegazione anche fino ad epiloghi tragici e che segnano comunque il momento del loro riscatto. Ci si sente profondamente scossi per le loro sorti, ma si giunge anche a riconoscere che, pur trattandosi di figure di carta paradigmatiche, portano con sé un messaggio che può verificarsi nella vita reale di ciascuno. Il disagio, l’amarezza o la cupa disperazione di questi personaggi risultano così emblematici di analoghi sentimenti che chiunque ha potuto o potrà sperimentare, anche se in termini e con esiti diversi, senza confini di tempo o di luogo.
Una storia semplice, fatta più di introspezione che di avvenimenti, che offre una quadro compiuto di quanto sia difficile armonizzare il proprio modo di sentire con quello altrui; di quanto sentimenti genuini, spontanei e non frutto di calcolo ma semmai di dedizione possano essere travisati, in ossequio a consuetudini, conformismo e pregiudizi che possono prevalere anche sulla verità.
In poche parole: un altro esempio di quel male di vivere che scaturisce dal sentirsi incompresi e dall’incapacità di comprendere e conoscere gli altri, dal dovere riconoscere che anche gli atteggiamenti assunti e le scelte compiute in totale buona fede possono dimostrarsi insufficienti a dare un senso alla vita. Quello sconforto che spesso trova il suo epilogo in gesti estremi, che ha ispirato pagine intense di letteratura e che sempre mi colpisce, in ogni suo aspetto e manifestazione.
Una volta percepito il crollo di qualsiasi certezza, talvolta raggiunta anche a fatica e scendendo a patti con se stessi, i personaggi emblema di questo pessimismo (che è al tempo stesso disperato ma anche umilmente contenuto) finiscono per lasciarsi travolgere dagli eventi loro malgrado: menzogne volte a proteggere Gina nonostante tutto e annientamento di se stesso per Jonas in questo romanzo; fuga e delitti per il protagonista de “L’uomo che guardava passare i treni”; accettazione del ruolo di pazzi con la conseguente necessità di continuare a recitare una drammatica commedia per i protagonisti di “Enrico IV” di Pirandello e de “I fisici” di Durrenmatt. Sono solo alcuni esempi di personaggi complessi, la cui umanità, pur se apparentemente paradossale, viene sviscerata ed offerta alla riflessione del lettore, che finisce per commiserarli e compatirli per i sacrifici che dimostrano di saper accettare con abnegazione anche fino ad epiloghi tragici e che segnano comunque il momento del loro riscatto. Ci si sente profondamente scossi per le loro sorti, ma si giunge anche a riconoscere che, pur trattandosi di figure di carta paradigmatiche, portano con sé un messaggio che può verificarsi nella vita reale di ciascuno. Il disagio, l’amarezza o la cupa disperazione di questi personaggi risultano così emblematici di analoghi sentimenti che chiunque ha potuto o potrà sperimentare, anche se in termini e con esiti diversi, senza confini di tempo o di luogo.
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"Una storia che non conosci
non è mai di seconda mano
è come un viaggio improvvisato
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S. Bersani, Pacifico, F. Guccini - Le storie che non conosci (Io leggo perchè - 23 aprile 2015)
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Re: Simenon Georges - il piccolo libraio di Archangelsk
Condivido quanto già scritto qui su questo breve, ma denso romanzo.
Ho passato un terzo del libro ad odiare fortemente Gina e sua madre, poi a chiedermi che fine avesse fatto
Bello.
questo è quello che più mi resterà dentro di questa lettura, la rara capacità di Simenon nel saper trovare la misura, aver saputo contenersi quando facilmente avrebbe potuto eccedere in compassione, sentimentalismo o buonismo verso un personaggio indifeso come Jonas. Il titolo originale (Le petit homme d'Archangelsk) è a mio avviso ancora più crudele perché fa perdere al protagonista anche il suo ruolo sociale di libraio e quindi di avente naturale diritto a far parte della comunità del mercato.linguaggio sobrio ma poetico, che tocca il cuore
Ho passato un terzo del libro ad odiare fortemente Gina e sua madre, poi a chiedermi che fine avesse fatto
ed infine a soffrire per il povero Jonas come raramente mi accade leggendo: non credo che avrei retto una sola pagina di più.Here be spoilers(anche se la scomparsa del patrimonio in francobolli lascia pochi dubbi sulla natura della sua sparizione)
Bello.
Nous habiterons une maison sans murs, de sorte que partout où nous irons ce sera chez nous- J.Safran Foer, Extrêmement fort et incroyablement près
E finalmente lui pronunciò le due semplicissime parole che nemmeno una montagna di arte e ideali scadenti potrà mai screditare del tutto. I. McEwan, Espiazione
Sempre Francesina, anche su Anobii
E finalmente lui pronunciò le due semplicissime parole che nemmeno una montagna di arte e ideali scadenti potrà mai screditare del tutto. I. McEwan, Espiazione
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