la solitudine dei numeri primi

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alexyr
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la solitudine dei numeri primi

Messaggio da alexyr »

MA davvero tutto il bookcrossing non ha ancora speso una parola sul nuovo premio Strega?
su questo Paolo Giordano che mo' tutti idolatrano? (l'unica cosa che condivido è che sia veramente un bel giovane.)
moderatori, confermate?

cmq, io l'ho letto, più che altro perchè ha un bel titolo,un'orrida sovracopertina verde e perchè ero stufa di gente che mi diceva "ma come, non l'hai letto?"

nota positiva, è scritto in maniera accattivante. anzi,m'espongo, è scritto bene. I due personaggi principali sembrano davvero due elementi distinti,usano registri separati, toni separati, non sembrano (come evidemtemente è) il parto della stessa mente
la trama scorre veloce, si legge amorevolmente.
il ragazzo le parole sa come usarle,dosa alti e bassi, chiari e scuri.

se ci concentriamo sulla storia ,mi verrebbe voglia di prenderli a schiaffi.
TUTTI
i protagonisti chiusi sigillati all'interno dei loro drammi esistenziali, così compiaciuti del loro dolore da non provare mai,davvero ad uscirne
e quei lavativi delle loro famiglie, che per i sensi di colpa, non fanno neppure un vero gesto per aiutarli.
non so

se giudicassimo un libro buono perchè ci fa pensare, LSDNP ci riesce
se lo facessimo perchè c'è piaciuto... beh, non ne sarei così convinta.[/spoiler]
**utcumque de me vulgo mortales lucuuntur**
www.enricogianfranchi.com (my favourite photo)
http://perasperaadastra.iobloggo.com perchè non appestare il web,se puoi?

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laurasan
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Messaggio da laurasan »

Io l'ho letto "rubandolo" alla suocera perchè di solito i libri che mi creano troppe aspettative non mi piacciono e infatti...
Non so, forse mi aspettavo qualcosa di più ma non mi ha preso per niente. L'ho letto tutto ma non penso proprio che entrerà nella mia top 10!
http://readsomethingwithme.blogspot.com

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Mi spiace ma non partecipo più ai ring per mancanza di tempo!!

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FrancaB
Bucaniere
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Re: la solitudine dei numeri primi

Messaggio da FrancaB »

se ci concentriamo sulla storia ,mi verrebbe voglia di prenderli a schiaffi.
TUTTI
i protagonisti chiusi sigillati all'interno dei loro drammi esistenziali, così compiaciuti del loro dolore da non provare mai,davvero ad uscirne
e quei lavativi delle loro famiglie, che per i sensi di colpa, non fanno neppure un vero gesto per aiutarli.
Ecco, la penso anche io così...
:silenced:

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vanya
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Messaggio da vanya »

a me è stato regalato ( e non ne avevo sentito parlare :wink: ). D'accordo con alexyr per quanto riguarda stile e scrittura, sicuramente il giovinotto non sembra alle prime armi. Partirebbe anche bene, gli incipit di entrambe le storie hanno fatto si che non riuscissi a smettere di leggere. Peccato che come metà dei libri italiani ( almeno, io noto spessissimo questo "guasto" nei nostri scrittori), si perda a metà dell'opera, e ritmo e trama cadano miseramente, per tonfare definitivamente sul finale.
si fa leggere, ma è un'altra occasione mancata.
Cosa leggerai?
Con che libro affascini il tuo cuore?
E se ti perderai nel labirinto di un amaro autore?
P.C.

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shatzyshell
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non letto...

Messaggio da shatzyshell »

Avrei dovuto leggere un libro vinto da uno scrittore con origini piacentine (io vivo a Piacenza infatti), ma quando ne ho letto la trama è scattato dentro di me una sorta di suono stonato, una specie di "sdeng" che mi ha fatto passare la voglia di leggerlo. Sapeva di aria fritta depurata meccanicamente. Non so...insomma: il titolo era accattivante e mi aspettavo davvero tanto, il contenuto mi è sembrato la solità banalità e quindi aspetto il prossimo romanzo. Magari non vincerà il premio Strega (che non mi pare più quel gran premio...) ma, se il ragazzo uscirà incolume dal bagno di folla e dall'industria cinematografica che lo vuole ingurgitare, potrebbe essere un romanzo migliore.
:wink:
Però che coraggio che ho a giudicare qualcosa sul "presunto"...il bello di essere lettori sta proprio qui: decidi di non leggere e spari pure a zero!!!! :lol:
"...lo turbò il sospetto tardivo che è la vita, più che la morte, a non avere limiti" (G.G. Marquez)

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Pa
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Messaggio da Pa »

deludente.... sopravvalutato iper pubblicizzato come ha detto una amica gasista "Gia sospettavo qualcosa sentendo il markettone della Palombelli"

in effetti è scritto bene scorrevole affascinante la storia dello scrittore ...ma del libro rimane poco ...dubito passi alla storia e mi ricorda tanto un tal Brizzi....
Il nostro compito e' guardare il mondo e vederlo intero. Occorre vivere piu' semplicemente per permettere agli altri semplicemente di vivere.

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ciucchino
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Messaggio da ciucchino »

Sono rimasta un po’ delusa: forse perché “abbagliata” dal gran parlare e dal premio Strega mi aspettavo molto di più. I temi trattati sono molto interessanti, ma il romanzo mi sembra inconcludente: questo continuo saltare in avanti nel tempo spezza il ritmo e ti sembra che non si sia detto quello che si doveva dire e i personaggi sono come “congelati”. I primi due capitoli con il racconto delle due tragedie che segnano la vita dei protagonisti sono i più belli, poi mi è sembrato che l’autore si sia smarrito per strada (ll capitolo in cui si racconta l’incontro di Alice con Viola da adulte è proprio da dimenticare).
Avrei voluto sapere di più su Mattia e Alice bambini che affrontano i loro drammi e da adolescenti quando si incontrano, ma poi si viene sballottati in avanti improvvisamente senza poter capire meglio i personaggi.
I due protagonisti sono poi antipatici e non suscitano alcuna empatia, anzi ti verrebbe voglia di scrollarli a forza dalla loro autocommiserazione. I personaggi più riusciti, secondo me, sono i genitori di Mattia, in particolare la madre stritolata dalla tragedia.
Comunque è sicuramente un buon esordio e l’autore scrive bene, ma mi aspettavo forse qualcosa di diverso.
In compenso il titolo è bellissimo.
"I libri li rubavo. I libri non dovrebbero costare nulla, pensavo allora e penso ancora oggi".
(Pascal Mercier, "Treno di notte per Lisbona)

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jackfrusciante
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Messaggio da jackfrusciante »

Per rispondere a Pa, l'esordio di Brizzi (come testimonia il mio nick e non solo) è stato meno acclamato e molto più felice.. :mrgreen:

Per tornare a Giordano, quoto in pieno l'intervento di alexyr.. :yes!:
E' un romanzo estremamente scorrevole, ben scritto (complimenti all'autore), che si legge facilmente e in modo spensierato..
Tuttavia, proprio questa sua leggerezza, così lontana dalle aspettative lanciate dallo straordinario titolo, mi ha lasciato l'amaro in bocca.
Il modo di raccontare la solitudine è ermetico, difficilmente buca le pagine e arriva a trasmettere qualcosa al lettore. Le età, i periodi vitali, le classiche crisi adolescenziali o le poche vicissitudini adulte vengono trattate in maniera altamente superficiale. Man mano che le pagine avanzano, la trama si perde per strada, spesso in modo sconclusionato..
Infatti gli innumerevoli interrogativi che chiudono ogni paragrafo (come si è passati dalla cena al matrimonio di Alice e Fabio? :evil: ) e che sono destinati a non ottenere risposta, mi rendono nervoso e inerme contro lo strapotere dello scrittore.. :wall:
ciucchino ha scritto:I due protagonisti sono poi antipatici e non suscitano alcuna empatia, anzi ti verrebbe voglia di scrollarli a forza dalla loro autocommiserazione.
Hai perfettamente ragione.. avrei soprattutto voglia di acchiappare Mattia.. :twisted:
"L'essenziale è invisibile agli occhi" (Saint-Exupery)
"I libri sono specchi: riflettono ciò che abbiamo dentro" (Ruiz Zafon)
Il mio nick su BC.com è: bernandosoares..
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Tipperary
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Messaggio da Tipperary »

Io non l'ho ancora letto ma ieri sera mia cugina ne aveva in borsa una copia, ha fatto un gran parlare del fatto che fosse scritto bene poi mi passa il libro e mi fa leggere la trama..
Reazione della Tippie :eh?: mbeh?!
Credo finirà nella pila dei libr "Questo lo devo leggere per averne un'opinione pirsonale pirsonalissima"
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Vero Toro
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...it's a long way down to Tipperary...
..ognuno ha le amiche che si merita..
This is what someone said about the Twilight series: They run around for 2 hours and nobody scores, and its billions of fans claim "You just don't understand!"

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katemansfield
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Re: la solitudine dei numeri primi

Messaggio da katemansfield »

due domande mi lacerano:
Here be spoilers
1)ma come fa una madre di bambina di otto anni gravemente ritardata a mandarla in giro, e ad affrontare il mondo , con la sola compagnia del fratellino coetaneo???
2) ma come fa un medico a non accorgersi che la fidanzata è anoressica ?????
L'assurdità di queste due circostanze la dice lunga sulla superficlalità di tutto il romanzo .
Per il resto.... bellissimo il primo capitolo, ma forse sono anche condizionata dalla conoscenza diretta di quelle piste e di quei monti, Chaberton i prima linea, che mi hanno fatto sentire familiare l'ambientazione.

Inserito lo spoiler [intervento di moderazione di Therese]

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gocciadisale
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Re: la solitudine dei numeri primi

Messaggio da gocciadisale »

così illogico... e, proprio per questo, reale.

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ilLettore
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Re: la solitudine dei numeri primi

Messaggio da ilLettore »

Titolo affascinante, scrittura accattivante...
Sinceramente però non mi spiego l'enorme successo. La trama secondo me è debole, zeppa di "telefonate" e situazioni scontate.
Certi avvenimenti sono degni della peggiore fiction e buttati li solo per "allungare il brodo".
A vacanza conclusa dal treno vedere
chi ancora sulla spiaggia gioca si bagna
la loro vacanza non è ancora finita:
sarà così sarà così lasciare la vita?

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CuteBoy
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Re: la solitudine dei numeri primi

Messaggio da CuteBoy »

scrittura accattivante, perlomeno a tratti...
ma mi chiedo: come fanno a pubblicare boiate del genere?
son riuscito a finirlo a fatica tanto sono odiosi tutti i personaggi
tanto sono scontati i "colpi di scena"
triste,
ne sconsiglio a tutti la lettura!

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katemansfield
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Re: la solitudine dei numeri primi

Messaggio da katemansfield »

per me la prova d quanto il libro sia "insipido" è data dal fatto che, a distanza di neanche due mesi dalla lettura l'ho completamente dimenticato! :lol: :lol:
Ciò che per il bruco è la fine del mondo, per il resto del mondo è farfalla

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Re: la solitudine dei numeri primi

Messaggio da GrilloParlante »

alexyr ha scritto:se ci concentriamo sulla storia ,mi verrebbe voglia di prenderli a schiaffi.
TUTTI
i protagonisti chiusi sigillati all'interno dei loro drammi esistenziali, così compiaciuti del loro dolore da non provare mai,davvero ad uscirne
e quei lavativi delle loro famiglie, che per i sensi di colpa, non fanno neppure un vero gesto per aiutarli.
Sottoscrivo in pieno!
katemansfield ha scritto:due domande mi lacerano:
Here be spoilers
1)ma come fa una madre di bambina di otto anni gravemente ritardata a mandarla in giro, e ad affrontare il mondo , con la sola compagnia del fratellino coetaneo???
2) ma come fa un medico a non accorgersi che la fidanzata è anoressica ?????


sono lacerata anch'io..
A parte l'idiozia dei protagonisti e l'idiozia (scusate la ripetizione, ma ci sta! vedi quanto detto da kate..) e l'odiosità di tutti coloro che gli orbitano intorno, la cosa che mi è rimasta impressa di tutto il libro è stata la parola "coalescere" usata a pagina 156: questo vorrà pur dir qualcosa (su di me o sul libro..fate voi!)

Per il resto, il vuoto!

Quasi quasi meglio contemplare la foto del bel Giordano.. quasi quasi, però! :lol:
N.B. = Una volta ero SoloIo

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Virgilio
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Re: la solitudine dei numeri primi

Messaggio da Virgilio »

Concordo anch'io con chi ha detto che il libro parte bene per perdersi strada facendo. Però nel complesso si fa leggere tranquillamente.
Però non credo che la trama si poi così inverosimile, eh...

Sono in controtendenza invece sul modo di scrivere. A me è risultato un po' troppo artificiale, "plasticoso". C'è una ricerca eccessiva della descrizione d'effetto per fare molta presa sul lettore. C'è riuscito bene, per carità, però a me non piace, può andar bene ogni tanto, ma ricercata costantemente mi stufa e mi leva il gusto di immaginarlo da me l'oggetto della descrizione.
Boh la sensazione che ho avuto è quella che dietro ci sia stato anche un editor molto esperto. Sarò maligno? :twisted:
So many books, so little time...

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Virgilio
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Re: la solitudine dei numeri primi

Messaggio da Virgilio »

Riporto qui questo pezzo di Giordano sul suo anno stregato
La favola del mio anno stregato
Vincere il Premio è come scavare una buca sotto gli occhi del mondo

di PAOLO GIORDANO




L’uomo e la sua buca.
Un uomo vive in un quartiere tran­quillo, ai margini della città. Una zona periferica, composta da villette indi­pendenti, eleganti ma niente affatto sfarzose. Ha un lavoro che lo soddisfa e gli permette una vita deco­rosa, una fidanzata di cui è quasi sicuramente inna­morato, parenti disponibili, amici in quantità suffi­ciente ma non eccessiva.

Un giorno, decide di scavare una buca nel pro­prio giardino. Armato di vanga e carriola, si mette all’opera.

Il cortile affaccia sulla strada e in quel punto c’è sempre un gran viavai di gente: chi si dirige alla fer­mata del bus, chi torna a casa reggendo le borse del­la spesa, chi passeggia senza meta con il naso per aria. I primi giorni, nessuno fa caso all’uomo che scava. Alcuni gli gettano un’occhiata distratta, co­me si fa con i movimenti che involontariamente at­traggono la nostra attenzione. Altri tirano dritto, con il loro passo svelto. Degli amici, passati di lì per caso, invitano l’uomo a unirsi a loro per una passeg­giata e una birra al bar della piazzetta. Lui li ringra­zia, ma declina l’invito. «Sarà per la prossima volta» dicono gli amici.

L’uomo lavora instancabilmente. La buca si fa sempre più profonda e, contemporaneamente, il mucchio di terra rimossa diviene più alto. Quando ha raggiunto ormai l’altezza della finestra, i passan­ti cominciano a rallentare, incuriositi. Qualcuno si avvicina alla staccionata del cortile. «Ehi, ma che co­sa cerchi laggiù?» domanda. L’uomo, in tutta rispo­sta, scrolla le spalle e sorride, poi affonda un’altra volta la vanga nel terreno soffice.

Lo scavo attrae sempre più persone. Ogni matti­na, un gruppetto di curiosi si raduna sul marciapie­de. Osservano l’uomo scavare, bisbigliando fra loro con aria seria e preoccupata. Talvolta, quando egli estrae un mucchio di terra più cospicuo del solito, partono degli applausi e dei fischi. Un ragazzo gri­da: «Ehi, amico. Gran bella buca la tua!». L’uomo— il viso macchiato di terra — ringrazia, alzando il braccio. Un suo collega si fa spazio tra la folla («Per­messo! Permesso!»). Lo fissa dall’alto, scuotendo la testa: «Da settimane non fai altro che scavare. E il tuo lavoro? — gli punta l’indice contro, minaccioso — Stai facendo una stupidaggine». Una donna di mezza età s’intromette, per dargli manforte: «Ha ra­gione. Torna dentro, figliolo. Lascia perdere le bu­che. Se scavi ancora, rischi di danneggiare le fonda­menta della tua bella casa. Crollerà». L’uomo li guar­da. Si appoggia alla vanga, dubbioso. Riflette per al­cuni secondi. Poi prosegue.

È ormai completamente nascosto, il cumulo rag­giunge il davanzale del secondo piano. Un signore vestito di un abito scuro, con la barba bianca pareg­giata poche ore prima, inveisce: «Io l’ho capito per­ché stai scavando, disgraziato! Ti ho smascherato. Tu cerchi il petrolio, là sotto».

Ci sono persone che ormai stazionano per gran parte della giornata di fronte al giardino. Qualcuno, addirittura, ha trovato il coraggio di scavalcare la staccionata ed entrare. Siede sul bordo del cratere, le gambe penzoloni, e osserva i capelli scarmigliati dell’uomo. «Serve una mano laggiù?» domanda. Ma l’uomo scuote il capo. Gli amici compaiono sem­pre più di rado. «Lasciamolo stare — dicono — or­mai pensa solo alla sua buca». Uno di loro ha lancia­to un aeroplanino di carta nel cortile, che è andato a conficcarsi nel terriccio molle. Sopra, a penna blu, c'è scritto: «Non ti riconosco più. Addio».

Ben presto la storia della buca supera i confini della tranquilla periferia. Sempre più gente arriva da lontano per osservare quell’opera bizzarra. Si pre­sentano anche i genitori dell’uomo. Il padre si spor­ge sul baratro, la sua voce giunge all’uomo amplifi­cata e reboante: «Vieni fuori di lì! Non è il tuo po­sto, quello». La madre trattiene a stento le lacrime: «Ti stanno guardando tutti». L’uomo sorride, per rassicurarli. Non si lascia suggestionare.

Pochi giorni dopo, ecco giungere anche la sua fi­danzata. Sembra furiosa. «Avevo piantato i semi dei miei tulipani, qui — si lamenta — ora non cresce­ranno più. E con quella montagna di terra, non si vede più fuori dalla finestra. Devi ricoprire tutto. Su­bito! ». L’uomo ha un momento di esitazione, si asciuga il sudore, poi guarda la fidanzata, bellissi­ma, stagliata contro il piccolo cerchio di cielo azzur­ro. Le soffia un bacio sabbioso dalla mano e conti­nua.

Fuori dalla buca c’è sempre un gran baccano. Sol­tanto al crepuscolo la folla si disperde. Dalla sua stanza, l’uomo osserva la voragine e si sente soddi­sfatto. Una notte viene svegliato da un rumore, si affaccia alla finestra e scopre un gruppo di ragazzet­ti che si divertono a fare la pipì nella sua buca. Sghi­gnazzano.

Lui non protesta. Dopo mesi di scavi, il cortile è completamente coperto di mucchi di terra. La gente non riesce più a spiare dentro. L’uomo vede i loro occhi avvicen­darsi dietro le poche fessure rimaste. Si asciuga la fronte. Ha finito, gli pare. Scala il cumulo di terra più alto e si siede in cima. Tira una leggera brezza. La folla lo guarda dal marciapiede, ammirata, incu­riosita, furiosa. Lui estrae dalla tasca un panino al prosciutto e lo addenta. Perlustra l’orizzonte. Cerca il posto adatto per scavare un’altra buca.

F.A.Q.
Mi è stato chiesto, qui, di raccontare il mio ulti­mo anno, il mio «anno Stregato». Ma io solo con grande fatica riesco a parlare di quanto riguarda il mio presente o il mio passato prossimo. Ciò di cui scrivo, se riguarda me, dev’essere rimasto per lungo tempo nell’angolo umido e nascosto di un sotterra­neo, a macerare nella penombra, dimenticato. Par­lare, oggi, degli ultimi dodici mesi della mia vita si­gnifica provare a rispondere, una volta per tutte, al­le domande che così di frequente mi sono state po­ste, nei contesti più disparati — «Cos’ha significato per te vincere il Premio Strega? Come ti ha cambia­to questo successo?» —, domande che finora ho eluso con abilità, mascherandomi dietro sorrisi in­certi e affrontando il discorso alla larga, come se si trattasse di qualcun altro. Non solo perché detesto l’autoreferenzialità in ogni sua manifestazione, ma anche perché, più semplicemente, non conoscevo le risposte.

I due interrogativi, chiaramente collegati ma al­l’apparenza distinti, hanno assunto nella mia testa quasi il medesimo significato. Dalla scorsa estate in poi, infatti, ho gradualmente assimilato la nozione di successo alla mia vittoria del Premio Strega, co­me se la vertigine provata in quell’unica sera rac­chiudesse in sé una serie di sforzi compiuti e di tra­guardi conquistati lentamente, prima e dopo. È que­sto, credo, lo straordinario potere di sintesi che un riconoscimento deve avere. Insieme alla capacità di catalizzare su una manciata di opere, e infine su una in particolare, migliaia e migliaia di sguardi al­trimenti divergenti verso le infinite possibili direzio­ni.

La soddisfazione e la pienezza (e la paura elettriz­zante) che ne conseguono sono ovvie. Talmente ov­vie da non riuscire a parlarne e men che meno a scriverne; talmente ovvie da imbarazzare e da co­stringermi a neutralizzarle ogni volta con un sorri­so muto. Ciò che posso raccontare — ciò che la sto­riella dell’uomo e della buca tenta di raccontare — è cosa significa divenire improvvisamente oggetto di curiosità, di sospetto, di ammirazione e di preoc­cupazione; cosa comporta fare i conti con un’altrui percezione di te cambiata in modo repentino, per via di agenti esogeni e fuori controllo, sapersi ri­collocare in un contesto mutato, cercare quel palli­no rosso disegnato su una mappa ancora sconosciu­ta, che dice «tu (ora) sei qui».

Da bambino, mi divertivo spesso con un gioco di società chiamato «Il labirinto magico». Lo scopo era trovare l’uscita da un labirinto, dopo aver porta­to a termine una serie di missioni. La complicazio­ne principale risiedeva nel fatto che i percorsi varia­vano di continuo: il labirinto, infatti, era formato da tessere mobili disposte su una plancia, e ogni gioca­tore, inserendo una nuova tessera e spingendo via, di conseguenza, quella all’estremità opposta, era in grado di cambiarne la topografia. Un semplice mo­vimento era sufficiente per buttare all’aria tutte le strategie elaborate in silenzio: la strada risultava di colpo interdetta, oppure si diramavano da essa nuo­ve vie, più agevoli.

Il Premio Strega — il successo che ne è consegui­to — è stato per me come una tessera nuova spinta nel labirinto magico, che non ha soltanto scalzato un’altra tessera e mosso una fila, ma ha cambiato in un colpo l’intera configurazione.

Il successo inquina.
Esiste un impatto ambientale, innanzitutto. Non saprei quantificare con precisione l’eccedenza che questo ultimo anno ha comportato in termini delle mie emissioni di anidride carbonica. Ma scommet­terei che siano almeno raddoppiate. Ci sono i conti­nui spostamenti in aereo, i quintali di volantini car­tacei stampati per gli eventi, le luci delle stanze d’al­bergo, che si accendono tutte insieme all’inserimen­to della carta e poi non c’è modo di trovarne gli in­terruttori; ci sono gli asciugamani, utilizzati una vol­ta e poi subito lavati; i saponi, sempre inutilmente impacchettati nella plastica (mi sono spesso chie­sto che cosa succeda ai saponi usati, se vengano fu­si e riciclati oppure, semplicemente, gettati tra i ri­fiuti), le telefonate necessarie e quelle superflue, i pacchi postali contenenti tanti libri quanti è impos­sibile leggerne. Il successo inquina, senz’altro. E, in un periodo in cui si fanno campagne di sensibilizza­zione per ricordare alla gente di non lasciare il tele­visore in stand-by per troppe ore di fila e di chiude­re l’acqua mentre ci si spazzola i denti, anche que­sto ha un significato.

Il successo irrita.
Internet è un luogo di libertà sfrenata. Un conte­nitore slabbrato di infiniti pensieri, di idee brillanti che altrove non avrebbero spazio, ma anche di fru­strazioni e risentimenti covati a lungo. Mi sono di­vertito — anzi, non tanto divertito — a costruire un istogramma che illustra la media mensile dei giudi­zi attribuiti al mio romanzo dagli utenti di Ibs (www.ibs.it è un sito dove si trovano tanti, ma pro­prio tanti libri, e tanti, ma proprio tanti commenti). Ne è risultato un andamento oscillante — come pre­vedibile —, ma curiosamente correlato a specifici eventi.

In sostanza, mano a mano che il mio libro si affer­mava come «un successo editoriale» e la mia fre­quentazione dei mezzi di comunicazione — giorna­li, radio, tv — si faceva più assidua, l’indice di gradi­mento diminuiva, a conferma del pregiudizio larga­mente diffuso, soprattutto fra i lettori medi e forti, che «ciò che piace a molti non può essere davvero buono». Non a caso, il primo minimo nella curva di gradimento compare in corrispondenza di maggio del 2008, giusto un paio di settimane dopo la mia prima apparizione televisiva.

Un altro minimo evidente corrisponde al luglio dello stesso anno. All’inizio del mese vincevo il Pre­mio Strega. I commenti che accompagnano i voti spesso molto severi di quel periodo si fanno più espliciti e puntano il dito contro il Premio. I lettori più disillusi e sospettosi evidenziano, infatti, i segni di un sofisticato complotto, di una fregatura orche­strata dai potenti mezzi del marketing editoriale, ai danni loro e della letteratura in generale.

L’autunno e l’inverno vedono una rapida discesa, accentuata in novembre e dicembre, forse anche a causa di un secondo importante passaggio televisi­vo.

Poi, con l’anno nuovo, i giudizi pian piano risal­gono, per assestarsi, verosimilmente, su un voto di­screto (circa 3.5). È una mia congettura, ma si trat­ta, forse, della transizione a una generazione succes­siva di lettori, non più così influenzati dall’invaden­za del successo e dall’irritazione che l’accompagna, ma onestamente affascinati o respinti dal romanzo.

Il successo allontana (ma solo alcuni).
Io prediligo i rapporti di affetto e di amicizia che necessitano continuamente di una ridefinizione. Al­trimenti mi assopisco. Ma è un gusto personale. A molti non piace avvertire d'un tratto il vuoto sotto i piedi e dover annaspare per trovare nuovi punti di appoggio, diverse stabilità.

Il successo ha scardinato l’organizzazione preesi­stente del mio tempo e, in una certa misura, mi ha delocalizzato, portandomi per lunghi periodi via da casa. Se la lontananza è ossigeno fresco per ogni scrittore, è al tempo stesso, per ogni persona, carbu­rante sottratto ai rapporti.

Non si tratta solo di questo. È anche una questio­ne di velocità. C’è stata un’accelerazione improvvisa nella scansione dei miei giorni, uno scatto repenti­no degli eventi rispetto alla mia capacità di gover­narli. Immagino succeda qualcosa di simile con il matrimonio, con la nascita di un figlio, con l’acqui­sto del biglietto fortunato della lotteria.

Nello scatto, molte delle persone che ti vogliono bene si adeguano, azionano i muscoli e ti vengono dietro, cercando di pareggiare il tuo nuovo ritmo. Altre ci rinunciano, vuoi per il fiatone, vuoi perché probabilmente dovevi essere tu a trainarle per un braccio.

E alla fine è successo. Nonostante i miei tentativi di equilibrismo, nella corsa qualcosa è andato per­duto. Circa un mese fa ho telefonato a un’amica per farle gli auguri di compleanno. Ero in ritardo di un giorno (ma questo mio ritardo si ripeteva ogni an­no uguale, da circa dieci anni, tanto da essersi tra­sformato in una sorta di rituale dell’imperfezione. Mi consideravo, quindi, ancora in tempo). «Oh, ma chi si sente!» ha esordito lei. «Ti sei quasi ricordato del mio compleanno. Che grande onore!». Nel suo tono c’era qualcosa di più di una nuance di risenti­mento. Poi l’ha detto, chiaro e tondo: «D’altronde, ormai sei una star. Non hai più tempo. Se ho voglia di vederti, mi basta accendere la televisione». Il re­sto della telefonata non me lo ricordo.

Ma tu? Ma io?
Ambiente, persone sconosciute, persone cono­sciute e affezionate. Per cerchi concentrici sempre più stretti, infine, arrivo a me. E qualcuno di più ostinato, a questo punto, potrebbe protestare: «Va bene. Tutto ciò è chiaro. Ma qui dovevamo parlare del tuo 'anno Stregato'. Insomma, questo successo cosa ha fatto a te ? Ti ha cambiato, sì o no?».

Intuisco che il verbo «cambiare», in un simile contesto, non è affatto neutro. È piuttosto un sino­nimo di «rovinare», di «tradire», di «stravolgere». Così mi ritraggo, ancora una volta. Maschero il ter­rore con un sorriso imbarazzato. «Cambiato? Me co­me persona, come uomo, intendi? Io... sinceramen­te... non lo so». Ma il mio interlocutore insiste, cam­bia strategia. E forse, finalmente, azzecca il punto: «Sì, però... come ti senti?». Giusto. Come mi sento? Ci rifletto un secondo. «Bene. Libero».
http://www.corriere.it/cultura/09_giugn ... aabc.shtml
So many books, so little time...

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lovely
Uncino
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Re: la solitudine dei numeri primi

Messaggio da lovely »

L'ho letto anch'io, non mi ricordo se mi è piaciuto o no. Ma credo proprio di no...se mi sarebbe piaciuto me lo ricorderei.

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Milonga
Corsaro Nero
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Re: la solitudine dei numeri primi

Messaggio da Milonga »

E' arrivato anche il mio turno di leggere questo libro così famoso, a distanza di anni ormai dalla sua uscita. Il ritardo nell'avvicinarmi ad esso è dovuto essenzialmente al fatto che in genere sviluppo un'allergia istintiva per ogni romanzo che si presenta come successo editoriale e che 'tutti devono assolutamente leggere'.
Però per il Bingo challenge mi serviva un best-seller :whistle:

Sorvolo sulla trama e mi limito a dire che condivido molti dei commenti precedenti. Ho trovato il libro ben scritto e scorrevole, non mi aspettavo un finale diverso visto la caratterizzazione data ai due protagonisti, però alla fine mi è rimasta solo tanta tanta tristezza per due vite così giovani e così sprecate, rinchiuse e avvolte nella loro solitudine.
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