Non è solo un ricordo del padre chiamato “L’Africano”, ma è un tentativo di comprendere un padre lontano da cui si è stati separati per colpa della seconda guerra mondiale e il cui incontro in Africa è stato un trauma per il bambino Le Clezio.
L’Africa è stata un’esperienza esaltante così diversa dall’ambiente prettamente femminile e edulcorato della sua infanzia, nonostante il trauma della seconda guerra mondiale: è un bambino viziato Le Clezio e ha grosse difficoltà a comunicare con un padre severo, autoritario, che non conosce e di cui non riesce a capire le rigidità. Nonostante l’Africa sia una terra che appare libera e selvaggia, il padre costringe lui e il fratello a un comportamento molto rigido. Ma i bambini comunque riescono a scorazzare in queste distese e a integrarsi con i bambini del posto.
Sono molto belle le fotografie del padre allegate al libro e mi ha molto colpito il ricordo, questa volta mi sembra più commosso, degli ultimi anni di vita dell’Africano in Europa scioccato dalle guerre tribali e dal dramma del Biafra: la “sua” Africa è devastata dalla violenza e dall’arrivo della nuova epidemia dell’AIDS.
Durissima la posizione del padre contro il colonialismo e impossibile il suo adattamento a una vita da pensionato in Francia tanto che vivrà sempre con il desiderio di andarsene di nuovo.
E’ un romanzo molto breve ma talmente denso che Le Clezio riesce a condensare i suoi ricordi e le sue sensazioni al punto che a noi lettori sembra di vederla l’Africa che racconta e di conoscere il padre che per lui è sempre stata una figura sfuggente e difficile da inquadrare.
L'Africano di Jean-Marie Le Clézio
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