Dopo pregressi legami sentimentali fallimentari, le reazioni dei due protagonisti sono opposte: lui desidera una storia normale, lei invece vuole essere libera; lui cerca di inquadrare, fisicamente, i loro incontri, in ambienti più personali e familiari, lei invece si muove e si sente a suo agio in ambienti che non abbiano alcuna connotazione di stabilità, come le stanze d’albergo. La relazione tra i due si rivela subito burrascosa (e non poteva essere diversamente con queste premesse), ed emerge a poco a poco dai racconti e dalle riflessioni che ci offre la donna, l’unica voce a parlare in questo libro, che dunque non è un romanzo che racconta una storia d’amore (manca quella componente di oggettività, anche solo parziale, che potrebbe essere fornita dall’intervento nel racconto della voce maschile, o da una struttura del tutto diversa come quella di un narratore esterno alle vicende). E’ invece una lunga confessione, anzi, sfogo in cui la donna si mette a nudo, esaminando desideri, aspettative, illusioni e delusioni, fino a trarre da questa disamina conclusioni che l’amarezza e il pessimismo (e forse anche l’inconfessato desiderio di non sentirsi, in fondo, diversa da tutti gli altri ?) la portano a ritenere valide per ogni relazione sentimentale.
La scrittura, e di conseguenza la lettura, procede in modo frammentario, con continui balzi tra riflessioni e ricordi, tra la dimensione temporale attuale e il passato: il taglio più naturale per un libro così introspettivo è proprio la discontinuità, che permette al lettore di farsi una propria opinione, di confrontarsi con il pensiero della protagonista, ricostruendo dai frammenti di questa storia gli episodi che tanta amarezza e rabbia hanno suscitato nei due protagonisti.
Alcuni passi mi hanno colpita per la loro aderenza al mio modo di vedere: in particolare l’idea secondo cui la persona di cui ci innamoriamo è quella che ha il potere di farci nascere di nuovo, e la poesia di Wislawa Szymborska sui giochi che fa il caso prima ancora di trasformarsi in destino (…”ogni inizio infatti è solo un seguito / e il libro degli eventi / è sempre aperto a metà.”).
Con altre riflessioni, o meglio, con la pretesa validità universale di alcune conclusioni, non mi sono invece affatto trovata d’accordo (in particolare con l’idea che all’interno di tutte le coppie si combatta una battaglia per il controllo dell’uno sull’altro e con quella secondo cui l’amore ha una mentalità da bottegaio e prevede prestazioni corrispettive); ma ciò non mi ha impedito di assaporare la profonda amarezza e la vulnerabilità che le ha ispirate.
"Stanza 411" - Simona Vinci
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