
Autore (non entrava nel titolo !) Amara Lakhous
Ho letto un grande entusiasmo nelle J.E. di chi mi ha preceduto (era un ring - ndr -), ed in effetti il libro si legge davvero volentieri, ma nel complesso la mia opinione è un po’ più “fredda” delle precedenti.
E conosco anche il motivo di ciò: nel leggerlo, fin dall’inizio, non ho potuto fare a meno di notare quanto ricalcasse la struttura di un altro libro che ho letto recentemente: “Donne informate sui fatti” di Carlo Fruttero. L’unica differenza tra questi due romanzi è che in “Scontro di civiltà….” ci sono gli “ululati” di Amedeo ad intercalare i diversi capitoli in cui ogni personaggio offre la propria testimonianza e la propria convinzione sull’accaduto. Ululati che inizialmente non sapevo nemmeno ben individuare: pensavo a pagine estratte da un diario, o da un blog, riprodotte nel testo non in base ad un ordine cronologico ma in base all’attinenza con quanto raccontato nel capitolo precedente. Solo alla fine ho capito trattarsi di una serie di “flash” prodotti dalla mente di un uomo che si trova in un particolare stato (che non svelo per non rivelare l’epilogo).
Ma oltre alla nettissima somiglianza con il romanzo di Fruttero, c’è anche un altro dato negativo, a mio parere: la ripetitività della struttura. In ogni capitolo il personaggio di turno esordisce parlando di sé e dei rapporti con gli altri personaggi, poi passa a esprimere la propria opinione su Amedeo e la propria convinzione sulla possibilità che sia quest’ultimo oppure un altro soggetto il colpevole del delitto. E in ogni “ululato” Amedeo racconta dal proprio punto di vista gli episodi che già abbiamo letto, e offre la propria versione. Trovo che a lungo andare questo possa stancare un po’.
Altra pecca, a mio avviso, i numerosissimi stereotipi, luoghi comuni, preconcetti, personaggi da macchietta che appesantiscono il racconto: capisco che l’intento dell’autore fosse proprio quello di metterli in risalto, ridicolizzarli e quindi criticarli, ma mi sembra che si sia fermato alla prima fase del suo progetto, e non abbia portato a compimento il proprio disegno screditando gli atteggiamenti che in diversi gradi, dal sospetto alla vera e propria xenofobia, sono comunque esecrabili.
Ecco: mi è sembrato che il tema delle difficoltà nell’integrazione in una società multietnica sia rimasto al livello di “ritratto”, senza approfondimenti importanti, e che venga addirittura surclassato dall’altro tema fondamentale del romanzo, quello del relativismo, della molteplicità (e non univocità) della verità, che trova tante espressioni quante sono le persone che si accingono a ricostruirla. Questo è un tema che mi è molto caro, da fanatica pirandelliana quale io sono, e trovo che per questo aspetto l’autore abbia dato buona prova di capacità nell’indagare dinamiche così reali e al tempo stesso così sfuggenti.
Infine, ci sono pagine che mi hanno divertita davvero molto: in particolare il capitolo in cui la proprietaria di Valentino arriva ad ipotizzare una serie di provvedimenti da adottare in risposta al rapimento del cane, in una climax ascendente che va dalle indagini presso le diverse comunità extracomunitarie della zona fino a prese di posizione di politica internazionale. Dato che l’argomento nello specifico era più “leggero” rispetto alle drammatiche condizioni degli immigrati e dato che trovo eccessivi e non condivisibili gli atteggiamenti che fanno del migliore amico dell’uomo un essere antropomorfo, ho trovato davvero spassose queste pagine !
[ho editato un paio di errori di battitura !]