"I racconti del ripostiglio" - Claudio Martini

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Towandaaa
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"I racconti del ripostiglio" - Claudio Martini

Messaggio da Towandaaa »

Lo spunto del manoscritto trovato per caso non è nuovo nel panorama letterario, così come non è nuova la struttura di una storia che faccia da cornice a una serie di racconti, ma lo sviluppo che l’autore ha saputo dare loro è davvero interessante.
Ogni racconto segna per Giovanni, il protagonista, un passo avanti nel processo che approfondisce la conoscenza di se stesso, perché vi trova qualcosa di immediatamente riferibile anche a sé oppure perché innesca un meccanismo di riflessione su lati della propria personalità e della propria storia ancora inesplorati (o forse solo accantonati) a partire da una rielaborazione in chiave simbolica di quanto letto. Al contempo, anche il lettore si sente stimolato a condurre un analogo cammino introspettivo sebbene, diciamo così, per interposta persona, seguendo i progressi del protagonista nella ricerca e nella scoperta.
Un passo molto significativo a tale proposito è quello che si legge a pagina 54, quando Giovanni, interrogandosi sull’autore dei racconti ne ipotizza un ritratto in relazione al rapporto con la scrittura che potrebbe riferire, mutatis mutandis, anche a se stesso in relazione al rapporto con la vita:
“Sa scrivere, ma è come se avesse paura della propria scrittura, come se, invece di dispiegarne le potenzialità, la comprimesse dentro piccoli formati, evitasse di sviluppare le idee che animano i testi, cercasse vie di fuga per sottrarsi ai rischi dell’intreccio, del dialogo, della caratterizzazione dei personaggi”.
Ad un certo punto il libro presenta una svolta netta, segnata dall’esplicitarsi della struttura di metaromanzo che era in nuce fin dalle prime pagine ma che si estrinseca pienamente nel momento in cui alcuni dei personaggi dei racconti si materializzano entrando a far parte della storia narrata nella “cornice”. A tale sviluppo dinamico si affianca quello che porta il protagonista ad abbandonare il ruolo di lettore curioso di testi anonimi per assumere le vesti di parte attiva in un gioco orchestrato da altri: da spettatore ad attore dunque, con un mutamento di prospettiva che non investe solo il piano della ricerca volta a capire scopo e senso del gioco, ma anche e soprattutto il piano della sua esistenza, condotta fino ad allora con un distacco ed una inerzia destinati ad infrangersi in breve tempo. Questo è il risultato di un gioco che ad ogni nuovo “giro” si arricchisce di una esperienza in più, sotto forma di un racconto che va ad aggiungersi ad una raccolta da proporre ad altri: un meccanismo che si sviluppa per sedimentazione pur conservando sempre la sua struttura circolare. Che termina (ma solo per un attimo, in attesa di un nuovo inizio con un altro protagonista) con un ulteriore cambio di ruolo: Giovanni si cimenta a sua volta nella scrittura di un racconto che avrà valore “terapeutico” non solo per lui (come punto di arrivo) ma anche per altri (come punto di partenza), sebbene i concetti di arrivo e di partenza siano molto meno netti di quanto il loro nome vorrebbe far credere (“E l’arrivo è solo il punto intermedio che unisce due cammini tra di loro, un rifugio provvisorio che collega due spostamenti, alla ricerca di qualcosa che, a ben vedere, s’allontana mentre lo cerchi”).
Una bella lettura, complessa e suggestiva, che coinvolge su molteplici piani, da quello emotivo a quello dell’autocritica.

Ho letto questo libro nell’ambito di una “catena” (lì chiamano così i ring !) proposta su aNobii dall’autore stesso: se vi interessano altre opinioni potete trovarle nella scheda del libro (qui) e nel thread dedicato alla catena nel gruppo “Due chiacchiere con gli autori” (qui)
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