Un meta romanzo che si fonda su un’idea originale, quella di spingere i limiti del potere dello scrittore oltre i margini consueti della creazione dei personaggi e della trama fino ad arrivare al punto della predeterminazione degli eventi futuri, una volta stabilito un parallelismo stringente tra i personaggi del libro in corso di scrittura da un lato e l’autore stesso insieme alle persone che lo circondano dall’altro.
Come tutte le grandi “scoperte” che all’inizio sembrano prive di “controindicazioni” ma che poi si rivelano anche potenzialmente pericolose, anche questa facoltà finisce per avere delle ricadute che sfuggono al controllo del protagonista, lo pongono di fronte a difficili questioni di coscienza e lo gettano in una situazione che oscilla tra l’euforia e lo sconforto a seconda della piega degli eventi, fino a renderlo succube e schiavo dopo avergli lasciato credere di poter pilotare anche il destino. Su questo contesto si fonda l’analisi delle diverse propensioni dell’animo umano, in tutte le sfaccettature che vanno dall’egoismo all’altruismo, e lo stile segue con cambiamenti di ritmo e di tono le alterne vicende in modo del tutto appropriato. Inatteso il finale, ma comunque coerente con il taglio paradossale di tutta la storia.
Una lettura davvero curiosa e piacevole, impreziosita (ed è proprio la componente che ho apprezzato di più, da pirandelliana appassionata quale io sono) dai frequenti rinvii ai temi dominanti nelle opere di Luigi Pirandello, che “saluta” il lettore con la citazione di esordio tratta da “Sei personaggi in cerca d’autore” e si lascia poi riconoscere nei punti salienti del romanzo, quelli in cui il protagonista riflette sul proprio potere, con toni a tratti esaltati e a tratti smarriti, e accompagna il lettore lungo un analogo percorso introspettivo.
Così come lo scrittore (che il concetto più nobile dell’ispirazione vuole spinto alla creazione dall’urgenza delle storie che “non gli stanno più dentro”) sperimenta la portata del proprio potere (“che terribile dolore il ritorno ad una vita che non puoi controllare” e “una vita che diventava un po’ degna di tale nome solo sulla carta di quei fumetti. Che in fin dei conti erano solo carta.”) anche il lettore può sentirsi prendere da ciò che legge fino al punto di estraniarsi dalla realtà che lo circonda, se non interviene l’autocontrollo a ristabilire i confini tra finzione e realtà. E anche al di fuori delle categorizzazioni come scrittore o lettore, l’animo umano in termini più generali esce riflesso da questo romanzo negli eterni dubbi che lo affliggono, messi in risalto dalla chiave adottata del paradosso misto al pessimismo ed analizzati in modo non “risolutivo” ma “propositivo”, offrendo cioè al lettore materia su cui riflettere.
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