
Bellissimo.
L'autore ricorda la sua infanzia / adolescenza, e leggere il libro è come sedersi davanti ad un fuoco bevendo del cifir ascoltando i racconti di qualcuno. I vari capitoli sono impostati come un racconto orale, l'autore narra ciò che ricorda, associando persone a fatti e luoghi, con il risultato di una narrazione non completamente lineare, come sono appunto i ricordi.
Finalmente qualcuno che ha qualcosa da raccontare, e se ha inventato tutto allora chapeau, non so quanti ne sarebbero stati capaci. Propendo per la prima ipotesi, l'autore ha vissuto sulla sua pelle tutto ciò che ha narrato, e ora lo ricorda come un vecchio potrebbe ricordare i suoi tempi. Anche se non sono passati molti anni ora Lilin si trova a narrare una vita lontana e completamente diversa da quella attuale.
Non importa assolutamente condividere o meno il pensiero dell'autore come mi è capitato di leggere in diverse recensioni. Quando leggiamo le storie dei pirati non ci poniamo la questione su dove schierarci, se dalla parte dei marinai depredati o dalla parte dei saccheggiatori. E come ha detto Saviano su Repubblica: "Per leggere questo libro bisogna prepararsi a dimenticare le categorie di bene e di male così come le percepiamo, lasciar perdere i sentimenti come li abbiamo costruiti dentro la nostra anima. Bisogna star lì: leggere e basta." La cosa principale è che la condotta morale degli Urca in esilio è stata descritta in maniera perfetta, una morale che per certi versi può essere assimilata a quella della mafia, sia nella fase di massimo splendore che nella caduta.
Dal finale si intuisce che ci dovrà essere un seguito; io aspetto con impazienza
