Uno di quei libri, ne sono convinta, per i quali una sola lettura non basta.
Al primo impatto, infatti, quello che si nota (e che, lo confesso, mi ha anche disturbato un po’, sebbene io non mi consideri una purista integralista della lingua) è l’uso piuttosto disinvolto dell’ alternanza dei tempi verbali: presente, imperfetto, passato prossimo e remoto che si intercalano senza un criterio corretto e rendono un po’ difficoltosa la lettura, che procede a singhiozzo dato che ogni verbo coniugato in un tempo che non ti aspetti impone uno stop al flusso del racconto.
Una volta vinto, però, questo ostacolo (basta spostare i confini che separano la “licenza poetica” accettabile dallo “snaturamento” della lingua !) si percepisce che tra le linee di questo racconto sull’ amicizia tra persone così diverse (uno scienziato giovane ed uno scrittore ormai maturo) ci sono molti pensieri interessanti, in particolare su cosa significhi “vedere” (non si importa se un fenomeno della fisica o una immagine che sia spunto per la scrittura di un testo narrativo), se l’atto del vedere abbia oppure no in sé una componente che risiede nella volontà del soggetto, e sugli effetti, individuali e collettivi, di ciò che viene visto. Un altro nucleo della trama ruota invece attorno al concetto del tempo, e viene espresso sia in termini espliciti, sia in termini impliciti (come nel caso della metafora costruita attorno alle tracce che i mobili ormai scomparsi hanno lasciato sulle pareti della villa visitata da Brahe: segni da conservare, fino al punto da imporre l’oscurità forzata in quelle stanze).
Questo è quello che ho colto, ma non escludo che ad una rilettura possano balzare davanti agli occhi anche altri significati, forse più nascosti oppure semplicemente suscettibili di percezione in altri contesti di sensibilità e di età, anche per lo stesso lettore.
"Atlante occidentale" - Daniele Del Giudice
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Re: "Atlante occidentale" - Daniele Del Giudice
Mi hai fatto proprio venir voglia di rileggerlo...Mi era piaciuto molto, ma la mia prima lettura, di tanti anni fa, era condizionata soprattutto dalla conoscenza dei luoghi descritti...mi sembrava di sentirmi a casa. La descrizione della villa di Voltaire e' comunque indimenticabile.