Mi capita spesso di non immedesimarmi nei ruoli e nelle dinamiche di azione e di riflessione dei protagonisti dei romanzi che leggo, e capita anche che ciò segni un piccolo punto di svantaggio per il gradimento della lettura, se non intervengono altre componenti a colpirmi.
Fin dall’inizio di questo romanzo ho percepito che il mio grado di immedesimazione sarebbe stato minimo, sia nei confronti di Denise che di Yves, perché ritengo che il mio carattere e la mia storia personale siano molti diversi, ma ciò non ha minimamente inficiato il mio interesse, la mia attenzione in corso di lettura, né la mia soddisfazione a lettura terminata. Perché mi ha avvinta la maestria dell’autrice nello scavare a fondo, nel mettere in luce il precario ed instabile equilibrio che le emozioni, le aspirazioni e le attese creano e distruggono continuamente sia all’interno della psiche del singolo sia nella relazione tra due soggetti. Perché pur sentendo (in modo astratto) che ciò a cui assistevo difficilmente avrebbe potuto capitare a me, allo stesso tempo percepivo che gli sviluppi del legame affettivo dipinti dalla Nemirovsky erano assolutamente verosimili, ben delineati e concatenati, e mi sono quindi calata nella vicenda con grande partecipazione emotiva, ricavandone anche molti spunti per riflettere su quanto il modo personalissimo che ognuno ha di intendere l’amore sia destinato inevitabilmente ad infrangersi, o a fronteggiarsi, o a prevalere su quello di colui o colei verso cui si indirizza, a seconda della forza, del carattere e anche delle esperienze personali pregresse che ognuno ha. Su quanto l’amore sia o possa diventare un sentimento confinante con l’egoismo. Su quanto l’idea astratta dell’amore possa risultare diversa dall’esperienza concreta di un legame affettivo. Su quanto la fine dell’amore possa tradursi non solo nella delusione e nella tristezza ma anche nel rimettere in discussione l’idea di sé e degli altri fino ad allora ritenuta valida.
E ciò che davvero mi ha impressionata è il fatto che a condurmi lungo questo percorso sia stata la penna di una scrittrice di poco più di venti anni: sembra il lavoro di un autore maturo, profondo conoscitore dei risvolti più nascosti della psicologia sia maschile che femminile, non il romanzo di esordio di una scrittrice così giovane.
Davvero un gioiello.
"Il malinteso" - Irène Némirovsky
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