Una lettura piacevole e divertente: il protagonista rientra a pieno titolo (ma senza infastidire) nello stereotipo dell’adolescente che vuole fare il duro a tutti i costi (anche senza averne i mezzi !), che nasconde le proprie insicurezze dietro all’aggressività, che si sente un po’ vittima degli eventi, che tenta in ogni modo di far valere la propria autonomia ed estraneità rispetto ai familiari (significativo che definisca “coinquilini” il padre e la sorella, accomunandoli in un giudizio negativo nemmeno troppo velato !), che usa un linguaggio fatto di immagini piuttosto volgari, e che è sempre pronto a trovare pretestuose (ma divertenti !) giustificazioni agli occasionali insuccessi che sembrano susseguirsi ai suoi danni.
Fino a qua, niente da eccepire, contestualizzando il romanzo appunto come un ritratto di vita adolescenziale di periferia, senza grandi prospettive all’orizzonte.
Ma ho percepito almeno un paio di forzature, o meglio, di elementi “stonati” nell’insieme.
Il primo, e più evidente: il contrasto che spesso si avverte nel modo di esprimersi del protagonista, tra il borioso-scurrile-cafone che ti aspetti e lo strafottente-forbito-ricercato che invece non ti aspetti da un ragazzo di 16 anni che ha interrotto prematuramente gli studi dopo averli condotti senza successo.
Il secondo: le pagine che descrivono le condizioni di lavoro alienante nella fabbrica, la competizione alla “mors tua vita mea” tra i lavoratori addetti a mansioni simili, la condiscendenza/senso di superiorità nei confronti dei ragazzi arrivati per lavorare dal sud: argomenti interessanti, naturalmente, ma forse fuori luogo rispetto al tono disincantato del resto del romanzo, che finiscono per apparire sviliti proprio se considerati nel contesto in cui sono inseriti. Da questo punto di vista mi ha ricordato un po’ l’impressione suscitata in me da “Acciaio” di Silvia Avallone: la sensazione che potrei riassumere con il detto “troppa carne al fuoco”.
"Mia sorella è una foca monaca" - Christian Frascella
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Re: "Mia sorella è una foca monaca" - Christian Frascella
Ma quanto è simpatico e divertente il protagonista così sbruffone e fuori dalla realtà! I personaggi sono molto ben descritti tranne la “gastronoma”: la figura forse più banale e stereotipata.
La storia si legge tutto d’un fiato e pur essendo diretto a un pubblico giovane (lo regalerò a mio nipote che sono sicura lo apprezzerà quanto e forse più di me) non può non farsi apprezzare anche dai lettori più “navigati”.
La storia si legge tutto d’un fiato e pur essendo diretto a un pubblico giovane (lo regalerò a mio nipote che sono sicura lo apprezzerà quanto e forse più di me) non può non farsi apprezzare anche dai lettori più “navigati”.