Una scrittura discontinua, a scatti, nervosa, frammentaria, che se da un lato avrebbe potuto, ipoteticamente, esprimere il complicato e doloroso mondo interiore e esteriore della protagonista, dall’altro, inevitabilmente, appesantisce ipso facto la lettura. E fino a qui: niente di nuovo sotto il sole, ma anche niente di negativo a priori.
Le note dolenti arrivano invece (e dopo poche pagine dall’incipit, per la verità) quando si inizia a percepire che solo a tratti e sporadicamente si tratta di una genuina ricerca di mezzi espressivi originali appropriati al contesto, mentre più frequentemente si assiste alla meno genuina ricerca di espressioni che facciano colpo, in qualsiasi modo, sul lettore. E nel mio caso, quando tende a prevalere il sapore di autocompiacimento, di sfoggio di erudizione / scuola / mestiere fine a se stessi, di forzatura, il piacere della lettura finisce per essere irrimediabilmente compromesso. Anche la nota di originalità nella ricerca linguistica, che colpisce nelle prime pagine, si perde ben presto: a causa delle ripetitività di alcune espressioni e di alcuni artifici come il ricorso forzoso alle figure retoriche e a causa della sensazione di pretenziosità che ho avvertito più volte.
Dopo averla attirata, l’attenzione del lettore, bisogna anche saperla mantenere: ma questo risultato non si ottiene certo (o almeno, non nei miei confronti) con un incedere per metafore che ha del compulsivo o con una ricerca smodata della frase a effetto che lascia vittime sul campo non solo la sintassi della nostra bellissima lingua ma anche ciò che io considero il senso della misura e del buon gusto.
Se tutto ciò non bastasse a rendere il quadro di una lettura secondo me decisamente deludente, aggiungo che pure la trama, partendo da un nucleo non originale ma che avrebbe potuto prestarsi a sviluppi interessanti, appare lacunosa e priva di svolte significative, viene risolta sommariamente prospettando per alcuni personaggi una evoluzione che ha dell’inverosimile (il riemergere della madre da uno stato di quasi catatonia verso un nuovo legame sentimentale ha del miracoloso !), per altri qualche nodo solo accennato e non sciolto (i due fratelli cinesi), per la protagonista un procedere piatto nell’esistenza che si increspa solo alla fine e quasi senza che nemmeno lei se ne renda conto.
Due parole a parte per il finale, così affrettato e (mi si passi l’ossimoro, in definitiva ne userò solo uno !) scontatamente imprevedibile che ha un solo merito ai miei occhi: porre fine a quello che secondo me non è altro che un esperimento mal riuscito, che ha messo a dura prova la mia pazienza e di cui non conserverò ricordi di segno positivo.
Settanta acrilico trenta lana - Viola Di Grado
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Re: Settanta acrilico trenta lana - Viola Di Grado
Comprato una settimana fa e finito in pochi giorni, per la brevità e per la fretta di terminare una storia che pare un continuo scempio della vita.
Se penso a cosa mi rimane di questo libro traggo fuori solo parole quali silenzio, sguardi,
vomito (quello poi non manca mai!), graffi e sangue.
L'unico merito che riesco a dare a questo libro è quello di riuscire a mandare
avanti la storia nonostante il tutto parta dagli strani silenzi tra Camelia e la madre; per il resto lo trovo crudo (e non vuole essere un complimento) e violento nelle parole.
La fine poi è tautologica e ti lascia con l'idea che nulla è cambiato e tutto si ripeterà all'inverso: Camelia che a suo modo cerca ed ottiene il riscatto vestendo i panni della madre e chiedendole di restituirle il tempo e le attenzioni che, fino a pochi mesi prima, lei le aveva dedicato.
No, non mi ha lasciato nulla di bello, nulla di buono.
Se penso a cosa mi rimane di questo libro traggo fuori solo parole quali silenzio, sguardi,
vomito (quello poi non manca mai!), graffi e sangue.
L'unico merito che riesco a dare a questo libro è quello di riuscire a mandare
avanti la storia nonostante il tutto parta dagli strani silenzi tra Camelia e la madre; per il resto lo trovo crudo (e non vuole essere un complimento) e violento nelle parole.
La fine poi è tautologica e ti lascia con l'idea che nulla è cambiato e tutto si ripeterà all'inverso: Camelia che a suo modo cerca ed ottiene il riscatto vestendo i panni della madre e chiedendole di restituirle il tempo e le attenzioni che, fino a pochi mesi prima, lei le aveva dedicato.
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Re: Settanta acrilico trenta lana - Viola Di Grado
Libro thrash senza speranza 

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Piove sui panni stesi / perché niente va mai come dovrebbe...(Kegiz)
Nam concordia parvae res crescunt, discordia maximae dilabuntur.(Sallustio)
...l'erba / lieta, dove non passa l'uomo ((Ungaretti)
LE MIE ETICHETTE E I MIEI RING
Su anobii sono lisolachenoncè
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