Un romanzo dall’appeal incostante, probabilmente per il chiasmo tra costruzione dei personaggi e sviluppo delle vicende: nella prima parte si assiste ad una carrellata dei vari personaggi (resa tale anche dalla struttura formale: un capitolo dedicato ad ognuno) mentre gli avvenimenti che scandiscono la trama, quelli che segnano l’infanzia del protagonista, sono approfonditi e piuttosto interessanti; nella seconda parte invece sono gli avvenimenti ad avvicendarsi in serie, a volte anche per semplice giustapposizione, mentre sono i caratteri, del protagonista e dei comprimari, a ricevere maggiore attenzione di cesello.
A volte queste componenti si trovano in equilibrio, e allora la lettura è davvero piacevole; altre invece il prevaricare della carrellata (non importa se di personaggi o avvenimenti) e l’indulgere ozioso sulle bevute e sulle conseguenze di esse, lungi dal delineare il bar come microcosmo dotato di proprie regole e consuetudini, come luogo al tempo stesso di rifugio ma anche di zavorra alla necessità di scuotersi (credo di averla avvertita più frequentemente io rispetto ai personaggi coinvolti !) appesantiscono la lettura privandola del mordente, rischiando di far implodere il racconto in una spirale di noia.
Mi è piaciuta l’arte di descrivere con sapienti e sintetici tocchi alcuni dei personaggi, come ad esempio la madre che “si limitava ad abbassare il volume della verità”; il nonno “un vero spilorcio, e non solo col denaro”; la nonna che raccontava storie al nipote ma “il suo primo pubblico era lei stessa: si rammentava, si rassicurava, che i brav’uomini esistono”; il padre, indicato solo come “La Voce”. Così come l’abilità di denotare il sentimento della solitudine, così gravoso e sfuggente alla definizione, con una espressione semplice e pregnante al tempo stesso: “In certi momenti mi sentivo così solo che avrei voluto una parola più grande, più lunga, per dirlo”.
Mi è piaciuto il lieve (in quanto non invadente) tocco di metaromanzo impresso al racconto nella seconda parte del libro.
Mi è piaciuto il forte contrasto tra tutto il nocciolo di fondo del romanzo (la ricerca di un modello maschile di riferimento, in assenza del padre, tra gli avventori del bar) e la presa di coscienza che assume il ruolo di catarsi dirompente al termine, quando nelle ultimissime pagine, osservando la madre, il protagonista afferma: “Non ho fatto che cercare e desiderare il segreto per essere un brav’uomo, mentre non dovevo far altro che seguire l’esempio di un’ottima donna”.
A fronte di tutte queste componenti positive, pesano ancora di più le pagine noiose in cui non si fa altro che descrivere bevute, discorsi “alcolicamente” inconcludenti ammantati da saggezza di veri uomini (come se il vero uomo fosse colui che segue, perpetua e rispetta le regole di una sorta di tribù dedita alla sbronza), serate (che diventano inevitabilmente nottate e poi giornate) buttate via.
L’esperienza dell’autore, che è prima di tutto giornalista che scrittore, traspare lucidamente nei passi in cui la sinteticità di espressione, esprimendo più di quanto viene detto e toccando corde universali, raggiunge livelli comunicativi molto alti; peccato che poi indulga in pagine che definirei inutili, che appesantiscono il ritmo e lo svolgimento del racconto, che non apportano niente alla storia fin lì delineata, e che si prestano perfino ad essere foriere di messaggi sbagliati (nonostante io non sia certo una sostenitrice del fatto che ai romanzi spetti un ruolo educativo-morale; ne faccio solo una questione di buon gusto, e di senso della misura, con la consapevolezza che sono metri di giudizio eminentemente soggettivi).
"Il bar delle grandi speranze" - J.R. Moehringer
Moderatori: aly24j, Therese, Marcello Basie
- Towandaaa
- Olandese Volante
- Messaggi: 9299
- Iscritto il: mer nov 15, 2006 2:44 pm
- Località: Peccioli (Pisa)
"Il bar delle grandi speranze" - J.R. Moehringer
La mia libreria
La mia lista dei desideri
Towandaaa su aNobii
"Una storia che non conosci
non è mai di seconda mano
è come un viaggio improvvisato
a chilometraggio illimitato"
S. Bersani, Pacifico, F. Guccini - Le storie che non conosci (Io leggo perchè - 23 aprile 2015)
La mia lista dei desideri
Towandaaa su aNobii
"Una storia che non conosci
non è mai di seconda mano
è come un viaggio improvvisato
a chilometraggio illimitato"
S. Bersani, Pacifico, F. Guccini - Le storie che non conosci (Io leggo perchè - 23 aprile 2015)
- lisolachenonce
- Olandese Volante
- Messaggi: 5601
- Iscritto il: lun mar 03, 2003 4:46 pm
- Località: Pisa
- Contatta:
Re: "Il bar delle grandi speranze" - J.R. Moehringer
[quote=Towandaaa]A fronte di tutte queste componenti positive, pesano ancora di più le pagine noiose in cui non si fa altro che descrivere bevute, discorsi “alcolicamente” inconcludenti ammantati da saggezza di veri uomini (come se il vero uomo fosse colui che segue, perpetua e rispetta le regole di una sorta di tribù dedita alla sbronza), serate (che diventano inevitabilmente nottate e poi giornate) buttate via.[/quote]
Inizio la mia recensione da questa frase di Towandaaa perché anche per me la pecca maggiore di questo libro è il racconto di un delirio etilico che va a contraddire il titolo del libro e la descrizione positiva dell'atmosfera e del microcosmo del bar della prima parte del libro, finché l'io narrante è ragazzino.
Lo stile è decisamente scorrevole e alcuni personaggi, oltre che descritti magistralmente anche con pochi tratti caratteristici, risultano decisamente simpatici.
La storia è avvincente, il racconto della disperata ricerca di una figura maschile di riferimento, trovando sempre però modelli che in breve tempo non sono più efficaci e a volte virano decisamente a modelli negativi o perdenti, realisticamente non si conclude con un lieto fine.
Dolorosamente, il protagonista riuscirà alla fine a renderci conto di non aver avuto in sorte la possibilità di trovare una figura paterna di riferimento e se ne farà una ragione, diventando (forse) adulto.
Un libro decisamente da leggere nonostante, come già precisato, le lunghe e inutili pagine dedicate alle bevute sempre più fini a se stesse.
Inizio la mia recensione da questa frase di Towandaaa perché anche per me la pecca maggiore di questo libro è il racconto di un delirio etilico che va a contraddire il titolo del libro e la descrizione positiva dell'atmosfera e del microcosmo del bar della prima parte del libro, finché l'io narrante è ragazzino.
Lo stile è decisamente scorrevole e alcuni personaggi, oltre che descritti magistralmente anche con pochi tratti caratteristici, risultano decisamente simpatici.
La storia è avvincente, il racconto della disperata ricerca di una figura maschile di riferimento, trovando sempre però modelli che in breve tempo non sono più efficaci e a volte virano decisamente a modelli negativi o perdenti, realisticamente non si conclude con un lieto fine.
Dolorosamente, il protagonista riuscirà alla fine a renderci conto di non aver avuto in sorte la possibilità di trovare una figura paterna di riferimento e se ne farà una ragione, diventando (forse) adulto.
Un libro decisamente da leggere nonostante, come già precisato, le lunghe e inutili pagine dedicate alle bevute sempre più fini a se stesse.
Amai la verità che giace al fondo, quasi un sogno obliato (U.Saba)
Piove sui panni stesi / perché niente va mai come dovrebbe...(Kegiz)
Nam concordia parvae res crescunt, discordia maximae dilabuntur.(Sallustio)
...l'erba / lieta, dove non passa l'uomo ((Ungaretti)
LE MIE ETICHETTE E I MIEI RING
Su anobii sono lisolachenoncè
Piove sui panni stesi / perché niente va mai come dovrebbe...(Kegiz)
Nam concordia parvae res crescunt, discordia maximae dilabuntur.(Sallustio)
...l'erba / lieta, dove non passa l'uomo ((Ungaretti)
LE MIE ETICHETTE E I MIEI RING
Su anobii sono lisolachenoncè
- ciucchino
- Olandese Volante
- Messaggi: 3660
- Iscritto il: ven mar 14, 2003 9:00 pm
- Località: Torino
- Contatta:
Re: "Il bar delle grandi speranze" - J.R. Moehringer
Non è solo un atto di amore verso un bar e verso gli uomini che lo hanno frequentato, ma un romanzo di formazione dove noi lettori ci troviamo a tifare per J.R., anche se sappiamo benissimo che alla fine arriverà al successo e a scrivere il suo romanzo.
La lettura è appassionante anche perchè Moehringer è davvero bravo a descrivere i personaggi che sembrano uscire dalle pagine, in particolare Steve, lo stregatto, e zio Charlie. Anche se devo dire che le sfuriate di zia Ruth mi è sembrato quasi di sentirle tanto era vivida la descrizione.
Il dolore poi per un padre assente e i sensi di colpa del ragazzino che non riesce a occuparsi della madre sono palpabili, si sente tutta la sofferenza di chi è stato abbandonato da un padre imperfetto la cui voce però era qualcosa di meraviglioso. Quasi commoventi le pagine di quando realizza che aveva sempre cercato un uomo come riferimento per imparare a viver mentre aveva al fianco una madre incredibile e inossidabile.
Bello, davvero bello. Una pecca? Forse qualche pagina in meno non ci sarebbero state male, ma davvero Moehringer è un grande narratore.
La lettura è appassionante anche perchè Moehringer è davvero bravo a descrivere i personaggi che sembrano uscire dalle pagine, in particolare Steve, lo stregatto, e zio Charlie. Anche se devo dire che le sfuriate di zia Ruth mi è sembrato quasi di sentirle tanto era vivida la descrizione.
Il dolore poi per un padre assente e i sensi di colpa del ragazzino che non riesce a occuparsi della madre sono palpabili, si sente tutta la sofferenza di chi è stato abbandonato da un padre imperfetto la cui voce però era qualcosa di meraviglioso. Quasi commoventi le pagine di quando realizza che aveva sempre cercato un uomo come riferimento per imparare a viver mentre aveva al fianco una madre incredibile e inossidabile.
Bello, davvero bello. Una pecca? Forse qualche pagina in meno non ci sarebbero state male, ma davvero Moehringer è un grande narratore.