Quello che mi aveva attratta, di questo libro, erano le poche righe in quarta di copertina, che tuttora non esito a definire “magnetiche”:
“Abbiamo solo ventuno lettere, ha detto il maestro. Con quelle dovremo fare tutto: ridere, piangere, consolare, amare, contraddirci. Dire quando siamo felici, non far capire quando non lo siamo più, ingoiare una parola che potrebbe ferire, tenercene una fra le mani come una cosa fragilissima e preziosa”.
Ora però, dopo averlo letto, provo una certa nota di delusione (lo so bene: può essere tanto più cocente quanto più sono alte le aspettative di partenza…..che ci si può fare ?!).
Certamente Bajani è un giocoliere abile, con le lettere, con le parole, con il detto e il non detto, arte che deve essere finissima quando la si usa per costruire micro racconti (come altro definire storie che occupano, ciascuna, meno di due pagine della collana “L’arcipelago Einaudi” ?!) il cui intento è di attribuire ad una parola (a volte concreta, altre astratta) il ruolo emblematico di paradigma, di circostanza di vita in cui tutti, più o meno, possano riconoscersi. Ma non sempre il dispiegarsi del racconto raggiunge il suo intento comunicativo, o almeno: non sempre lo ha raggiunto nei miei confronti. E mi sono ritrovata spesso spettatrice di pensieri che ho percepito troppo intimi ed ermetici, in definitiva, troppo distanti da me e dal mio modo di essere e agire, nei confronti dei quali non è scattata la scintilla dell’empatia o almeno della sintonia, nemmeno quando, pur seguendo il processo mentale di astrazione, ho cercato di calarmi in quel che leggevo secondo il criterio del mutatis mutandis.
Mi è sembrata quindi un’ottima scelta quella di concentrare attorno ad alcune parole, elencate in ordine alfabetico, piccoli episodi di vita più o meno importanti e toccanti, ma ho delle riserve sulla riuscita finale, complessivamente intesa, accentuate dal fatto che forse, sottesa a questa percezione di indeterminatezza, avverto anche una sensazione di autocompiacimento (in generale tanto più fastidioso, per me, quanto più lo trovo fine a se stesso) per l’uso delle parole e delle immagini.
A onor del vero ci sono alcune pagine che veramente mi sono piaciute molto (uno su tutti: il racconto “Senza”) sia per il tema toccato, sia per lo stile, sia perché dimostrano che si può essere poeticamente evocativi anche con poche righe; ma al momento non me la sento di esprimere un giudizio più netto, in un senso o nell’altro, e preferisco tornare a confrontarmi con questo autore leggendo un romanzo, perché sono convinta che nell’ambito di una costruzione di più ampio respiro la maestria indubbia nel cesellare immagini possa al tempo stesso spiccare meno ma colpire più direttamente il cuore e la mente del lettore.
"La vita non è in ordine alfabetico" - Andrea Bajani
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