Janet Frame, Faces in the Water

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Sonnenbarke
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Janet Frame, Faces in the Water

Messaggio da Sonnenbarke »

Janet Frame, una delle maggiori scrittrici neozelandesi, scomparsa nel 2004 a 80 anni, in giovinezza ebbe un esaurimento nervoso in seguito al quale le fu diagnosticata una schizofrenia e fu ricoverata per molti anni in vari ospedali psichiatrici, dove venne sottoposta a numerosi elettroshock (pare più di 200). In seguito, a Londra, fu visitata da uno psichiatra che le disse che non soffriva né aveva mai sofferto di schizofrenia. Durante i suoi ricoveri le fu ventilata l’ipotesi di sottoporla a lobotomia, ma questa soluzione così estrema venne poi ritirata quando si scoprì che Frame aveva appena vinto un prestigioso premio letterario nazionale.

Premessa necessaria per capire fino in fondo questo libro, che è un romanzo con protagonista Istina Mavet (Istina vuol dire verità in serbo-croato, Mavet significa morte in ebraico) e, come l’autrice stessa specifica, è un’opera di finzione i cui personaggi sono inventati. Ma di fatto è impossibile leggere questo libro senza pensare alla biografia di Frame (illustrata nel libro Un angelo alla mia tavola, che voglio leggere). Perché, seppure Faces in the Water è un’opera di finzione, l’autrice ha di certo tratto spunto e ispirazione da ciò che ha dovuto subire nella sua vita.

Siamo in Nuova Zelanda intorno alla metà del Novecento, e Istina passa nove anni della sua vita in vari ospedali psichiatrici, dai venti ai ventinove anni. Non ci viene detto di cosa soffra la protagonista-narratrice, ma nel corso del libro la vediamo avere delle allucinazioni e soprattutto soffrire di paranoia. Tuttavia la diagnosi di Istina non è importante, ciò che importa è il fatto che sia stata per nove anni rinchiusa in ospedale. Quello che Istina ci racconta è la storia di questi nove anni, con delle brevissime parentesi passate a casa. Perciò veniamo a sapere delle pazienti che condividono la sorte di Istina, delle attività ricreative organizzate dagli ospedali per tenere “allegri” i pazienti, delle terapie elettroconvulsivanti (elettroshock) subite dalla protagonista, dell’insulinoterapia, della sua promessa e poi scampata lobotomia.

La scena che più mi ha colpito è stata quella di Istina seduta tutto il giorno a un tavolo dal quale non le era permesso alzarsi, tanto che era costretta a fare i suoi bisogni per terra. Pazienti spesso trattati come animali, camicie di forza, lobotomie: questo era lo stato della psichiatria verso la metà del secolo scorso, e ricordiamoci che non parliamo di così tanti anni fa, e che era così in tutto il mondo, Italia compresa, non solo in Nuova Zelanda.

Un affresco della cosiddetta follia toccantissimo, anche perché scritto in prima persona, spesso utilizzando una sorta di flusso di coscienza che ci fa finire dentro i pensieri e le paure della protagonista. Forse non ai livelli di La campana di vetro di Sylvia Plath e Qualcuno volò sul nido del cuculo di Ken Kesey, né tantomano ai livelli dell’inarrivabile autobiografia di Kay Redfield Jamison, Una mente inquieta. Ma comunque bellissimo, toccante, straziante.

Mi ha fatto anche un po’ male leggerlo, tanto che a volte, sebbene tenda a tenere incollati alle pagine, ho dovuto smettere la lettura perché era troppo forte per me. Io sono giovane, ho 32 anni, non ho per fortuna vissuto quello che viene descritto in questo libro e in altri libri come questi, come quelli che ho citato sopra. Ma ho vissuto la follia e leggerla mi fa male, anche se lo trovo spesse volte necessario e imprescindibile. Perché questi lavori sono reportage più che romanzi – tanto che Faces in the Water è stato anche utilizzato come libro di testo in alcune facoltà di Medicina. Un modo per vedere come ci si comportava nei confronti dei “pazzi” fino a non tanti decenni fa. Perché non si ripeta mai più quello che queste persone hanno dovuto subire.

Ci sarebbe ancora tanto altro da dire su questo libro, ma non voglio farmi male e perciò decido di terminare qui questa recensione, ricordandovi che il libro è stato tradotto anche in italiano, e si trova con il titolo Volti nell’acqua o anche Dentro il muro.
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Gattufo
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Re: Janet Frame, Faces in the Water

Messaggio da Gattufo »

Grazie per la recensione perchè sono venuto a conoscenza dell'autrice e del libro. Presto lo comprerò ma vorrei avere una dritta sulle due versioni, Volti nell'acqua e Dentro il muro. Sono entrambi uguali? se non lo fosse quale conviene prendere? Su amazon ho trovato solo Volti nell'acqua
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Sonnenbarke
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Re: Janet Frame, Faces in the Water

Messaggio da Sonnenbarke »

Sono due diverse traduzioni dello stesso libro. Se ho ben capito Dentro il muro dovrebbe essere una versione più vecchia, credo che ora si trovi solo Volti nell'acqua di Neri Pozza. Non saprei dirti quale sia migliore perché io il libro l'ho letto in inglese. Poi fammi sapere che ne pensi.
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Gattufo
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Re: Janet Frame, Faces in the Water

Messaggio da Gattufo »

Ok grazie per le informazioni. Certo appena l'avrò letto mi farò risentire o meglio rileggere
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