Ci sono libri belli, e ci sono libri necessari. Questo fa parte della seconda categoria. Non mi pare che Arslan abbia un grandissimo talento letterario, ma questo libro va letto, perché racconta una Storia che non molti di noi possono dire di conoscere a fondo.
La storia è quella, certamente romanzata, della famiglia Arslanian, famiglia di origine di Antonia Arslan (suo nonno, in Italia dall’età di 13 anni, deciderà nel 1924 di farsi togliere il suffisso armeno dal cognome). Ed è la storia che le è stata raccontata dal nonno Yerwant, ormai anziano.
Siamo nel 1915, anno in cui il governo turco ottomano decise di mettere in atto il sistematico sterminio degli armeni presenti nel territorio dell’Anatolia, sotto il tristemente presago motto “La Turchia ai Turchi”. Non è presago a caso, questo motto, poiché pare infatti che Hitler si sia ispirato proprio al genocidio armeno per mettere in atto la Shoah. Come dice Arslan, il genocidio armeno fu condotto con precisione chirurgica, di certo non si poté parlare di crimini di guerra o di efferatezze isolate, ma si deve parlare di vero e proprio genocidio. Cosa che ancora la Turchia fatica a riconoscere.
La famiglia Arslanian vive in una piccola città dell’Anatolia, mai menzionata, e viene quasi del tutto sterminata durante le atrocità del 1915. Le donne saranno deportate attraverso il deserto, dopo l’uccisione di tutti i maschi della famiglia, e solo poche di loro sopravviveranno, insieme a uno dei bambini, piccolissimo, salvatosi dalla follia omicida solo perché vestito da bambina, come a volte all’epoca usava.
Il libro è la storia di quello sterminio e di quella deportazione e, come tutti i libri sul genocidio armeno, romanzi compresi, non risparmia scene che fanno gelare il sangue nelle vene. Perché il libro vuole essere testimonianza, e allora deve raccontare fedelmente cosa è successo, e pure se Arslan romanza la storia raccontatale dal nonno, i racconti delle atrocità sono tristemente veri. Ma se vi accostate a questo come ad altri libri sull’argomento dovete essere consapevoli che in alcuni punti avrete voglia di vomitare.
Letterariamente, è molto più bello il romanzo, ispirato a una storia vera, I quaranta giorni del Mussa Dagh di Franz Werfel, di cui ho parlato qui l’anno scorso. Ma penso che entrambi i libri vadano assolutamente letti, o almeno io li consiglio entrambi.
Antonia Arslan, La masseria delle allodole
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Re: Antonia Arslan, La masseria delle allodole
Sono molto d'accordo con queste parole: è un libro necessario.Sonnenbarke ha scritto: ↑lun ott 27, 2014 5:57 pmCi sono libri belli, e ci sono libri necessari. Questo fa parte della seconda categoria.
L'avevo comprato diversi anni fa, ma ne avevo sempre rimandato la lettura, perchè sapevo che sarebbe stata emotivamente difficile per me. E così è stato: questo romanzo è un viaggio terribile nell'orrore e nella disumanità, è difficile concepire che degli esseri umani possano infliggere tali crudeltà ad altri esseri umani. Ma è anche un viaggio nell'attaccamento alla vita e nel coraggio estremo che alcune persone dimostrano nel rischiare in proprio il tutto per tutto per salvare altre persone.
Quindi sì, un libro assolutamente necessario, faticoso ma bello in questo senso.
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