L'aspetto che più mi ha colpito di Antonio è la sua assoluta incapacità di comprendere e maneggiare i propri sentimenti e quelli di Laide, ma anche di arrendersi fino in fondo all'amore che prova e di mostrarsi realmente per quello che è.
La figura di Laide mi ha fatto molta tristezza, ma anche molta tenerezza per quella sua vitalità genuina e quasi primordiale e per il suo sforzo costante di mantenere almeno una parvenza di rispettabilità.
Bellissima la descrizione di sfondo sulla Milano degli anni '50-'60, di certi quartieri popolari del centro che non ci sono più.
La scrittura di Buzzati mi piace molto, soprattutto per il modo in cui "entra" nei personaggi, ma si dilunga davvero troppo secondo me sui pensieri ossessionanti del protagonista, tanto che a volte ho faticato a proseguire ed ho solidarizzato con gli amici di Dorigo, esauriti dalle sue paturnie

