Tuttavia, oltre a farci sorridere (parecchio) il libro induce a riflessioni serie poiché per una ragione o per l’altra è verosimile che qualsiasi lettore prima o poi nel corso della lettura si immedesimi nel narratore/protagonista: credo sia facile infatti condividere gli interrogativi, le tristezze e persino il costante mal di stomaco psicosomatico di Erri, quasi quarantenne napoletano con alle spalle i disagi tipici dei figli di divorziati e alle prese con un presente fatto di un matrimonio in crisi e della dolorosa presa d’atto che la propria vita non è conseguenza di decisioni prese per realizzare i propri obiettivi quanto piuttosto la somma di azioni compiute da altri e da lui subite passivamente.
Pur consigliandone la lettura a chi è in cerca di evasione, anticipo che si riflette non poco sul ruolo di genitore, su quanto i matrimoni ad un certo punto smettano di basarsi sull’attualità dei sentimenti e sopravvivano per lo più in nome di emozioni passate e soprattutto sul coraggio di accogliere e “utilizzare” le difficoltà che la vita ci mette davanti, fosse pure quando si è molto giovani.
Ciò detto, capirei perfettamente le possibili critiche che altri lettori potrebbero muovere al testo ed alcuni difetti sono effettivamente palesi anche a me, che pure– ripeto- nel complesso ho apprezzato il libro. Tanti per esempio sono i personaggi, troppi. Non c’è difficoltà a memorizzarli o a comprendere la struttura delle famiglie al centro della narrazione, ma alcuni tra questi sono talmente stereotipati e inutili ai fini della storia che avrebbero potuto essere evitati, come anche alcuni passaggi tutto sommato dimenticabili.
Il finale poi, si basa su un cliché ma a parte questo almeno io
Here be spoilersnon capisco come questo possa essere visto come una controtendenza di Erri rispetto alla sua abitudine di accettare le decisioni degli altri senza chiedersi se queste coincidono con ciò che lui realmente desidera per sé