E’ il 30 Marzo del 1924, il giorno della festa della Mamma, ed è tradizione che le ricche famiglie borghesi del Berkshire concedano un giorno di riposo alle inservienti per permettere loro di andare a trovare le rispettive madri e trascorrere la giornata di festa in famiglia. Anche Jane Fairchild, cameriera della ricca famiglia dei Niven potrebbe, se non fosse che non ha nessuna mamma da raggiungere e che è stata chiamata da Paul, erede dei facoltosi Sheringam, per raggiungerla a casa sua approfittando dell’assenza di genitori e del personale di servizio.
Il dettaglio è che i due, quindi una semplice cameriera e un ereditiere in procinto di sposarsi con l’altrettanto ricca Emma, sono amanti da anni. Non c’è spazio però per la storia tra i due, né per una vera e propria trama: la vicenda si svolge tutta nell’arco di una mattinata e di un mezzo pomeriggio, salvo le incursioni della Jane adulta che riflette su come quella giornata abbia rappresentato per tutti i personaggi citati un vero e proprio spartiacque. Difficile dire altro senza svelare i pochi fatti che realmente accadono nel testo che, come dicevo, non punta su un vero plot quanto sulla sensazione di inquietudine che progressivamente cresce nel lettore. Tanto più, infatti, si concretizza l’immagine dell’assolata e pigra giornata primaverile, quanto più prende fondatezza l’impressione che si sia necessariamente in attesa di qualcosa e, peggio, qualcosa di drammatico o assolutamente sconvolgente.
Mi ha molto ricordato, seppur con le dovute differenze, l’ansia crescente provata ne Abbiamo sempre vissuto nel castello.
G. Swift, Un giorno di festa
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G. Swift, Un giorno di festa
Nous habiterons une maison sans murs, de sorte que partout où nous irons ce sera chez nous- J.Safran Foer, Extrêmement fort et incroyablement près
E finalmente lui pronunciò le due semplicissime parole che nemmeno una montagna di arte e ideali scadenti potrà mai screditare del tutto. I. McEwan, Espiazione
Sempre Francesina, anche su Anobii
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