Temo di avere letto questo testo nel momento sbagliato: nel senso che, a causa della tensione e dell’ansia che fanno da sfondo a questo periodo, ho vissuto il suo tono straniante e surreale come angosciante e minaccioso; mi ha lasciato un deposito di malumore e sfiducia.
Scritto nei primissimi anni del 900 è annoverato come testo di fantascienza, ma è in realtà ambientato in un mondo che ha le fattezze del nostro ed anzi si svolge tra le Ande. Protagonista è Nunez, guida alpina che nel corso di un’escursione precipita da un dirupo e si ritrova in un paese idilliaco dal punto di vista naturalistico, ma inquietante poiché tutti i suoi abitanti sono ciechi.
Non scendo nei dettagli poiché il testo è molto breve ed a prescindere dalla mia reazione merita di essere letto: io l’ho interpretato come una riflessione su come la presunta civiltà/normalità dia per scontato che possa ed anzi debba avere la meglio su quella che secondo i loro standard è la barbarie/minoranza, ma immagino possa essere considerato un vero piccolo saggio di filosofia e prestarsi ad altre numerose interpretazioni.
H. G. Wells, Nel paese dei ciechi
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H. G. Wells, Nel paese dei ciechi
Nous habiterons une maison sans murs, de sorte que partout où nous irons ce sera chez nous- J.Safran Foer, Extrêmement fort et incroyablement près
E finalmente lui pronunciò le due semplicissime parole che nemmeno una montagna di arte e ideali scadenti potrà mai screditare del tutto. I. McEwan, Espiazione
Sempre Francesina, anche su Anobii
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