Randagi di Marco Amerighi
Ho letto questo libro, uscito da pochi giorni, perché è ambientato a Pisa ed è scritto da un autore pisano, anche se adesso vive a Milano (niente di nuovo su questo fronte).
La descrizione della città e della sua storia recente è in linea con l'essere autoctono ed è stata molto apprezzata.
La storia, invece, è la solita girandola di eventi sempre più improbabili, personaggi estremizzati, dal fratello maggiore del protagonista (perfetto in tutto, sportivo a livello nazionale, laureato alla Normale e poi con un dottorato al MIT, ma naturalmente anche simpatico, amico di tutti, bello, che ha grande successo con le donne, è un fratellone protettivo e affezionato........ volete altro? Il principe azzurro gli fa un baffo, a costui), ai i 2 genitori assolutamente fuori di testa e al protagonista che non ne imbrocca mai una e dovunque si trovi, anche quando si trasferisce in Erasmus a Madrid, se ne sta sempre rintranato nel suo buco, eterno bambino impaurito e non cresce né crescerà mai anche se la vita gli presenta qualche conto da saldare.
Ricapitolando, la mia Pisa è tutta vera, dentro questo romanzo, ma la trama, anche se ambientata prevalentemente nella ZTL intorno al duomo, non mi rispecchia per niente e forse non è neanche tanto "pisana".
Piccola riflessione: quasta è la tipica trama dove ad ogni pagina ne succede una peggio di quella prima, ma questo gioco al rialzo, perpetuato per l'intero libro, alla fine porta ad estremi poco credibili e che finiscono per stancare.
Non è una peculiarità di questo giovane autore, è un vero e proprio "stile" che va parecchio di moda tra gli autori agli esordi, ma che io non apprezzo.
Se non avessi letto questo libro anche per partecipare alla sfida "Il gioco da tavolo del lettore" penso che avrei mollato a metà libro, quando il protagonista si trasferisce temporaneamente a Madrid e il fratello in USA, per cui di Pisa per un po' non si parla più.
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Piove sui panni stesi / perché niente va mai come dovrebbe...(Kegiz)
Nam concordia parvae res crescunt, discordia maximae dilabuntur.(Sallustio)
...l'erba / lieta, dove non passa l'uomo ((Ungaretti)
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