Giunta a metà del libro con un senso di noia crescente, ed incerta se proseguire la lettura, mi chiedo:
come può un incedere piatto e distaccato essere giudicato "stile essenziale" ?
E anche:
come può una storia improntata al "lasciarsi vivere" destare interesse, quando pare che non interessi nemmeno a chi la sta vivendo e raccontando ?
Infine, strenua sostenitrice del principio per cui anche la forma è sostanza, mi interrogo sulla scelta stilistica che bandisce l'uso del punto interrogativo al termine delle proposizioni interrogative dirette, con lo stesso senso di profondo fastidio che provo, mutatis mutandis, di fonte al proliferare di testi che la messaggistica istantanea, in nome di non si sa quale istanza di immediatezza (ai miei occhi pura e semplice sciatteria), pare prescrivere come esenti dal rispetto delle basilari regole di comunicazione scritta, la quale non potendosi avvalere dell'apporto che danno l'espressione del viso e il tono della voce, necessita di segni grafici precisi, quali, appunto, il punto interrogativo.
Sulla strada della narrativa per sottrazione, finirà per non restare niente.
"A casa" - Judith Hermann
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"Una storia che non conosci
non è mai di seconda mano
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S. Bersani, Pacifico, F. Guccini - Le storie che non conosci (Io leggo perchè - 23 aprile 2015)
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