Qualcuno che ci capisce c'è....
Il samurai di Kitano
una risposta a Tarantino
di ROBERTO NEPOTI
Due film di samurai circolano in contemporanea per i nostri schermi. L'uno, americano - "Kill Bill" di Tarantino - è un omaggio al cinema giapponese; l'altro, nipponico, è un tributo a quello americano. Magari suona un po' assurdo, eppure i risultati sono straordinari in entrambi i casi. Con Zatoichi (gran premio per la regia a Venezia), Kitano richiama in servizio un eroe mitico del cinema del Sol Levante anni 60, interpretato da uno stesso attore (Shintaro Katsu) in un centinaio tra film e telefilm.
lui stesso il personaggio del titolo, giocatore professionista e massaggiatore cieco ma capace di fare in mille pezzi i sette samurai con cinque colpi di spada. La traccia narrativa ricalca, a grandi linee, quella di "Joijmbo" di Akira Kurosawa, ripresa da Sergio Leone in "Per un pugno di dollari" - un impassibile giustiziere libera un villaggio dalla tirannia di due bande rivali - sommandovi la "second story" di una coppia di (presunte)geishe, animate da propositi di vendetta.
Takeshi s'ispira largamente a Clint Eastwood nel prototipo dello spaghetti western: non è un crociato, ma un individualista scettico che, alla fine, prende la parte delle vittime. Vi aggiunge, di proprio, una dimensione tragicomica inedita non tanto per il genere (il film di spada giapponese include componenti burlesche), quanto per il suo protagonista e spolvera su tutto un senso di leggerezza che fa di Zatoichi un film di raro divertimento, ad onta dei pezzi d'anatomia affettati e delle arterie che spruzzano getti di sangue come fossero geyser.
Basti dire che dal repertorio del cinema di samurai, riletto con la libertà più disinvolta, fanno spesso capolino la situazione surreale, la gag, la farsa (il "sumo" che corre intorno alla casa lanciando grida) alla Monty Python. A tratti s'affaccia alla memoria l'insuperato John Ford (di cui c'è almeno una citazione diretta: la ricostruzione della casa della vedova), per come il film amalgama l'epica con il comico, la cura formale col gusto della narrazione.
Quanto a "Beat" Kitano, nella parte del Massaggiatore sembra un John Wayne più stoico e molto più ironico, dando forma a un cavaliere errante - sorriso enigmatico, capelli tinti di biondo, sciabola rosso sangue - che entra di prepotenza nel pantheon degli strani eroi del cinema postmoderno. Non bastasse, il regista chiude su un epilogo in forma di musical, una gioiosa danza macabra che fa(letteralmente) resuscitare i morti. I più rigorosi lo accusano di cedimenti al gusto occidentale: ma, a suo tempo, non si disse lo stesso di Kurosawa?
ZATOICHI
Regia di TAKESHI KITANO
Con "BEAT" TAKESHI, TADANOBU ASANO
-...è solo che non ho tempo per leggere.
- Mi dispiace per te.
- Oh, non direi.Ci sono tanti altri modi per passare il tempo.
Giulio vorrebbe replicare che leggere non è "passare il tempo"...
(T. Avoledo)
cinefila integralista
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