Napoli - Roma, binario 14 - Racconto collettivo per corsari!

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xobocop
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Napoli - Roma, binario 14 - Racconto collettivo per corsari!

Messaggio da xobocop »

A questo ring, Armonia82 ha pensato bene di affiancare un racconto collettivo dal titolo Roma - Napoli, binario 14.
Questa la trama, ovvero la 4a di copertina.

Chi è il misterioso corsaro che vende calzini abusivamente sugli InterCity Napoli-Roma? Chi è questo strano individuo che si palesa soltanto all'altezza della stazione di Formia effettuando mirabolanti passaggi a mano di ring attraverso i finestrini del treno?
Patrizia Rinaldi, nel suo nuovo libro, ci racconta la storia di una corsara napoletana che è riuscita a risolvere il giallo!


A me l'onore di iniziare il racconto, agli altri corsari iscritti al ring quello di continuarlo!

PS: iscrivetevi al ring per partecipare :P
PPS: ringmaster, io e Armonia82 ti abbiamo eletto come quello che dovrà scrivere l'ultimo capitolo! Contento? :D

Edit: il ringmaster l'ha impaginato qui. Rendete onore al ringmaster :notworthy:
Ultima modifica di xobocop il ven dic 19, 2008 1:40 am, modificato 2 volte in totale.

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xobocop
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Re: Napoli - Roma, binario 14 - Racconto collettivo per corsari!

Messaggio da xobocop »

“I calzini belli
stanno sempre ammischiati
ai calzini brutti”

“Dove vanno a finire i calzini
quando perdono i loro vicini?
Dove vanno a finire beati
i perduti con quelli spaiati?
Quelli a righe mischiati con quelli a pois?
Dove vanno nessuno lo sa”

Capitolo 1

Un angolo di golfo uscì dalle colline, e quello era il segnale. L’ultima vista del mare su quella linea ferroviaria che avrebbe continuato a correre verso nord, e che fino a solo un’ora prima, salvo ritardi, il mare l’aveva costeggiato tutto, al punto che in certe curve sembrava che ci si tuffasse dentro.
Era il segnale insomma, si doveva scendere e fare il viaggio al contrario. Avanti e indietro, fino a sera.
«Acqua, panini, bibite, birra, coca cola, acqua, birra!».
I treni fra Salerno e Formia sono la piazza di un mercato mobile, che fa la spola da nord a sud, su una linea trafficatissima, e viene incontro ai bisogni qualsiasi dei viaggiatori. Chi conosce Napoli non ci fa caso, tutti gli altri si sorprendono, la maggior parte delle volte si infastidiscono. Sono quelli che l’acqua se la comprano in stazione, prima di partire. Il cliente del venditore viaggiante è invece chi non ci ha pensato, chi ha preso il treno di corsa, all’ultimo momento, tutto sudato. E allo stesso modo si compra un panino con due fette di salame, l’accendino per la sigaretta da scroccare alla prossima fermata, il giornale del mattino recuperato dalla spazzatura, ma pulito, la raccolta differenziata lo permette, ripiegato e riciclato. Per qualche spicciolo le notizie tornano fresche.
Chi sul treno si compra i calzini, e perché a qualcuno sia venuto in mente di cominciare a venderli, è un mistero inspiegabile.
«Signò ja, devo scendere. Compratevi i calzini, datemi una mano»
«Giuvinò, per piacere, ma che me n’aggia fa dei calzini? Non mi servono»
«E facitela n’opera buona. Ditemi voi, è meglio che vado a rubare?»
Il freno innestato spinse il venditore a giocarsi le sue ultime possibilità allo scompartimento successivo. Lo stesso freno sembrava invece non avere effetto sul capotreno che veniva nella direzione opposta, e che comparve in quel momento in fondo al vagone.
Se sembra inspiegabile già la sola l’esistenza di un venditore di calzini su un treno, si immagini l’incredulità dei passeggeri, seduti a leggere il giornale, a bere una coca cola, a dare un morso al panino col salame o a rigirarsi l’accendino fra le mani ansiosi di arrivare tra poco a Formia, nel vederlo partire di corsa, bianco come uno dei suoi calzini, quelli di spugna, saltando bagagli lasciati nei corridoi e scansando chi era già pronto per scendere, inseguito dal capotreno in giacca verde. Era pronto a correre fino in fondo al treno ma non a farsi prendere, col suo carico di calzini per metà tenuti tra le mani, merce da mostrare e vendere subito, e per metà nello zaino, da tirare fuori nel caso di qualche affare all’ingrosso, una valigia vuota a metà e una famiglia numerosa, tanti piedi da scaldare.
Carrozza 11. Il venditore sbatté contro le porte d’accesso al vagone. Si riprese dall’urto e con un solo passo di rincorsa fu di nuovo alla massima velocità. Il capotreno però guadagnava metri ad ogni ostacolo che, una volta superato dalla lepre, si faceva da parte liberando il passaggio.
Carrozza 10, senza aria condizionata. Le tempie gli pulsavano e qualche calzino gli volò via dalle mani. L’inseguito tagliò la fila in attesa di scendere, scivolando fra braccia sudate e pareti roventi. L’inseguitore qui non godeva certo della benevolenza del pubblico, che gli fece troppa resistenza per apparire neutrale.
Carrozza 9, semivuota. Il treno era quasi fermo, mancava poco all’apertura delle porte. Un qualcosa che ormai sembrava una nuvola di calzini sbattè contro una valigia che usciva apparentemente da sola da uno scompartimento e perse l’equilibrio. Dietro la valigia un uomo urlò le sue scuse, uscendo anche lui dallo stesso scompartimento. Ricevette per questo uno spintone da qualcosa di verde alle sue spalle. Altre urla, stavolta non di scuse, provennero da più bocche.
Alcune cose strane accaddero in quel preciso istante. Il venditore di calzini si risollevò di scatto, e invece di riprendere immediatamente la fuga, si chinò a raccogliere in tutta fretta i calzini che gli erano caduti. Rialzandosi, si guardò alle spalle, e soltanto vistosi praticamente addosso le mani del capotreno, desistette dal raccogliere gli altri e schizzò verso la porta del vagone che finalmente si era aperta sulla stazione di Formia. Il capotreno assunse l’aspetto di una tigre in caccia, una tigre verde, a cui due salti sarebbero bastati ad agguantare la sua preda. Uno scampanellio provenne dal fondo del vagone, dal punto in cui inseguito e inseguitore correvano. Nell’ultimo slargo del corridoio, passata la porta a vetri, ultimo ostacolo verso l’uscita, lo scampanellio prese la forma squadrata del carrello minibar, orgoglio degli annunci filodiffusi nel treno, essi e il carrello ignari del sottobosco di servizi offerti al pubblico da un mercato parallelo che rende un viaggio in treno un esperienza dotata di ogni comfort, altro che un misero minibar! Altrettanto ignari del carrello, il venditore e il suo inseguitore vi si diressero contro, e mentre il primo, voltandosi di lato e schiacciandosi contro la porta a vetri aperta, con le braccia alzate a salvare i calzini, lo passò e guadagnò l’uscita, il secondo lo incontrò pochi istanti e pochi centimetri dopo, quando ormai il corridoio era troppo stretto per passare e lo slancio troppo forte per evitare l’impatto. Le porte furono chiuse, e il treno ripartì.
Non furono queste le uniche cose strane di quegli ultimi, concitati momenti di inseguimento in treno. Di un altro fatto singolare fu testimone una viaggiatrice, posto di corridoio in carrozza 9, con biglietto valido fino a Roma. Fu davanti al suo scompartimento che il venditore di calzini cadde, e prima di riprendere la fuga volle raccogliere tutti i calzini che riusciva a raggiungere con lo sguardo e con le braccia. Tra le cose che gli caddero ma che rimasero a terra, la ragazza raccolse pochi secondi dopo un libro, che aveva visto finire sotto la sua poltrona. Al suo interno come segnalibri era adoperato un calzino azzurro.
Non mancò nemmeno un testimone di questo insolito rinvenimento, ed è qualcuno che già conosciamo. Se la viaggiatrice avesse alzato lo sguardo dal libro e avesse girato gli occhi verso il finestrino oltre il corridoio, si sarebbe vista osservata dal venditore di calzini il quale, evidentemente, ci teneva molto alle cose che smarriva.
Il libro riportava un codice. Un codice di dieci cifre riportato a mano in prima pagina.


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seciatta
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Re: Napoli - Roma, binario 14 - Racconto collettivo per cors

Messaggio da seciatta »

Ciao a tutti, l'indirizzo del libro impaginato è cambiato... ora è quì:
http://seciatta.com/libro.html
Xobocop, se puoi aggiorna il link del primo post.
Nulla di ciò che avesse potuto dire mi avrebbe mai arrecato disturbo.
Era troppo racchia.
(John Fante, La strada per Los Angeles)


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