Attendevo con ansia il nuovo romanzo della Strout e, malgrado sia piuttosto diverso dalla sua precedente produzione, mi è piaciuto tantissimo. E’ un romanzo dalla struttura particolare, che alterna il tempo presente – quello in cui la protagonista adulta rievoca alcuni episodi del suo passato e soprattutto del suo lungo ricovero di nove settimane in ospedale a causa di alcune complicazioni successive ad un intervento chirurgico- a quello passato dei cinque giorni della degenza in cui Lucy aveva al proprio capezzale sua madre, in visita per lei a New York dall’Illinois dopo anni passati nell’assoluto silenzio reciproco.
Questo doppio piano temporale, il presente del ricovero in ospedale ed il presente della narrazione in cui Lucy fa riaffiorare alcuni ricordi, fanno emergere con chiarezza la trasformazione della protagonista o, piuttosto, la sua elaborazione di un’infanzia difficile, fatta di povertà assoluta e di una famiglia complessa ed anaffettiva ma dalla quale – unica figlia di tre- riesce a svincolarsi.
Il processo di superamento è però lento e distillato anno dopo anno nella vita adulta di Lucy, così come distillata per tutta la lunghezza del romanzo è la modalità scelta dalla Strout per rivelare al lettore la causa e l’origine di quella sensazione di intima solitudine e di disagio “sociale” con cui la protagonista si inserisce e si muove nella sua adorata città di adozione, New York; una città che accoglie tutti e a tutti sembra offrire la possibilità di un riscatto, ma che al tempo stesso fa da spietata cartina al tornasole per i provinciali, i “diversi”.
Un libro esile, ma denso, dove lo stile è certamente scorrevole ma le cui singole considerazioni possono risultare invece estremamente pesanti, di quelle –per capirci- che fanno posare il libro per qualche secondo durante la lettura per riprendere fiato prima di ricominciare.
Bellissimo!
E. Strout, Mi chiamo Lucy Barton
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E. Strout, Mi chiamo Lucy Barton
Nous habiterons une maison sans murs, de sorte que partout où nous irons ce sera chez nous- J.Safran Foer, Extrêmement fort et incroyablement près
E finalmente lui pronunciò le due semplicissime parole che nemmeno una montagna di arte e ideali scadenti potrà mai screditare del tutto. I. McEwan, Espiazione
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Re: E. Strout, Mi chiamo Lucy Barton
Un libro delicato, che affronta tantissimi temi importanti in pochissime pagine.
Gli argomenti vengono appena accennati, ma le fasi essenziali della vita di Lucy Barton sono tutte lì.
Non c'è bisogno d'altro.
Se dovessi collocarlo fisicamente in una libreria, lo metterei vicino a "Destinatario sconosciuto" e "Le nostre anime di notte", libri che mi hanno lasciato la stessa sensazione: mi sono rimasti dentro pur non avendo sprecato troppe parole e troppa carta.
È il primo libro che leggo della Strout (grazie Eowyn!!! ) e non sarà l'ultimo.
Gli argomenti vengono appena accennati, ma le fasi essenziali della vita di Lucy Barton sono tutte lì.
Non c'è bisogno d'altro.
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