La giovanissima sensitiva Erina colpisce l’attenzione del medico torinese Edmondo Barbi, medico anatomo-patologo appassionato di esperimenti di ipnosi che la chiede in sposa e la porta a vivere a Torino, nella sua villa dall’aspetto tetro e sinistro vicino al Valentino. La giovane, molto sensibile e suggestionabile, scopre di stare per diventare la terza moglie del Dr. Barbi che è un uomo gentile e disponibile, ma enigmatico e inquietante e forse un po’ troppo appassionato del suo lavoro a continuo contatto con la morte. Sostiene infatti che per capire i segreti della vita occorre comprendere perfettamente i meccanismi della morte.
Sola in questa villa con un fin troppo solerte maggiordomo esperto in erbe e con una domestica deforme salvata dal Dr Barbi dall’istituto in cui era stata rinchiusa, inizia a suggestionarsi e teme di rivivere la storia orribile di Barbablù. Perché e di cosa sono morte le prime due mogli? Chi è veramente il suo futuro marito così appassionato delle deformità umane e degli esperimenti psichici? Il maggiordomo e la domestica le fanno capire di conoscere tutti i segreti della casa e delle precedenti mogli, ma di chi dei due deve fidarsi? Perché il fidanzamento continua a essere rimandato nel tempo e il fidanzato sembra voler evitare qualsiasi contatto fisico con lei?
All’inizio il racconto sembra molto lento e un po’ noioso, ma poi ci si appassiona anche perchè penso che l’intento della scrittrice fosse non tanto quello di costruire un romanzo su un terribile segreto, ma quello di ricostruire la Torino inizio Novecento: le sue strade, i suoi parchi, i suoi quartieri, i suoi abitanti e la passione molto diffusa a quei tempi verso tutti gli esperimento di ipnosi e spiritismo (erano molto celebre in quei tempi gli esperimenti di Eusapia Palladino).
Il linguaggio, soprattutto del maggiordomo, è molto ricercato e la ricostruzione della ricca borghesia torinese alla ricerca di emozioni nel paranormale mi sembra decisamente ben fatta.
Bello!
La quarantaduesima carta - Elisabetta Chicco
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