Pur essendo ambientato a Chicago, è l’Egitto con la sua cultura e le sue contraddizioni il vero protagonista di questo romanzo.
Ambientato nell’Università di Medicina, il romanzo racconta la vita di alcuni egiziani trasferiti a Chicago per studiare medicina e istologia e conseguire la specializzazione. Tanti sono i personaggi e tante le storie, ma uno è l’aspetto comune: lo scontro culturale tra due tradizioni così diverse e la difficoltà di adattamento allo stile di vita americano.
Troviamo il Prof. Ra’fat che ha rifiutato l’Egitto e la sua cultura che considera troppo arretrata e ritiene di essersi perfettamente integrato negli Stati Unti: ma le sue certezze saranno travolte dal terribile dramma familiare che lo colpisce.
Il Prof. Salah vive da trent’anni in America con il rimorso di aver abbandonato il suo paese: pensa di non aver avuto scelta perché in Egitto non avrebbe potuto affermarsi vista la forte repressione, ma il ripianto di aver perso la patria e l’amore della sua vita gli avvelena l’esistenza. Quando poi si presenterà l’occasione di riscatto per poter dimostrare che non è stato un vigliacco, non riuscirà a coglierla.
Il meschino Danana sopravvive all’Università non per meriti ma grazie alle sue connivenze con i servizi segreti egiziani: quello che spaccia per patriottismo è in realtà opportunismo politico e vigliaccheria
Lo studente Tarek incontra Shaima’ e iniziano una relazione nonostante i tabù e la cultura egiziana che impediscono i rapporti prematrimoniali. Lei è dilaniata dall’amore per lui e dalla forte volontà di non venir meno ai precetti della religione e delle tradizioni culturali e familiari. Dopo essersi convinta di non fare nulla di male grazie all’opera di persuasione di Tarek con tanto di rilettura dei precetti religiosi a proprio piacimento, scoprirà di essere stata usata dal suo vigliacco amante.
Il Prof. Karam è un egiziano copto che è dovuto scappare dall’Egitto a causa della discriminazione religiosa: in America riesce a diventare un bravissimo e famoso cardiochirurgo, ma nell’animo rimane la tristezza di essere dovuto emigrare e di non aver potuto sfruttare le sue grandi abilità mediche per il suo popolo. La discriminazione religiosa subita però non gli ha tolta la voglia di tornare e di fare qualcosa per il suo amato Egitto.
Lo studente Naghi in realtà è un poeta rivoluzionario e la medicina è solo un modo per sopravvivere: è un idealista e vuole cambiare l’Egitto. Lui è il personaggio più fortemente politicizzato che condanna aspramente il regime dittatoriale. Sono molto interessanti le sue riflessioni sull’Islam progressista e non intollerante, su come nel Corano si professi la tolleranza per tutte le religioni e come le guerre sante siano in realtà uno strumento di oppressione politica. Non è l’intolleranza religiosa il problema, ma la mancanza di democrazia e la forte oppressione politica che perseguita i dissidenti e spinge i migliori a lasciare l’Egitto per poter studiare e affermarsi. E’ convinto che sia proprio la mancanza di libertà ad impedire all’Egitto di progredire, Egitto che aveva dimostrato nell’antichità tutto il suo splendore e le sue potenzialità. Troverà il sistema di lottare per la patria anche dall’America. E’ sicuramente la figura più positiva del romanzo e uno dei maggiori pregi del libro è proprio quello di veder tutte le contraddizioni dell’uomo, fosse anche del migliore, per cui anche lui cade nel razzismo e nei luoghi comuni.
A far sfondo alla comunità egiziana, ritroviamo alcuni americani che si confrontano e “scontrano” con gli stranieri e la loro cultura.
E’ un romanzo quindi a più voci e nonostante una scrittura un po’ fredda, ci si appassiona a questi personaggi e ci sembra di conoscerli da sempre e di poter capire il loro amore verso l’Egitto perché è il rimpianto e l’orgoglio che ogni emigrato prova nei confronti della sua patria. L’autore è molto duro nel condannare la politica autoritaria dell’Egitto e non è certo tenero nei confronti dei protagonisti egiziani del suo romanzo, ma proprio per questo i personaggi sono così veri da sembrarci dei conoscenti.
Insomma: un libro molto bello.
Chicago di Ala Al-Aswani
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e lo si percepisce dalla lettura perchè il romanzo non è solo molto preciso e dettagliato, ma ti dà la sensazione di qualcosa vissuto personalmente dall'autore.dentro questo libro c'è molto della sua esperienza di vita americana.
L'autore ha commentato qualcosa sulle sue posizioni politiche e su come è stato accolto il romanzo in Egitto?
Beh considerando le vendite di "Palazzo Yacoubian" (che non solo pare essere il secondo libro più venduto nel mondo arabo dopo il Corano, ma è stato per 5 anni in vetta alle classifiche di vendita in Egitto, scalzato ora solo da "Chicago") direi molto bene, infatti diceva che questo romanzo ha già venduto più di quanto non abbia fatto il precedente (che non sono gli unici scritti, in totale son tre, ma uno non è ancora stato tradotto).
Va detto anche che, nonostante non riesca a vivere dei suoi libri (cosa che a suo dire è impossibile nel mondo arabo Al-Aswani esercita tuttora la professione di dentista), è molto famoso in Egitto, e da molti è considerato l'erede di Mafuz, quindi non c'è troppo da stupirsi del successo riscosso.
Quanto alle sue posizioni politiche devo dire che sulla situazione egiziana non si è soffermato molto, fondamentalmente si è soffermato sul fatto che sia troppo corrotta Più in generale invece, a riguardo del problema del terrorismo islamico, cercava di far capire come in realtà spesso il mondo occidentale dimentichi che non ci sono delle vere democrazie nel mondo arabo. Anche quei paesi che sono "alleati" dell'occidente sono dei regimi, e in queste situazioni è difficile che si possa instaurare un vero dialogo e che si possa capire che non c'è da temere una persona solo per la sua religione. Però democrazia vera non è neanche quella esportata da Bush o comunque dagli Stati Uniti, che di fatto è un regime controllato da multinazionali (in questo senso faceva anche l'esempio del golpe cileno finanziato da una multinazionale).
Molto interessante, in questo contesto, è il ruolo che lui attribuisce alla letteratura. In un mondo dove i media sono di fatto controllati da chi detiene il potere (figura politica o multinazionali) facendo quindi passare solo quei messaggi che risultano utili ad una determinata visione politica, sta alla letterature e quindi allo scrittore raccontare la vita quotidiana della gente, riportare il tutto all'umanità delle singole persone, della gente comune, per evitare che si generino falsi mostri.
"Palazzo Yacoubian" voleva far vedere com'è una fetta del mondo islamico oggi, "Chicago" vorrebbe fare la stessa cosa con gli Stati Uniti.
Devo dire che personalmente non concordo pienamente con questa visione, che per certi versi rischia di diventare pericolosa (in Italia, per dirne una, molto del sentimento anti islamico prende forza proprio da alcuni libri, quelli della Fallaci).
Però mi ha incuriosito molto come in alcune fette del mondo anche gli scrittori si sentano investiti di un ruolo sociale rilevante (anche Grossman ne parlava), molto più che non ad esempio gli scrittori delle democrazie occidentali (Moccia chissà se si sente investito di un qualche ruolo sociale )
Va detto anche che, nonostante non riesca a vivere dei suoi libri (cosa che a suo dire è impossibile nel mondo arabo Al-Aswani esercita tuttora la professione di dentista), è molto famoso in Egitto, e da molti è considerato l'erede di Mafuz, quindi non c'è troppo da stupirsi del successo riscosso.
Quanto alle sue posizioni politiche devo dire che sulla situazione egiziana non si è soffermato molto, fondamentalmente si è soffermato sul fatto che sia troppo corrotta Più in generale invece, a riguardo del problema del terrorismo islamico, cercava di far capire come in realtà spesso il mondo occidentale dimentichi che non ci sono delle vere democrazie nel mondo arabo. Anche quei paesi che sono "alleati" dell'occidente sono dei regimi, e in queste situazioni è difficile che si possa instaurare un vero dialogo e che si possa capire che non c'è da temere una persona solo per la sua religione. Però democrazia vera non è neanche quella esportata da Bush o comunque dagli Stati Uniti, che di fatto è un regime controllato da multinazionali (in questo senso faceva anche l'esempio del golpe cileno finanziato da una multinazionale).
Molto interessante, in questo contesto, è il ruolo che lui attribuisce alla letteratura. In un mondo dove i media sono di fatto controllati da chi detiene il potere (figura politica o multinazionali) facendo quindi passare solo quei messaggi che risultano utili ad una determinata visione politica, sta alla letterature e quindi allo scrittore raccontare la vita quotidiana della gente, riportare il tutto all'umanità delle singole persone, della gente comune, per evitare che si generino falsi mostri.
"Palazzo Yacoubian" voleva far vedere com'è una fetta del mondo islamico oggi, "Chicago" vorrebbe fare la stessa cosa con gli Stati Uniti.
Devo dire che personalmente non concordo pienamente con questa visione, che per certi versi rischia di diventare pericolosa (in Italia, per dirne una, molto del sentimento anti islamico prende forza proprio da alcuni libri, quelli della Fallaci).
Però mi ha incuriosito molto come in alcune fette del mondo anche gli scrittori si sentano investiti di un ruolo sociale rilevante (anche Grossman ne parlava), molto più che non ad esempio gli scrittori delle democrazie occidentali (Moccia chissà se si sente investito di un qualche ruolo sociale )
So many books, so little time...
- Iorek Byrnison
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- Iscritto il: ven nov 21, 2003 6:05 pm
- Località: Graz, Austria. No, non ho perso una scommessa.
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Leggere il libro di un dentista arabo di Chicago sembra una barzelletta triste.
Cos'ha scritto in quarta di copertina "Scrittore, editore ed odontoiatra"?*
*= letto davvero su una quarta di copertina.
Cos'ha scritto in quarta di copertina "Scrittore, editore ed odontoiatra"?*
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This 3d has been Ioreked. Have a nice day.
Nel forum ci sguazzo come un bisonte insaponato sui binari del metrò.
Per un punto Martin perse la cappa. Prima si chiamava Martink (IB)
Tom Cruise dice le bugie (DP)
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