Con il gioco, ormai non più originale, dei capitoli alternati distanti almeno quattro secoli, la Chevalier ci mostra in parallelo le storie di Isabelle (in Francia e in Svizzera nel XVI secolo) e di Ella (in Francia e in Svizzera, sebbene americana, ai giorni nostri).
Che tra le due donne vi sia un legame di discendenza lo si capisce molto presto (e pare pure ridondante il fatto che l’autrice più volte sottolinei il ripetersi degli stessi nomi nella discendenza della famiglia Tournier); che le loro vite siano accomunate da esperienze simili (come quella di vivere a fianco di un uomo inadatto a loro, quella di essere vittima di pregiudizi da parte dei concittadini e quella di esercitare l’attività di ostetrica) lo si scopre senza meraviglia.
L’attività di ricerca condotta da Ella in merito alle proprie origini francesi, che probabilmente nell’intento della scrittrice doveva apparire funzionale al graduale disvelarsi di questi punti di contatto, mi è sembrata invece fin da subito un artificio posto al servizio della manifesta circolarità della struttura narrativa: in sintesi, se la Chevalier intendeva accompagnare progressivamente il lettore, sorprendendolo, verso il disvelarsi del legame tra le due donne, con me non ci è riuscita.
Anzi: la diluizione della storia ambientata ai nostri giorni con inutili, a mio parere, farciture da romance ha avuto come unica ricaduta quella di un notevole disinteresse. E il trattamento frettoloso riservato a momenti salienti della storia ambientata nel Cinquecento mi ha delusa.
Tanta precisione nel descrivere le sensazioni paranormali e gli incubi che accomunano Isabelle ed Ella (e non solo loro) e poi, quando si tratta di stringere l’inquadratura sui fatti più drammatici (o addirittura macabri), una dissolvenza (se vogliamo ricorrere ad un termine cinematografico) che stempera senza chiarire, lasciando nebulosi non solo gli esiti ma anche i passaggi ad essi prodromici.
Peccato, perché la trama avrebbe potuto essere sviluppata in modo molto più interessante e perché all’autrice non mancano doti di sensibilità e descrittive, come dimostra ad esempio il seguente passo, centrale in quanto al particolare tono di azzurro di cui si tratta è dedicato il titolo stesso:
“È come se fosse diviso in due: in superficie il colore è più chiaro e luminoso e … […] … cambia con la luce. Ma sotto quella luce si cela una tonalità più cupa, oscura. Le due sfumature lottano fra loro, ed è proprio questo a rendere il colore così vivo e indimenticabile. Perché, vedi, è un azzurro bellissimo, però anche triste, forse per ricordarci che la Vergine piange sempre la morte di suo figlio, fin dal momento in cui il bimbo viene al mondo. Come se conoscesse in anticipo la sua sorte. Eppure anche dopo che lui è morto l’azzurro rimane meraviglioso, pieno di speranza. Sembra dire che niente è come appare, che le tenebre si nascondono sempre dietro la luce”.
P.S. - Sarebbe possibile correggere il titolo di questo thread ? Il titolo esatto del libro, nell'edizione italiana, è "La Vergine
azzurra". Grazie
