Finalmente la Mondadori si è decisa a tradurre l'ultima fatica di Neil, che poi sarebbe il seguito (o giù di lì) di American Gods, giacché i ragazzi del titolo sono i figlioli del Mr. Nancy che furoreggiava in quel libro.
L'ho scoperto oggi in Feltrinelli - devo dire che mi ha un po' salvato la giornata - e non ho resistito, così come non ho resistito all'idea di aprire questa discussione anche se non l'ho ancora letto...

Quando il papà di Ciccio Charlie dava un nomignolo a qualcuno, quel nomignolo rimaneva appiccicato per sempre. Proprio come quando chiamò "Ciccio Charlie" suo figlio, appunto. Anche adesso, a vent'anni di distanza, Charlie Nancy, remissivo, imbranato, grigio e noioso impiegatuccio inglese, non riesce a scuotersi di dosso quel maledetto nomignolo, uno dei tanti imbarazzanti lasciti che il padre gli ha fatto prima di cadere stecchito durante una farneticante session di karaoke dall'altra parte dell'oceano. Ma il vero guaio è che Mr Nancy ha lasciato in eredità a Ciccio anche parecchie altre cose di cui lui non sospetta nemmeno lontanamente l'esistenza. come l'estraneo alto e di bell'aspetto che gli bussa alla porta di casa rivelandogli di punto in bianco di essere il fratello che lui non ha mai conosciuto. Un fratello diverso da Charlie quanto il giorno lo è dalla notte, che gli insegnerà il modo di "lasciarsi un po' andare" e per divertirsi, proprio come faceva il Caro Vecchio Papà. E tutto d'un tratto la vita di Ciccio Charlie si fa estremamente interessante. Fin troppo. Perché - dovete sapere - il papà di Charlie non era un papà qualunque. Era una potentissima divinità africana beffarda e dissacratrice, il Dio-Ragno Anansi: lo spirto della ribellione, in grado di sovvertire l'ordine sociale, di creare enormi ricchezze dal nulla e di prendersi gioco del Diavolo e della Morte stessa...
Di ritorno su quel territorio così brillantemente esplorato nel suo magistrale best-seller American Gods, Gaiman ci offre un'opera affascinante e geniale, un viaggio alle radici del mito, che è al contempo sorprendente, terrificante e divertentissimo. Una storia di famiglie strampalate, di profezie funeste, di divinità vendicative e terribili, di agrumi tropicali e di uccelli che uccidono...
EDIT: posto anche qui la recensione che appare qualche messaggio più in basso, tanto per non costringere gli interessati a spulciare le pagine
Complice l'insonnia dovuta al caldo, la notte scorsa ho finalmente finito Anansi Boys: solo adesso ho visto la recensione nel sito di Devil (che trovo parecchio carino) e devo dire che sono d'accordo su molte cose.
Devo ancora capire se il fatto di trovarmi di fronte a qualcosa che, nonostante le premesse, con American Gods aveva proprio poco a che vedere mi abbia più deluso o incuriosito. Idem per il tono da commedia che Gaiman ha volutamente impresso a fuoco nelle prime 150 pagine. Effettivamente la prima parte si legge con grandissima facilità, e Ciccio Charlie si rivela essere il personaggio più deliziosamente imbarazzante, imbarazzato e imbarazzabile visto ultimamente in circolazione tra le pagine di un libro. Alzi la mano chi non si immedesima nella descrizione dei sintomi del suo imbarazzo all'approssimarsi di immagini sconvenienti sullo schermo della tv.
Però, insomma, a lungo andare si ha davvero la sensazione di essere alle prese con una semplice commedia degli equivoci, in cui per di più non succede quasi nulla di significativo. In questa parte del romanzo quel che tiene viva la lettura è soprattutto il tono molto divertito e divertente che Gaiman usa per raccontare il crollo della vita e delle certezze di Ciccio Charlie.
Proprio nel momento in cui la mitologia sembra cominciare a farla da padrone ci si rende conto che questo libro è lontanissimo parente di American Gods: c'è un minimo accenno a divinità di pantheon minori, oltretutto pochissimo delineate, e il tutto si risolve in un frettoloso ritorno nella nostra realtà. In cui per fortuna non mancano spettri inconsapevoli, cattivi senza scrupoli, eroiche poliziotte e vecchie fattucchiere ancora in piena forma.
E' verso la fine, a una settantina di pagine dalla conclusione, che la storia si impenna di nuovo: probabilmente perché tutte le trame convergono in un unico punto (narrativo e geografico), anche se forse solo la consapevolezza di trovarsi all'interno di una vicenda in parte umoristica ci fa accettare l'infinita serie di coincidenze che portano a compimento la trama. Però il gioco di specchi tra il mondo reale e il mondo-alla-fine-del-mondo e l'intrecciarsi delle vicende umane con quelle semidivine ci riportano alla mente i luoghi comuni dei racconti di Gaiman. Soprattutto, c'è la sensazione di trovarsi davvero al centro della ragnatela da cui si dipanano tutte le storie mai raccontate, e questo è il filo conduttore di tutta la narrazione: Gaiman ha solo rinunciato (in parte) a raccontare una delle sue solite storie, ma solo perché si è reso definitivamente conto che le storie sono troppe e troppo belle per rinunciare a raccontarne di nuove.
Questa consapevolezza non riduce i difetti del libro: che stanno in una trama un po' finta, fatta di coincidenze improbabili, soluzioni scontate e personaggi un po' stereotipati. Per questo nella mia classifica dei romanzi di Gaiman (ne ho letti solo 3 ) Anansi Boys si piazza al terzo posto, dietro Nessun Dove e American Gods. Non è assolutamente un brutto libro, ma chi ha scritto sulla copertina che si tratta dell'opera più dark di Gaiman forse non ha letto il resto della sua produzione...