Proverò a mettere da parte la tristezza che comunque condivido.
All'università ho avuto la fortuna di seguire un corso di relazioni internazionali incentrato sulla diplomazia e la politica americana nel novecento, tenuto da un docente veramente valido (e infatti ha più di 50 anni ma non è ancora un professore ordinario, ma un ricercatore... ma questo è un altro discorso!)
Ricordo che uno dei fattori importanti per comprendere l'atteggiamento degli elettori americani è da sempre storicamente stato, nei momenti di criticità internazionali, la tendenza "to rally around the president", ovvero: stringersi intorno al proprio presidente, affettuosamente quasi, a prescindere dalla politica interna da lui portata avanti.
Vedono nel loro presidente, e queste elezioni ne sono la conferma, qualcuno che non può essere abbandonato a costo di perdonargli tutti gli errori. Diciamo che c'è una sospensione di giudizio, che porta facilmente alla rielezione: l'avversario è visto come colui che ritira il proprio sostegno all'america in un momento difficile.
Non si sono mai avuti casi in cui con una guerra in corso sia stato cambiata l'appartenenza repubblicana o democratica del presidente.
Le campagne elettorali "di guerra" si concentrano quindi sui valori: due o tre parole chiave capaci di far dimenticare gli aspetti pratici e reali del problema. Il contribuente USa è disposto a mandar giù un deficit spaventoso, la "working class" è disposta a accettare un presidente che rema contro i propri interessi favorendo a livello economico e fiscale i ricchi... perchè il presidente proclama e difende dei VALORI che danno sicurezza, che ti fanno pensare "almeno so cosa mi propone quest'uomo, invece dal suo avversario chissà cosa potrei aspettarmi..."
Dopodiche, quello che mi fa veramente specie di questa rielezione è pensare appunto a questi valori per cui gli americani hanno votato.
Fermo restando che sono i LORO valori, democraticamente scelti, mi dispiace pensare che un paese così grande e popoloso, in nome di una scelta valoriale da più parti definita "fondamentalista"
- permette a chiunque di possedere liberamente armi
- finanzia solo le ong e i progetti che non prevedono la pianificazione familiare
- mette in discussione seriamente il diritto all'aborto e mette il naso nelle abitudini intime della gente
- approva il Patriot Act
- crea Guantanamo
- porta avanti senza preoccuparsi politiche che remano contro il tribunale internazionale, il protocollo di Kyoto, l'equa distribuzione della ricchezza
- è convinto che la democrazia si possa esportare come i maglioni
- è convinto della legittimità di mentire all'opinione pubblica internazionale e interna per perseguire le proprie politiche
Eccetera...
Ma queste cose sono per la gran parte espressione di tendenze globali che non riguardano l'America in quanto tale, quanto l'intero assunto su cui si fonda l'attuale situazione del mondo, diciamo "il sistema"... come dicevano una volta...
In questo senso non è all'America che dobbiamo guardare con tristezza, quanto come giustamente diceva anche qualcuno prima su questo thread, alle altre istituzioni che governano l'economia e NON SONO democraticamente elette.
Ma mi fa anche piacere pensare che c'è comunque un 48% della popolazione che vorrebbe cambiare questo stato di cose e ci ha provato. Penso che dovremmo fare affidamento sulle loro energie e sulla democrazia che, nonostante tutto, in america è ancora una cosa reale e seria (dal mio punto di vista, per lo meno).
Scusate la lunghezza e il tono un po' professorale del mio intervento
