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(mandatemi una mail, please)
vi incollo una breve intervista ad Arne Bellstorf
1. La classica domanda: puoi presentarti e dirci che tipo di lavoro stai conducendo?
Disegno fumetti fin da bambino, ma non ho mai pensato di poter diventare un professionista fino a quando non ho incontrato Anke Feuchtenberger, quando seguivo il suo corso di illustrazione ad Amburgo. Il mio esame conclusivo fu il mio primo libro a fumetti, “otto, nove, dieci”, che è anche stata la mia prima storia più lunga di dieci pagine.
Oggi lavoro come illustratore freelance e come disegnatore di fumetti, il mio lavoro è stato pubblicato in diverse riviste e giornali. Assieme a Sascha Hommer ho fondato una piccola casa editrice, Kiki Post, che ora fa parte della Reprodukt, la più grande casa editrice tedesca di fumetto indipendente. Da circa un anno realizzo una serie a fumetti pubblicando una pagina per volta in un quotidiano tedesco.
2. Ho notato che il tuo stile cambia, dal tuo romanzo a fumetti “Otto, nove, dieci”, le illustrazioni per “Wir sind besorgt” e le altre illustrazioni per la rivista “Orang”. Qual è lo stile con cui ti senti a tuo agio e come scegli uno stile specifico?
Questo è davvero difficile da spiegare. Mi piace lavorare con stili diversi e di tanto in tanto esplorare una nuova tecnica, ma dipende dalle cose che voglio raccontare… se si tratta di una storia più complessa o di una illustrazione di atmosfera, naturalmente. Il fatto è che nel disegno mi piacciono le linee chiare e non penso che cambierò mai il mio stile per uno più schizzato o espressivo. Ma onestamente, la maggior parte delle differenze che puoi notare sono dovute alla naturale evoluzione del mio modo di disegnare, con il passare del tempo. “Otto, nove, dieci” è stato concluso nell’estate del 2005, dopo un periodo molto faticoso e stressante, il mio lavoro per “Orang” fino al n. 5 era stato fatto prima di quello. Da allora credo di aver imparato e cambiato molto…
3. Sebbene la storia che racconti in “Otto, nove, dieci” sia profondamente “tedesca” per quello sfondo e quell’ambientazione specifica che descrivi, mi sembra che ci siano delle altre influenze, soprattutto per il tono del racconto. Quali sono quindi le tue influenze e quali sono gli autori che guardi?
L’atmosfera e lo sfondo di periferia li puoi ovviaemnte trovare nelle storie di Daniel Clowes, Adrian Tomine e (il più influente per me) Chris Ware. Questi autori e i loro libri sono stati i più importanti e quelli che ho letto più frequentemente nella mia vita finora. Quando ho letto per la prima volta Chris Ware ho pensato immediatamente: “Questo è esattamente come guardo alle cose e quello che provo. Comunque, penso che “otto, nove, dieci” sia infatti uno sguardo tedesco alla vita adolescenziale in una piccola città: non c’è la sottocultura e non c’è possibilità di fuga verso un posto più bello come in “Ghost world” di Daniel Clowes. Ho cercato di mostrare come appare la vera noia in un ordinato e pulito quartiere tedesco e cosa accade a un adolescente perduto…
4. Ultima domanda: hai mai sentito parlare del “bookcrossing” e cosa pensi di questo fenomeno?
Ne ho sentito parlare, ma non ci sono mai entrato a contatto. Ma penso che sia una buona idea per diffondere i libri e far conoscere alcuni di quelli nuovi.