Il mistero di Edwin Drood - Charles Dickens (e L. Garfield)

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Rodolfo II
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Il mistero di Edwin Drood - Charles Dickens (e L. Garfield)

Messaggio da Rodolfo II »

Il Mistero di Edwin Drood in realtà non è uno solo. Questo è l’ultimo libro scritto da Dickens, e l’autore non è riuscito nemmeno a portarlo a termine, perché la morte lo ha colto prima che riuscisse a dipanare il mistero sulla fine del personaggio che dà il nome al romanzo.

Dunque i misteri sono due, se non di più: chi ha ucciso il giovane Drood? E soprattutto, quale soluzione aveva in mente Dickens? Non lo sappiamo, e non lo sapremo mai, perché non è rimasta traccia dei suoi progetti futuri, dello sviluppo della trama e della risoluzione del mistero. Non resta che godersi le ultime, imperfette pagine dell’autore di “Grandi Speranze” e di altri capolavori, e accettare di buon grado l’ipotesi avanzata da Leon Garfield, a sua volta stimato scrittore britannico (soprattutto di storie per ragazzi) nonché devoto lettore di Dickens stesso.

A dire la verità, leggendo il romanzo si ha l’impressione che a Dickens del giallo non importi proprio nulla, o quasi. Il suo interesse principale è quello di raccontarci una storia con dei personaggi interessanti: il vecchio Charles si prende tutto il tempo che gli serve, quasi fosse seduto sulla sua poltrona preferita di fronte al camino, e ci fa sfilare sotto gli occhi una parata di personaggi strani, bizzarri, stralunati, ognuno con i suoi tic e i suoi difetti, tutti capaci di strapparci un sorriso e di rimanere impressi prima che nella memoria nel cuore.

Come dimenticare il vecchio scalpellino ubriaco che va a zonzo per Cloisterham, di notte, e paga un monello di strada affinché lo conduca fino a casa a forza di sassate in fronte? Oppure il vecchio e saggio avvocato così arido e spigoloso (come si definisce lui stesso, e forse l’autosuggestione acuisce i suoi difetti) da presentarsi a colloquio con la sua pupilla (ormai prossima al matrimonio) armato di un bigliettino su cui ha appuntato gli argomenti da affrontare, da quelli più materiali a quelli più delicati e personali, come fossero una lista della spesa, e che li spunta come fossero davvero dei prodotti ormai entrati nel carrello del supermercato? O ancora la vecchia e sgrammaticata, commovente venditrice di oppio; il Canonico Crisparkle oppresso da una madre troppo protettiva ma comunque così in gamba da risultare alla fine, forse, il vero eroe di un romanzo comunque senza eroi; il filantropo crudelmente sbeffeggiato (insieme alla intera sua categoria) da Dickens, un filantropo solo di nome, che vorrebbe costringere tutti gli esseri umani a diventare come lui, contravvenendo in maniera grottesca a quella che dovrebbe essere la sua missione; il timido impiegato londinese, sempre defilato e sottomesso che sogna il successo teatrale, ma che nemmeno nel lieto fine riesce a esaudire il suo sogno, pur scoprendo di essere circondato da veri amici; il sindaco di Clisterham, un tronfio pallone gonfiato sospeso tra lo struggente ricordo dei fasti della sua casata e della moglie scomparsa e la ricerca di qualche giovane che prenda il suo posto; e via via tanti altri che accompagnano il lettore in un mondo tutto sommato felice, spensierato e in cui è piacevole passare qualche ora, o magari qualche tempo.

Agli antipodi, poi, stanno quelli che dovrebbero essere i veri protagonisti del romanzo: Edwin Drood, giovane ingegnere neolaureato che deve sposare la giovane Rosa, a lui promessa fin da bambina, ma per cui prova un sentimento molto tormentato e per nulla definito; e John Jaspers, sinistro maestro del Coro della cattedrale, zio di Edwin ma poco più vecchio di lui, che prova una sinistra attrazione per la stessa Rosa. Del primo sappiamo pochissimo, Dickens fa poco per farcelo amare, forse perché lo caratterizza come un giovane della sua età, pieno di dubbi, ripensamenti e tormenti che cerca di nascondere dietro un comportamento spavaldo e sicuro di sé. Lo amiamo talmente poco che poco lo rimpiangiamo, una volta che viene annunciata la sua scomparsa (la sua morte? Leggete il libro e lo saprete). Jaspers invece si aggira inquietante per tutto il romanzo, e lo troviamo ora al suo posto nella casa di Dio, a dirigere il coro della Cattedrale oppure a impartire lezioni di canto alle giovani del collegio femminile, ora nelle più sordide fumerie d’oppio dell’East End londinese, perso tra i vapori della droga e i vaneggiamenti di un cuore infranto. Ma si tratta veramente della stessa persona? E cosa c’entra lo zio con la scomparsa del nipote? La risposta di Dickens non la sapremo mai, e allora ascoltiamo quella di Garfield.

Va detto che il balzo tra i due si sente tutto, e non tanto perché il valore degli autori non è nemmeno paragonabile, quanto per l’approccio alla materia narrata. Per Garfield il giallo è tutto o quasi, e sente pressante il compito di riunire gli indizi lasciati dall’illustre predecessore per giungere a una fine logica. Un personaggio deliziosamente indefinito come mister Datchery diventa, per Garfield, una sorta di Sherlock Holmes (anche se non privo di originalità), il ritmo della narrazione si fa più rapido, le divagazioni più sporadiche e la caratterizzazione dei personaggi perde brillantezza: va però detto che il grosso del lavoro era già stato fatto da Dickens, e che magari egli stesso si sarebbe diretto con più fretta verso la soluzione del mistero.

Anche se, quindi, con il passaggio forzato di consegne la brillantezza del romanzo non rimane la stessa, Garfield riesce comunque qua e là a farci sorridere, e in un caso pure a commuovere un po’: assistere al colloquio tra il Canonico Crisparkle e il colpevole (non sperate che vi dica chi è!) ormai inchiodato alle sue responsabilità dopo pagine e pagine di allucinata ricerca della verità ti fa provare un po’ di compassione per una psiche devastata, scissa, non si sa fino a che punto veramente responsabile delle azioni compiute. Perché, forse, è come se certe azioni non le avesse veramente compiute.

Questo libro non è perfetto, e forse lo stesso Dickens lo avrebbe aggiustato in più punti. Lo stile, nella prima parte, è molto farraginoso, ma credo che la colpa sia anche della traduzione che, pur giustificandosi con una nota a mio parere abbastanza allucinante, ha reso un cattivo servizio al romanzo. Prima di farti catturare devi leggere parecchie pagine, poi la bellezza e l’umanità dei personaggi hanno la meglio e non ti importa più di dover rileggere più volte lo stesso paragrafo per capirlo bene. Non credo che sia un difetto di Dickens: anche se non ho letto praticamente null’altro di suo, persone degne di fede mi hanno detto che il suo stile è assolutamente limpido.

In ogni caso, il mio giudizio su questo autore è assolutamente positivo: e se mi è piaciuto un romanzo incompiuto e un po’ atipico, immagino cosa proverò quando leggerò i suoi capolavori riconosciuti (c’è Grandi Speranze che mi aspetta!).
E tu vuoi viaggiarle insieme, vuoi viaggiarle insieme ciecamente perché sai che le hai toccato il corpo, il suo corpo perfetto con la mente. (FdA)) - La cosa che più mi piace fare è niente. (WtP) - Ma conosco le coincidenze del 60 notturno, lo prendo sempre per venire da te (RG) Immagine La mia Wishlist
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Marcello Basie
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Messaggio da Marcello Basie »

A questo proposito, consiglio "La verita' sul caso D.", di Fruttero & Lucentini, in cui si esamina appunto l'ultimo romanzo di Dickens, incompiuto a causa della morte dell'autore, di cui si cerca di trovare la soluzione...

A+

Marcello
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Rodolfo II
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Messaggio da Rodolfo II »

Grazie mille per la segnalazione! In effetti me ne aveva parlato Carmilla, e mi aveva parecchio incuriosito: penso proprio che gli darò un'occhiata! :D
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Carmilla
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Messaggio da Carmilla »

Rodolfo ha scritto:quasi fosse seduto sulla sua poltrona preferita di fronte al camino, e ci fa sfilare sotto gli occhi una parata di personaggi strani, bizzarri, stralunati, ognuno con i suoi tic e i suoi difetti, tutti capaci di strapparci un sorriso e di rimanere impressi prima che nella memoria nel cuore.

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:wink:
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Rodolfo II
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Messaggio da Rodolfo II »

Proprio così lo immaginavo! :D

Pantofole comprese... :P :lol:
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