Vi picchio? Nel senso: vi dò un sacco di mazzate virtuali??
No, non posso farlo, siete bookcorsari, quindi vi voglio automaticamente bene
Però fate di tutta l'erba un fascio, e questo lo dico dopo essermi spulciata tutti i post.
Che ci siano libri massacrati ignominiosamente quando vengono resi in una lingua altra, a cominciare dal titolo, è incontrovertibile quanto la forza di gravità.
Ma vorrei fare alcune precisazioni.
In Italia
non esiste un albo dei traduttori.
Ne scaturisce che chiunque può esercitare il mestiere, dal madrelingua straniero (il quale non sempre conosce bene l'italiano) al laureato in lingue al diplomato della scuola di interpreti e traduttori.
Non c'è praticantato.
Non ci sono corsi di formazione specialistica - a parte poche eccezioni.
Mancando l'albo, manca anche una tutela economica della categoria. Non essendoci dei minimi prestabiliti, mentre il professionista affermato (pochissimi nel sottobosco del mondo "traduttoriale") o il traduttore giurato possono pretendere il giusto compenso per la propria attività, il neofita accetta anche tariffe da strozzinaggio (che spesso demotivano, a detrimento della qualità) e consentono a chi "offre" lavoro di fare il bello ed il cattivo tempo.
Oltre questo dato, tristemente oggettivo, c'è da aggiungere che alla stesura di un libro, foss'anche tradotto, partecipano l'editor (o redattore) e l'editore.
Il primo spesso non conosce la lingua di origine, lavora sul testo tradotto e interviene pesantemente, anche se non è competente, su quello.
Il secondo segue sopra-tutto le leggi di mercato (ed è lui a decidere il titolo del libro, non il traduttore: magari avessimo questo
potere!!).
Ulteriore elemento il fattore tempo: quasi mai ci è dato proporre una tempistica, proprio perchè ci sono delle scadenze di pubblicazione da rispettare.
E, ancora, questo si riconnette al punto uno, si predilige la "tecnica" a scapito della competenza.
Mi spiego: chi esce da una scuola di traduzione lo si ritiene più preparato rispetto ad un laureato in lingue. Non è quasi mai vero!
Ai primi vengono insegnate la velocità, le shortcut, gli escamotage, ma la conoscenza della propria lingua, la cultura, le sottigliezze stilistiche, la capacità di immedesimarsi in un testo e nel pensiero dell'autore non vengono minimamente prese in considerazione.
Non solo, la preparazione linguistica, filologica, letteraria, socio-culturale, persino storica che una università canonicamente fornisce, vengono bellamente bypassate.
Il che va anche bene per una traduzione specialistica ma rivela le sue voragini quando si opera su un testo letterario...
Last but not least: la figura del "negro": ovvero il ghost translator. Non tutti i professionisti vi ricorrono, ma alcuni sì. Quindi un libro che risulta essere tradotto dal tizio X spesso è stato lavorato da una o più persone, e il prodotto finale velocemente rivisto dal traduttore designato dalla casa editrice.
Certo persone, come Yasmina Melaouah* traduttrice ufficiale di Pennac, mai vi ricorrerebbero (e mi prostro davanti a lei perchè pur essendo di origine maghrebina rende Pennac divinamente!!), ma altri non si fanno gli stessi scrupoli.
Insomma non ci gettate pomodori marci addosso a prescindere.
Sarebbe, forse, e dico forse, più costruttivo scrivere all'editore.
Io l'ho fatto, con Sellerio, dopo aver letto "Vita sentimentale di un camionista" della Gimenez-Bartlett, che è stato reso davvero con i piedi!
Siamo gli utenti finali, teoricamente un potere ce l'abbiamo...
* Insegna alla "Scuola superiore di interpreti e traduttori" di Milano ma si è laureata in Lingue...