"I MONOLOGHI DELLA VAGINA " per i maschietti?
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"I MONOLOGHI DELLA VAGINA " per i maschietti?
Mi piacerebbe regalarlo ad un uomo, ma io non l'ho ancora letto...
Secondo voi come lo potrebbe prendere?
Che messaggio arriva da questi monologhi? Se non sbaglio alcuni sono ironici altri più duri, vero?
Secondo voi come lo potrebbe prendere?
Che messaggio arriva da questi monologhi? Se non sbaglio alcuni sono ironici altri più duri, vero?
Ultima modifica di zoe il mar mag 24, 2005 9:44 pm, modificato 2 volte in totale.


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Sai Eric, non sapevo che provenisse da lì questa citazione
Grazie, cute, no, non lo conosco per niente.. e quindi a quanto tu mi dici, non è il caso.. credevo che ci fossero alcuni capitoli si duri e che facessero pensare, ma anche alcuni leggeri ...
Quindi forse non è il caso...

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ah! sono preparatissima a quanto vedi
Ma da dove proviene?

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La citazione viene da South Park, se non sbaglio! 
del libro è stato fatto un ring, leggi i commenti maschili, magari ti aiutano a decidere!
http://www.bookcrossing.com/journal/1252985

del libro è stato fatto un ring, leggi i commenti maschili, magari ti aiutano a decidere!
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-...è solo che non ho tempo per leggere.
- Mi dispiace per te.
- Oh, non direi.Ci sono tanti altri modi per passare il tempo.
Giulio vorrebbe replicare che leggere non è "passare il tempo"...
(T. Avoledo)
cinefila integralista
Non inviatemi ring senza avvertire, grazie ^_^
- Mi dispiace per te.
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quindi è luttazzi o South Park


Therese, grazie della drittadel libro è stato fatto un ring, leggi i commenti maschili, magari ti aiutano a decidere!



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Re: "I MONOLOGHI DELLA VAGINA " per i maschietti?
Ho appena finito di rileggere questo libro, a cinque anni dalla prima lettura. Riporto qui sotto la recensione che ne feci allora sul mio blog, perché la mia opinione non è cambiata.
*
Questo libro mi aveva sempre incuriosito, ma la mia idea era che si trattasse di un libro divertente, e comunque piuttosto stupido. Non so dire da cosa derivasse questo pregiudizio. Sta di fatto che è totalmente sbagliato.
Ci sono certamente dei tratti simpatici, per esempio dove la Ensler chiede «Se la tua vagina si vestisse, che cosa indosserebbe?». Ma l’essenza del libro è fondamentalmente tragica.
La Ensler ha passato anni a intervistare donne di varia età e provenienza geografica e sociale. Alla fine ha messo insieme le risposte di tutte queste donne, scegliendo quelle che preferiva e mescolandole a volte tra loro, e ne ha ricavato dei monologhi. Il risultato è che nel libro c’è di tutto: tutto quello che ruota intorno alla vagina e alla donna. Dal monologo sui peli (per amare la propria vagina, bisogna amare anche i propri peli) a quello a più voci sulle mestruazioni, e poi stupri, percosse, violenze, transessuali, partorienti, lesbiche, donne che non avevano confidenza con la propria vagina e che possono ringraziare Eve Ensler per essere state liberate. Storie atroci come quelle delle donne di conforto, donne rapite e costrette alla schiavitù sessuale dai militari giapponesi fra il 1942 e il 1945. O come quelle delle donne stuprate durante la guerra dei Balcani. Ma anche quella della donna ormai anziana per sempre inibita dalla «inondazione» provata «là sotto» nella macchina del suo primo ragazzo, il quale poi l’aveva accusata di avergli sporcato il sedile. E tante, tante storie che non si possono sintetizzare qui in due parole, ognuna importante.
Ai monologhi la Ensler alterna i fatti: l’utilità del clitoride (‘unico organo che serve esclusivamente al piacere), i dati sulla mutilazione genitale femminile, quelli sulla “cura” della masturbazione.
L’intento di Eve Ensler è restituire dignità alle donne, far sì che esse si riapproprino del proprio corpo. Per questo dal 1998, anno di pubblicazione del libro, organizza il V-Day, una manifestazione culturale dove la donna, e con essa la vagina, riacquista se stessa, la propria centralità. Scopo è raccogliere fondi per aiutare le donne a uscire dalla spirale della violenza, ad esempio costruendo case in Africa dove le bambine si possono rifugiare per sfuggire alla mutilazione genitale.
Perché le donne si riappoprino del linguaggio che designa le parti del proprio corpo, a partire da “vagina”, per riappropriarsi così del proprio corpo stesso. Perché di quel linguaggio si approprino anche gli uomini. Perché nessuno più dica che è una parola «sporca», come la Ensler si sentiva rispondere quando protestava per la censura del titolo della sua pièce in I monologhi della v. Perché dire che è una parola sporca è un po’ come dire che è una zona del corpo sporca, che chi la possiede è sporca. Perché può sembrare una stupidaggine, ma censurare il linguaggio è il primo passo verso l’avallamento di comportamenti discriminatori se non, peggio, violenti nei confronti delle donne.
Io ho sempre detto «mestruazioni», per esempio. Mi è sempre sembrata una parola normale. Una sorta di conquista di un tassello di me. Perché io non mi vergogno del mio corpo, e censurare, dire «le mie cose» al posto di «mestruazioni» o «sotto» al posto di «vagina», secondo me significa vergognarsi di se stesse. E se ci si deve vergognare solo di ciò che è sbagliato, vuol dire che noi siamo sbagliate?
Le donne dovrebbero leggerlo obbligatoriamente. Gli uomini anche, o forse soprattutto loro. Al V-Day di Belgrado «è successa una cosa stupefacente: gli uomini piangevano… la maggior parte di loro riusciva a stento a definire cos’era successo… Hanno capito qualcosa. Non c’erano né rabbia né atteggiamenti difensivi».
(da: http://sonnenbarke.wordpress.com/2009/0 ... la-vagina/)
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Questo libro mi aveva sempre incuriosito, ma la mia idea era che si trattasse di un libro divertente, e comunque piuttosto stupido. Non so dire da cosa derivasse questo pregiudizio. Sta di fatto che è totalmente sbagliato.
Ci sono certamente dei tratti simpatici, per esempio dove la Ensler chiede «Se la tua vagina si vestisse, che cosa indosserebbe?». Ma l’essenza del libro è fondamentalmente tragica.
La Ensler ha passato anni a intervistare donne di varia età e provenienza geografica e sociale. Alla fine ha messo insieme le risposte di tutte queste donne, scegliendo quelle che preferiva e mescolandole a volte tra loro, e ne ha ricavato dei monologhi. Il risultato è che nel libro c’è di tutto: tutto quello che ruota intorno alla vagina e alla donna. Dal monologo sui peli (per amare la propria vagina, bisogna amare anche i propri peli) a quello a più voci sulle mestruazioni, e poi stupri, percosse, violenze, transessuali, partorienti, lesbiche, donne che non avevano confidenza con la propria vagina e che possono ringraziare Eve Ensler per essere state liberate. Storie atroci come quelle delle donne di conforto, donne rapite e costrette alla schiavitù sessuale dai militari giapponesi fra il 1942 e il 1945. O come quelle delle donne stuprate durante la guerra dei Balcani. Ma anche quella della donna ormai anziana per sempre inibita dalla «inondazione» provata «là sotto» nella macchina del suo primo ragazzo, il quale poi l’aveva accusata di avergli sporcato il sedile. E tante, tante storie che non si possono sintetizzare qui in due parole, ognuna importante.
Ai monologhi la Ensler alterna i fatti: l’utilità del clitoride (‘unico organo che serve esclusivamente al piacere), i dati sulla mutilazione genitale femminile, quelli sulla “cura” della masturbazione.
L’intento di Eve Ensler è restituire dignità alle donne, far sì che esse si riapproprino del proprio corpo. Per questo dal 1998, anno di pubblicazione del libro, organizza il V-Day, una manifestazione culturale dove la donna, e con essa la vagina, riacquista se stessa, la propria centralità. Scopo è raccogliere fondi per aiutare le donne a uscire dalla spirale della violenza, ad esempio costruendo case in Africa dove le bambine si possono rifugiare per sfuggire alla mutilazione genitale.
Perché le donne si riappoprino del linguaggio che designa le parti del proprio corpo, a partire da “vagina”, per riappropriarsi così del proprio corpo stesso. Perché di quel linguaggio si approprino anche gli uomini. Perché nessuno più dica che è una parola «sporca», come la Ensler si sentiva rispondere quando protestava per la censura del titolo della sua pièce in I monologhi della v. Perché dire che è una parola sporca è un po’ come dire che è una zona del corpo sporca, che chi la possiede è sporca. Perché può sembrare una stupidaggine, ma censurare il linguaggio è il primo passo verso l’avallamento di comportamenti discriminatori se non, peggio, violenti nei confronti delle donne.
Io ho sempre detto «mestruazioni», per esempio. Mi è sempre sembrata una parola normale. Una sorta di conquista di un tassello di me. Perché io non mi vergogno del mio corpo, e censurare, dire «le mie cose» al posto di «mestruazioni» o «sotto» al posto di «vagina», secondo me significa vergognarsi di se stesse. E se ci si deve vergognare solo di ciò che è sbagliato, vuol dire che noi siamo sbagliate?
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(da: http://sonnenbarke.wordpress.com/2009/0 ... la-vagina/)
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