Autore Kassir Samir
Prezzo € 8,00, pagg. IX + 91, Anno 2006, Editore Einaudi - gli Struzzi (Collana: Vele)
Appena lo avrò finito vi sapro dire. Intanto vi dico che Samir Kassir era un intellettuale libanese palestinese nato a Beirut nel 1960 e assassinato il 2 giugno 2005 da un commando terrorista a Beirut, dove viveva e lavorava come giornalista del quotidiano «An Nahar».
Il suo libro di riflessioni sulla crisi delle società arabe è diventato una sorta di testamento da quando è rimasto ucciso a Beirut in seguito a un attentato probabilmente organizzato da ambienti filosiriani nel giugno del 2005. Collaboratore di “Le Monde Diplomatique” insegnante di scienze politiche all'Università Saint Joseph ha ispirato la “primavera di Beirut” che chiedeva il ritiro delle truppe di Damasco dal paese dei cedri. Ed ecco il suo pensiero. L'incapacità araba di uscire dall'idea di un passato glorioso ormai perduto porta inevitabilmente all'infelicità. Questa idea impedisce di osservare i sussulti e i risvegli culturali che il mondo arabo ha attraversato anche negli ultimi anni. Si è perso molto nei confronti dell'Occidente ma i blocchi cui sono soggetti i paesi arabi sono legati alle strutture sociali ai rapporti di forza interni ed esterni e non possono trasformarsi in una difficoltà antropologica.
Inoltre vi riporto un interessante sondaggioSono ancora possibili dei rimedi è possibile forzare il destino a patto che gli arabi abbandonino il miraggio di un passato ineguagliabile e guardino in faccia la storia e i problemi del loro mondo. Si deve porre fine alla logica culturalista dello scontro frontale relativizzando lo statuto di vittime su cui le società arabe si sono adagiate. Bisognerebbe rifiutare le tesi di Huntington e ricordare Lévi Strauss. La civiltà non è un livello da raggiungere non ci sono gerarchie naturali prefissate l'umanità è una sola e riposa su un fondamento antropologico comune. Il suprematismo non è solo bianco e coloro che nelle società musulmane aderiscono all'islam radicale finiscono prigionieri di una tecnica di attacco il cui proselitismo si conquista attraverso la definizione dell'altro come decadente.
Notizia del 4 luglio 2006 - 07:19 Nella testa dei musulmani
Secondo un sondaggio la maggior parte di loro è convinta che l'11 settembre sia stato un "bluff" americano e appoggia Bin Laden e il terrorismo
Per saperlo, la scorsa primavera il Pew Research Center for the People & the Press ha condotto un sondaggio su vasta scala dal titolo "The Great Divide: How Westerners and Muslims View Each Other" ("La Grande Divisione: Come si Vedono gli Occidentali e i Musulmani"). Sono stati intervistati i musulmani appartenenti a due gruppi di paesi: sei dei quali a maggioranza musulmana da lunga data (Egitto, Indonesia, Giordania, Nigeria, Pakistan e Turchia) e quattro a minoranza musulmana (Francia, Germania, Gran Bretagna e Spagna).
Il sondaggio, che prende altresì in considerazione il punto di vista dell'Occidente in merito ai musulmani, ha evidenziato dei risultati sconcertanti, ma non del tutto sorprendenti. Le tematiche possono essere raggruppate in tre sezioni.
Una tendenza alle teorie cospirative. La maggioranza degli intervistati musulmani non crede che gli attacchi dell'11 settembre contro gli Stati Uniti siano di matrice araba. Le percentuali vanno da un mero 15% di coloro che in Pakistan attribuiscono la responsabilità agli arabi al 48% dei musulmani francesi. A conferma dei recenti trend negativi della Turchia, il numero dei turchi che puntano il dito contro gli arabi è diminuito, oscillando dal 46% nel 2002 al 16% odierno. In altre parole, in ognuna di queste dieci comunità musulmane, la maggioranza considera gli attacchi dell'11 settembre come una beffa perpetrata dal governo americano, da Israele o da qualcun altro.
Inoltre, i musulmani sono largamente prevenuti nei confronti degli ebrei (confermo, a volte ne parlo con qualche arabo dei vicoli genovesi e mi dicono le stesse cose), andando dal 28% dei musulmani francesi al 98% della Giordania (che malgrado la moderazione della monarchia ha una popolazione a maggioranza palestinese). In più, i musulmani di certi paesi (specie dell'Egitto e della Giordania) vedono gli ebrei sotto un'ottica cospirativa, come i responsabili dei pessimi rapporti tra musulmani e occidentali.
Le teorie cospirative si riferiscono ad argomenti più vasti. Alla domanda "Chi è maggiormente responsabile della mancanza di benessere delle nazioni musulmane?" tra il 14% (in Pakistan) e il 43% degli intervistati (in Giordania) accusa le linee politiche americane e di altri Stati europei, piuttosto che attribuire la colpa ai problemi interni come la mancanza di democrazia o di istruzione, oppure alla corruzione insita nell'Islam radicale.
Questo cospirazionismo denota una diffusa riluttanza in seno all'umma ad affrontare la realtà, preferendo i più sicuri luoghi comuni dei complotti, delle trame e degli intrighi. Ciò denota altresì dei grossi problemi a conformarsi alla modernità.
Appoggio al terrorismo. Tutte le popolazioni musulmane intervistate si sono decisamente schierate a favore di Osama bin Laden. Alla domanda se esse avessero fiducia in lui, la risposta è stata positiva andando dall'8% (in Turchia) al 72% (in Nigeria). Anche il terrorismo suicida ha riscosso approvazione. Le percentuali dei musulmani ad esso favorevoli vanno dal 13% (in Germania) al 69% (in Nigeria). Queste incredibili cifre denotano che il terrorismo musulmano ha delle radici profonde e rimarrà un pericolo per gli anni a venire.
I musulmani britannici e nigeriani sono i più disaffezionati. Il Regno Unito si distingue per essere un paese paradossale. I non-musulmani ivi residenti sono maggiormente favorevoli all'Islam e ai musulmani di quanto lo siano i non-musulmani di altri paesi occidentali. Ad esempio, solo il 32% del campione britannico considera i musulmani violenti, una percentuale significativamente inferiore se si guarda al 41% della Francia, al 52% della Germania o al 60% della Spagna. Nella disputa delle vignette satiriche su Maometto, i britannici mostrarono una maggior simpatia per l'ottica musulmana rispetto agli altri europei. Più in generale, gli inglesi attribuiscono meno colpe ai musulmani per il pessimo stato dei rapporti tra l'Occidente e il mondo musulmano.
Ma i musulmani britannici contraccambiano il favore con i più dannosi comportamenti anti-occidentali rilevati in Europa. La maggior parte di loro considera gli occidentali violenti, avidi, immorali più di quanto lo pensino le loro controparti in Francia, Germania e Spagna. Inoltre, essi manifestano delle posizioni di gran lunga maggiormente estremistiche in merito agli ebrei, all'attribuzione di responsabilità per l'11 settembre o alla posizione delle donne in seno alle società occidentali.
La situazione presente in Gran Bretagna rispecchia il fenomeno del "Londonistan", in cui i britannici piegano anticipatamente la schiena e i musulmani reagiscono a questa debolezza ricorrendo a comportamenti aggressivi.
I musulmani nigeriani nutrono in genere dei punti di vista molto belligeranti su argomenti del tipo lo stato dei rapporti tra musulmani e occidentali, la presunta immoralità e arroganza degli occidentali nonché l'appoggio a bin Laden e al terrorismo suicida. Non vi è dubbio che questa forma di estremismo sia una conseguenza dei violenti rapporti che intercorrono in Nigeria tra cristiani e musulmani.
Ironia della sorte, in quei paesi in cui i musulmani si sono più o meno adattati è stata rilevata la più alta percentuale di disaffezione musulmana, il che sta a indicare che una via di mezzo sia la migliore: laddove i musulmani non ottengono speciali privilegi, come in Gran Bretagna, né nutrono una forte ostilità, come in Nigeria.
Nel complesso, il sondaggio condotto dal Pew invia un indiscutibile segnale di crisi da un capo all'altro del mondo musulmano.
Tratto da: http://esperimento.ilcannocchiale.it/?i ... oc=1075553