
Ultima fatica di Valerio Evangelisti , un romanzo storico ambientato nel Mexico nel periodo che va dal 1859 al 1890 - anche se nei risvolti di copertina c'è un refuso che lo porta sino al 1990 ... ma questo potrebbe essere un errore voluto , come si capirà più avanti .
Devo innanzitutto chiarire che questo libro mi ha deluso tantissimo . Non si tratta de l' Evangelisti dei personaggi grandiosi e onirici come Eymerich e il Pantera , di Black Flag o Antracite . Di tutto ciò rimane una luce fioca , che debolmente illumina il fondo del barile di tutta la produzione precedente ( escludo "Noi saremo tutto " perché non l' ho ancora letto. )
Si narrano le vicende romanzate di numerosi personaggi del periodo , realmente vissuti , in forma di racconti brevi collegati tra loro non solo storiograficamente , ma soprattutto per mezzo di una critica sociale assai dettagliata.
E qui sta l'inghippo che stona : benché riferita agli accadimenti di più di cento anni fa , è smaccatamente rivolta all'odierno . Senza contare che viene fatta esprimere in maniera cattedratica ad alcuni personaggi di cui difficilmente ci si potrebbe aspettare una tale consapevolezza del proprio contesto socioeconomico.
Questo non sarebbe peraltro un male se tutto questo non fosse solo fine a se stesso , se cioè avesse una valenza universale , per cui i valori di ieri fossero quelli di oggi . Ma quanto esposto nel libro non porta a quel risultato .
Veramente troppo è poi il tirare per la giacchetta il lettore , per fargli intendere che il dittatore Porfirio Diaz emula il nostro ex presidente affermando alla piazza entusiasta : " Sono il primo operaio della nazione " e sconcertante è pure il suo avversario politico , il generale Trinidad Garcia de la Cadena , palesemente somigliante a Massimo D'Alema , e non solo per la rima ... Diciamo che le vicende storiche del Mexico ottocentesco , liberale , massone e anarchico , ( già ! manca la massoneria ! , te la sei proprio dimenticata , eh Valerio ? ) servono soprattutto a deplorare la nostra italietta , dandole come esempio il nichilismo delle rivolte dei campesinos e la mancanza di organizzazione dei sindacalisti peones . Insomma un guazzabuglio senza via d'uscita . Perché se critica deve essere , seppur camuffata e asservita del romanzo storico, deve pur dare delle risposte , delle soluzioni alternative . O almeno chiarire la visione dei fatti . La critica quando è sterile è solo contrasto impotente , è accidia .
Evangelisti è inciampato sul proprio "metallo urlante". Forse è stanco ; ripete la lezione , ma senza quegli spunti visionari che lo hanno sempre caratterizzato. Peccato .
PS : ci sarebbe anche da parlare del rapporto tra americani e messicani , il "collare di fuoco " da cui prende il nome il libro .
Più di tante parole capirete come funziona, e sul modus operandi dell'imperialismo americano , con l'incipit di Justo Sierra che prologa il libro : " Non c'è nulla di tanto pericoloso per un popolo d'America quanto l'amore disinteressato degli Stati Uniti . La loro protezione è un collare di fuoco"
Ogni riferimento all'esportazione della democrazia in Iraq sarà puramente casuale ...
IL MESSICO COME METAFORA : un altro punto di vista .