Richard Yates - Revolutionary road
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Richard Yates - Revolutionary road
(mini-recensione presa pari pari da qui)
Ne avevo letto commenti entusiastici un po' dappertutto.
Non mi fidavo molto, perché uno pensa se un classico viene dimenticato ci sarà pure un motivo...
Ed invece... 400 pagine che si leggono d'un fiato. Un ritratto crudele di una generazione di mezzo schiacciata tra la Guerra Mondiale e i baby boomer - i Wheeler, protagonisti del romanzo, hanno una trentina d'anni nel 1955 - una corsa verso il finale tragico che ti aspetti, perché sai che non potrà che finire male questa storiaccia, ma che ti colpisce allo stomaco (pur nell'assoluta assenza di descrizioni pulp, tanto di moda negli ultimi venti anni), la spietata descrizione di una famigliola-Mulino Bianco della middle class americana convinta di essere fuori dal comune, ma che finisce per pagare nel peggiore dei modi lo scotto delle miserie, assai banali, su cui è stata costruita...
Bello, bello, bello. Se lo trovate, accattatevill' (e no, se poi non vi piace i soldi non ve li rendo mica).
Edit: io ho prestato la mia copia, ma se e quando torna vorrei far partire un ring, come promesso a SoloIo Venghino siori venghino!
Ne avevo letto commenti entusiastici un po' dappertutto.
Non mi fidavo molto, perché uno pensa se un classico viene dimenticato ci sarà pure un motivo...
Ed invece... 400 pagine che si leggono d'un fiato. Un ritratto crudele di una generazione di mezzo schiacciata tra la Guerra Mondiale e i baby boomer - i Wheeler, protagonisti del romanzo, hanno una trentina d'anni nel 1955 - una corsa verso il finale tragico che ti aspetti, perché sai che non potrà che finire male questa storiaccia, ma che ti colpisce allo stomaco (pur nell'assoluta assenza di descrizioni pulp, tanto di moda negli ultimi venti anni), la spietata descrizione di una famigliola-Mulino Bianco della middle class americana convinta di essere fuori dal comune, ma che finisce per pagare nel peggiore dei modi lo scotto delle miserie, assai banali, su cui è stata costruita...
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accipicchia, e io che pensavo di averlo già letto: sembrerebbe il gemello di Una famiglia americana, Joyce C. Oates, ma scritto molti anni prima. Devo assolutamente segnarmelo e acquistarlo. Pensate che si possa fare un ringhio intrecciativo-comparativo che vede la lettura di entrambi i libri (in seriale o in parallelo a seconda delle abitudini o preferenze)?
l
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lord, tesoro, credo che gionturturro indendesse di ringhiarli contemporaneamente, uno te uno lei, e il primo che li riceve li può pure rispedire insieme se la cosa prosegue in tandem con altri lettori.
dài, così ce la puoi fare anche tu!!!
(lo sai che ti amo, vero? a te ti posso prendere in giro, vero?)
io mi iscrivo findòra a entrambidue, sappiatelo!
Oppure, insisto, non ho capito una ciolla di quello che intendevi ecc.ecc. (autocit.)
dài, così ce la puoi fare anche tu!!!
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Oppure, insisto, non ho capito una ciolla di quello che intendevi ecc.ecc. (autocit.)
e ricordati che i lupi peggiori sono quelli con il pelo dentro (N.Jordan)
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Da piccola mi ero autoconvinta che i regali me li portava Coppi sulla sua bicicletta... non vi dico le mazzate con gli altri bambini (Campalla)
Punteggiatura. Sono vivo e vegeto. Sono vivo. E vegeto. (P.Cananzi)
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no no, guarda che ti credo, è solo che non volevo ferire i tuoi sentimentiflavio vento ha scritto:io lo dico sempre che sono bello e stupido, e voi non ci credete...
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Re: Richard Yates - Revolutionary road
Credo che a tutti, prima o poi, capiti di interrogarsi sulla propria vita, sul grado di soddisfazione, sui traguardi raggiunti e sui sogni infranti o irraggiungibili; di chiedersi se quello che stiamo facendo, vivendo, sognando è proprio quello che vogliamo o volevamo. Le risposte – e le conseguenze – possono naturalmente essere le più varie, a seconda della personalità di ognuno e delle condizioni effettive di vita e questo libro potrà essere interpretato, a seconda dei casi, come uno specchio in cui riconoscersi, come un monito da tenere ben presente o come una (magra) consolazione in virtù del noto proverbio “mal comune, mezzo gaudio”. In qualsiasi caso, comunque, la sensazione che se ne ricava è quella di un pugno nello stomaco.
Quello a cui si assiste è un crescendo disperato di tensione, prima a stento contenuta sotto le apparenze e le ipocrisie, poi riconoscibile in modo più palese in alcune manifestazioni occasionali di rabbia, frustrazione, debolezza o abbandono, infine irrefrenabile e tale da travolgere tutto e tutti dietro di sé, ma solo per poco, prima che una calma piatta riprenda il possesso di tutto.
E non importa che le connotazioni storiche (anni 50), geografiche (periferia americana) o sociali (middle class priva di lussi ma dotata comunque di una vita abbastanza agiata) siano ben definite: perché il tormento e le nevrosi dei Wheeler e dei personaggi di contorno è emblematico di uno stato d’animo che può attecchire in qualsiasi luogo, periodo storico, ceto sociale. Il senso di inadeguatezza ed estraneità (nella versione più infida, cioè quella che porta a sentirsi superiori agli altri), la percezione della mediocrità e del fallimento, la noia e l’apatia, il senso di soffocamento sotto alla pressione di convenzioni subite ma non condivise… tutti stati d’animo che possono avere due esiti: rivelarsi “esplosivi” oppure schiacciare sempre di più nelle proprie spire chi ne è affetto.
I personaggi di questo romanzo ci mostrano tutte le varie gradazioni in cui questa spirale può manifestarsi, e ci mostrano anche, purtroppo, che spesso l’unica reazione che appare plausibile e perseguibile è quella della finzione, in primo luogo con se stessi, che in realtà vada bene così: non per convinzione, ma perché accettare passivamente e accontentarsi è più facile, meno gravoso e impegnativo, che provare a cambiare. L’acquiescenza è vigliacca, ma comoda.
April, inizialmente più dimessa, ne uscirà come eroina classica, in modo tragicamente irreversibile: condivisibile o no, la sua è una scelta.
John, non a caso ritenuto e internato come pazzo, non perde occasione per mostrare la sua acuta sensibilità nell’interpretare le dinamiche altrui, accetta il ruolo in cui è stato confinato beffandosi delle convenzioni imperanti che non condivide e si rivela in un certo senso deus ex machina sbattendo sotto gli occhi degli altri quello che era palese ma negato da tutti, con una sincerità dirompente nel contesto in cui si manifesta.
Ma gli altri ?
Frank, ipocrita, debole e vigliacco capo famiglia, calcolatore al punto di “provare” i dialoghi attraverso i quali crede di poter pilotare gli eventi nel senso più comodo per lui, pronto a rivalutare, ma solo per convenienza, il lavoro che ha sempre detestato, e cieco di fronte al malessere della moglie.
I Campbell e la signora Givings, pronti a giudicare “eccentriche” le scelte dei protagonisti pur di non mostrare la propria invidia per il progetto dei Wheeler, e pronti a rientrare nella consueta e rassicurante routine dopo la scossa inferta dall’epilogo, sostituendo immediatamente un’altra famiglia nel loro meschino giro di aperitivi, cenette e conversazioni in cui l’unica attrattiva consiste nel ritenersi e mostrarsi reciprocamente interessanti, per nascondere quel “vuoto disperato” che percepiscono ma negano.
Il signor Givings, che a mali estremi disinserisce il proprio apparecchio acustico estraniandosi così da tutto ciò che lo circonda.
Un panorama disarmante, che colpisce più ancora del tragico epilogo, che quando arriva rappresenta quasi una liberazione, agli occhi del lettore che fin dalle prime pagine ha avuto il presentimento di una catarsi incombente.
I temi e le atmosfere sono tali che rimanere indifferenti sembra impossibile. Ma anche nella remota ipotesi in cui ciò accada, rimangono comunque uno stile impeccabile di scrittura, in cui niente è lasciato al caso, in cui niente è superfluo o potrebbe essere diversamente, in cui anche le piccole digressioni sui personaggi di contorno assumono il carattere di veri e propri ritratti, concisi ma netti, che offrono al lettore figure di consistenza praticamente tangibile. E che dire poi dei dialoghi ? Orchestrati con fine occhio critico, densi ora di cinismo, ora di amara ironia, capaci di dimostrare quanto possa risultare descrittiva, se ben gestita, anche la tecnica del discorso diretto, perché grazie ad essa la personalità e il ruolo di chi vi interviene balzano agli occhi del lettore più e meglio di quanto pagine e pagine di discorso indiretto avrebbero potuto fare. E’ vero che spesso hanno il sapore di dialoghi tra sordi, essendo i protagonisti troppo confusi e incerti su quanto attiene a se stessi per potersi predisporre all’ascolto e alla comprensione dell’altro, ma si tratta di un effetto voluto e di grande efficacia descrittiva circa la loro psicologia, completata dall’uso sapiente e misurato del flash back per illuminare i tratti della storia pregressa dei personaggi che chiudono il cerchio del loro essere nel presente.
Così come voluti e acuti sono i simbolismi che si celano sotto ai nomi e agli ambienti. Per citarne solo alcuni: i Wheeler, che danno fin dall’inizio l’impressione di una coppia che sta precipitando a rotoli, come carrettieri a bordo di un mezzo che non sanno condurre, come ruote al di fuori di ogni controllo; Shep, che mostra la propria inettitudine ad ergersi con una propria individualità e si sente a suo agio solo come membro del gregge; lo stesso titolo della rappresentazione teatrale con cui il romanzo ha inizio, “La foresta pietrificata”, che inevitabilmente rinvia agli ambienti in cui questi personaggi si muovono, tetri nella loro essenza e immobili, pur essendo tutte le case dipinte di colori pastello, e addirittura le finestre prive di tende (un dettaglio che mi ha colpito molto, nel suo dire molto più di quello che sembra, perché suggerisce un intento smaccatamente palesato di trasparenza, di visibilità anche dell’intimità della famiglia, che può nascere solo dalla convinzione che non c’è niente da nascondere perché tutto è esattamente come deve essere) e pur avendo, le abitazioni, “automobili color panna ormeggiate dinanzi” (altro piccolo gioiello descrittivo, secondo me, perché la scelta del verbo, del tutto inusuale per le automobili, immediatamente innesca un meccanismo di associazione di idee che suggerisce dimensioni da imbarcazione – quindi stabilità e solidità – immersa in acque calme – quindi tranquillità – significative nel sottolineare lo stridente contrasto tra apparenza e realtà).
Un romanzo che dunque colpisce e appaga sotto tutti i punti di vista, e che rimarrà nei miei ricordi uno dei momenti più belli della mia storia di lettrice.
Quello a cui si assiste è un crescendo disperato di tensione, prima a stento contenuta sotto le apparenze e le ipocrisie, poi riconoscibile in modo più palese in alcune manifestazioni occasionali di rabbia, frustrazione, debolezza o abbandono, infine irrefrenabile e tale da travolgere tutto e tutti dietro di sé, ma solo per poco, prima che una calma piatta riprenda il possesso di tutto.
E non importa che le connotazioni storiche (anni 50), geografiche (periferia americana) o sociali (middle class priva di lussi ma dotata comunque di una vita abbastanza agiata) siano ben definite: perché il tormento e le nevrosi dei Wheeler e dei personaggi di contorno è emblematico di uno stato d’animo che può attecchire in qualsiasi luogo, periodo storico, ceto sociale. Il senso di inadeguatezza ed estraneità (nella versione più infida, cioè quella che porta a sentirsi superiori agli altri), la percezione della mediocrità e del fallimento, la noia e l’apatia, il senso di soffocamento sotto alla pressione di convenzioni subite ma non condivise… tutti stati d’animo che possono avere due esiti: rivelarsi “esplosivi” oppure schiacciare sempre di più nelle proprie spire chi ne è affetto.
I personaggi di questo romanzo ci mostrano tutte le varie gradazioni in cui questa spirale può manifestarsi, e ci mostrano anche, purtroppo, che spesso l’unica reazione che appare plausibile e perseguibile è quella della finzione, in primo luogo con se stessi, che in realtà vada bene così: non per convinzione, ma perché accettare passivamente e accontentarsi è più facile, meno gravoso e impegnativo, che provare a cambiare. L’acquiescenza è vigliacca, ma comoda.
April, inizialmente più dimessa, ne uscirà come eroina classica, in modo tragicamente irreversibile: condivisibile o no, la sua è una scelta.
John, non a caso ritenuto e internato come pazzo, non perde occasione per mostrare la sua acuta sensibilità nell’interpretare le dinamiche altrui, accetta il ruolo in cui è stato confinato beffandosi delle convenzioni imperanti che non condivide e si rivela in un certo senso deus ex machina sbattendo sotto gli occhi degli altri quello che era palese ma negato da tutti, con una sincerità dirompente nel contesto in cui si manifesta.
Ma gli altri ?
Frank, ipocrita, debole e vigliacco capo famiglia, calcolatore al punto di “provare” i dialoghi attraverso i quali crede di poter pilotare gli eventi nel senso più comodo per lui, pronto a rivalutare, ma solo per convenienza, il lavoro che ha sempre detestato, e cieco di fronte al malessere della moglie.
I Campbell e la signora Givings, pronti a giudicare “eccentriche” le scelte dei protagonisti pur di non mostrare la propria invidia per il progetto dei Wheeler, e pronti a rientrare nella consueta e rassicurante routine dopo la scossa inferta dall’epilogo, sostituendo immediatamente un’altra famiglia nel loro meschino giro di aperitivi, cenette e conversazioni in cui l’unica attrattiva consiste nel ritenersi e mostrarsi reciprocamente interessanti, per nascondere quel “vuoto disperato” che percepiscono ma negano.
Il signor Givings, che a mali estremi disinserisce il proprio apparecchio acustico estraniandosi così da tutto ciò che lo circonda.
Un panorama disarmante, che colpisce più ancora del tragico epilogo, che quando arriva rappresenta quasi una liberazione, agli occhi del lettore che fin dalle prime pagine ha avuto il presentimento di una catarsi incombente.
I temi e le atmosfere sono tali che rimanere indifferenti sembra impossibile. Ma anche nella remota ipotesi in cui ciò accada, rimangono comunque uno stile impeccabile di scrittura, in cui niente è lasciato al caso, in cui niente è superfluo o potrebbe essere diversamente, in cui anche le piccole digressioni sui personaggi di contorno assumono il carattere di veri e propri ritratti, concisi ma netti, che offrono al lettore figure di consistenza praticamente tangibile. E che dire poi dei dialoghi ? Orchestrati con fine occhio critico, densi ora di cinismo, ora di amara ironia, capaci di dimostrare quanto possa risultare descrittiva, se ben gestita, anche la tecnica del discorso diretto, perché grazie ad essa la personalità e il ruolo di chi vi interviene balzano agli occhi del lettore più e meglio di quanto pagine e pagine di discorso indiretto avrebbero potuto fare. E’ vero che spesso hanno il sapore di dialoghi tra sordi, essendo i protagonisti troppo confusi e incerti su quanto attiene a se stessi per potersi predisporre all’ascolto e alla comprensione dell’altro, ma si tratta di un effetto voluto e di grande efficacia descrittiva circa la loro psicologia, completata dall’uso sapiente e misurato del flash back per illuminare i tratti della storia pregressa dei personaggi che chiudono il cerchio del loro essere nel presente.
Così come voluti e acuti sono i simbolismi che si celano sotto ai nomi e agli ambienti. Per citarne solo alcuni: i Wheeler, che danno fin dall’inizio l’impressione di una coppia che sta precipitando a rotoli, come carrettieri a bordo di un mezzo che non sanno condurre, come ruote al di fuori di ogni controllo; Shep, che mostra la propria inettitudine ad ergersi con una propria individualità e si sente a suo agio solo come membro del gregge; lo stesso titolo della rappresentazione teatrale con cui il romanzo ha inizio, “La foresta pietrificata”, che inevitabilmente rinvia agli ambienti in cui questi personaggi si muovono, tetri nella loro essenza e immobili, pur essendo tutte le case dipinte di colori pastello, e addirittura le finestre prive di tende (un dettaglio che mi ha colpito molto, nel suo dire molto più di quello che sembra, perché suggerisce un intento smaccatamente palesato di trasparenza, di visibilità anche dell’intimità della famiglia, che può nascere solo dalla convinzione che non c’è niente da nascondere perché tutto è esattamente come deve essere) e pur avendo, le abitazioni, “automobili color panna ormeggiate dinanzi” (altro piccolo gioiello descrittivo, secondo me, perché la scelta del verbo, del tutto inusuale per le automobili, immediatamente innesca un meccanismo di associazione di idee che suggerisce dimensioni da imbarcazione – quindi stabilità e solidità – immersa in acque calme – quindi tranquillità – significative nel sottolineare lo stridente contrasto tra apparenza e realtà).
Un romanzo che dunque colpisce e appaga sotto tutti i punti di vista, e che rimarrà nei miei ricordi uno dei momenti più belli della mia storia di lettrice.
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Re: Richard Yates - Revolutionary road
bellissima recensione, Towandaaa!
io ce l'ho in libreria che aspetta il suo momento, ho visto il film, chissà se ho fatto male...
io ce l'ho in libreria che aspetta il suo momento, ho visto il film, chissà se ho fatto male...
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Re: Richard Yates - Revolutionary road
Non so dirtelo, perché non ho visto il film.
Ma il libro merita, eccome !
Magari un consiglio: aspetta a leggerlo in un momento in cui la vita ti appare rosa, anzi, meglio, fuxia......se lo leggi invece in un momento no, potrebbe risultare "distruttivo"
Ma il libro merita, eccome !
Magari un consiglio: aspetta a leggerlo in un momento in cui la vita ti appare rosa, anzi, meglio, fuxia......se lo leggi invece in un momento no, potrebbe risultare "distruttivo"
Ultima modifica di Towandaaa il ven feb 26, 2010 6:15 pm, modificato 1 volta in totale.
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Re: Richard Yates - Revolutionary road
mi ricorderò il tuo consiglio, non voglio certo deprimermi!
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- lizzyblack
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Re: Richard Yates - Revolutionary road
Cavoli. Libro scritto in maniera magistrale, impossibile non rimanere legati alle vicende dei Wheeler e compagnia. Il racconto si apre con la messa in scena di un'opera teatrale, e personalmente ho trovato che fosse proprio questo il fil rouge della trama, ovvero la semplicità con cui i personaggi si infilano una maschera di ipocrisia e falsità nel far apparire all'esterno delle loro case curate quanto bella sia la loro vita.
La comunità si scuote dal torpore solo grazie a April e Frank che, nella loro infelicità, riescono per un breve periodo a portare un soffio di novità, creando però invidie e rancori all'interno delle altre coppie che, consapevoli di vivere una vita piatta e piena di rimpianti, non possono immaginare che qualcuno possa decidere di migliorare la propria.
Tutto finchè il progetto non si sgretola, ed il resto è una parabola discendente formata da vigliaccheria, finzione e ipocrisia. I Wheeler si impantanano in sabbie mobili subdole, dalle quali ancora una volta è April a tentare una via d'uscita, con un gesto di incredibile freddezza. Il suo ruolo di "salvatrice", nonostante il gesto ovviamente opinabile, fornisce un finale impeccabile. Yates è eccellente nell'epilogo,
EDIT: ho appena finito di leggere la bellissima recensione di Towandaaa. Consiglio anche io di leggere il libro in un momento in cui vi sentite particolarmente felici
La comunità si scuote dal torpore solo grazie a April e Frank che, nella loro infelicità, riescono per un breve periodo a portare un soffio di novità, creando però invidie e rancori all'interno delle altre coppie che, consapevoli di vivere una vita piatta e piena di rimpianti, non possono immaginare che qualcuno possa decidere di migliorare la propria.
Tutto finchè il progetto non si sgretola, ed il resto è una parabola discendente formata da vigliaccheria, finzione e ipocrisia. I Wheeler si impantanano in sabbie mobili subdole, dalle quali ancora una volta è April a tentare una via d'uscita, con un gesto di incredibile freddezza. Il suo ruolo di "salvatrice", nonostante il gesto ovviamente opinabile, fornisce un finale impeccabile. Yates è eccellente nell'epilogo,
Credo che questo sia uno dei libri più belli che ho letto negli ultimi tempi.Here be spoilerspoichè non è la morte di April in sè a portare il picco di tristezza nel racconto, bensì le conseguenze che essa porta. L'apaticità di Frank e la semplicità con cui si sciacqua da ogni senso di colpa leggendo il messaggio lasciato da April. L'occasione per Milly Campbell di far diventare la morte di April un evento da baraccone con il quale attirare i nuovi vicini. La scelta di Mrs Givings di sostituire il figlio con un cucciolo.
EDIT: ho appena finito di leggere la bellissima recensione di Towandaaa. Consiglio anche io di leggere il libro in un momento in cui vi sentite particolarmente felici
Liz
"If a cat could talk, he wouldn't..."
"Sono posseduto da una passione inesauribile che finora non ho potuto né voluto frenare. Non riesco a saziarmi di libri."
"Wit beyond measure is man's greatest treasure."
Le mie letture
Vero Acquario
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Re: Richard Yates - Revolutionary road
Uno dei libri più belli che abbia mai letto, coinvolgente e appassionante. Sembra incredibile che ci si possa identificare in una storia ambientata negli anni 50 negli USA, ma l'autore è così straordinariamente bravo da catturarti completamente.
Per non parlare poi di questo stile asciutto, essenziale che non perde mai il ritmo.
Insomma: da leggere assolutamente.
Per non parlare poi di questo stile asciutto, essenziale che non perde mai il ritmo.
Insomma: da leggere assolutamente.
- Gahan
- Olandese Volante
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Re: Richard Yates - Revolutionary road
Anche a me era piaciuto. L'avevo letto grazie a un ring (http://www.bookcrossing.com/journal/756 ... 1#13152521), se vi va di leggere anche lì troverete un sacco di commenti positivi.
My life is a reading list.
Reading Challenge 2022
Sfida A-Z 2022
Una catena di libri
http://www.bookcrossing.com/mybookshelf/Gahan
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Sono anche su goodreads
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