Prima di procedere voglio però chiarire due cose: primo, non sono un esperto di letteratura, quindi, piú che su questioni stilistiche, cercherò di parlare dei risvolti psicologici del libro (non che sia uno psicologo, ma questo è quello che passa il convento

Detto questo, passiamo a parlare del libro che, come tutti saprete, è un classico della letteratura erotica. Apparso nel 1954, il libro è opera della scrittrice e critica letteraria Anne Desclos (1907-1998), che si firma con lo pseudonimo di Pauline Réage (confesserà la cosa solo un paio d'anni prima della morte); libro scritto per ripicca, per far vedere al suo fidanzato (e datore di lavoro) che anche una donna può scrivere dei romanzi erotici. Il racconto tratta di O, una donna che si sottomette incondizionatamente al suo amante e padrone il quale, nella migliore delle tradizioni sado-maso, la possiede come un oggetto e come tale la sfoggia in pubblico, non prima di averla educata con varie pratiche di disciplina corporale (OK, non vi racconto di piú così non vi rovino la trama

Quello che mi ha personalmente colpito è che, secondo me, si vede chiaramente la mano femminile nell'opera per la perfezione con cui è resa la protagonista ed il suo essere masochista. Una obiezione che sento spesso muovere è: “Sì ma la protagonista se ne sta lì a subire....” ora, deve essere chiaro che il testo parla di una ma-so-chi-sta, se volete vedere una donna forte e dominatrice dovete guardare “Xena la principessa guerriera” e non leggere questo libro

Per quanto riguarda il Padrone, anche lui viene dipinto in modo “archetipo”oserei dire: non spende mai una parola per spiegare perché sottopone O a tanta barbarie o sul perché di questo gioco dei ruoli, ma se il padrone dovesse giustificarsi che padrone sarebbe?

OK, ammetto che non sarà una recensione da comparire sulla rubrica letteraria di qualche giornale ma spero di avervi stuzzicato un po' la curiosità...per la cronaca, il testo è disponibile in un ring gestito da Annanda medesima.
