Il protagonista del libro Shingo è un uomo anziano estremamente sensibile che tra gli avvenimenti del suo quotidiano, i sogni spesso angoscianti ma a volte sereni, il ricordo degli amici passati, osserva la sua vita e la sua famiglia che sembrano muoversi verso una decadenza inarrestabile. Oramai è un vecchio e inizia a preoccuparsi per ogni acciacco: in particolare è colpito dalla perdita di memoria che inizia a farsi notare con nomi dimenticati, fatti accaduti pochi prima di cui non si ha alcun ricordo e amici di cui non ricorda più che fine abbiano fatto. La memoria però è sempre viva nel ricordo che diventa sempre più rimpianto della donna amata che non ha potuto avere: la bellissima sorella della moglie, morta giovane. E’ sempre più chiara la consapevolezza di aver sposato la moglie solo per poter in qualche modo avere qualcosa di quella donna (mai chiamata per nome ma sempre come “la sorella di Yasuko”) mitizzata per sempre.
La sua vita interiore è molto angosciata per il destino dei suoi figli: il maschio che tradisce l’adorata nuora e la rende infelice con il suo egoismo e la sua insensibilità, la femmina tornata a casa dopo un infelice matrimonio con un delinquente di cui non si ha più notizie.
Solo la dolcissima e bellissima nuora Kikuko sembra rischiarare la sua vecchiaia: le è molto affezionato al punto da suscitare l’invidia e il rancore della figlia (donna infelice e brutta mentre lui avrebbe voluto ritrovare in lei la bellezza della zia morta) fino a chiedersi se non abbia trasferito in lei l’amore per la giovane cognata mitizzata.
Attraverso il lento scandire delle giornate in un Giappone che ha appena iniziato a vivere dopo il trauma della guerra (Shingo si commuove al pensiero che la sua piccola nipote non associ il rumore di un aereo ai bombardamenti), Kawabata ricostruisce le giornate di Shingo e dei suoi familiari tra i rituali quotidiani, gli incontri lavorativi e con vecchi amici (i compagni dell’Università sono sempre più rari uccisi dalla malattia o dalla guerra), il quotidiano studio del figlio per cercare di capirlo, la conoscenza dell’amante del figlio, la preoccupazione per il futuro della figlia e delle sue nipoti. Solo la presenza della dolce Kikuko così amata sembra rallegrare le giornate.
Un libro bellissimo e non bisogna spaventarsi dalla sua lentezza: dopo pochi capitoli sembra di vivere con questa famiglia apparentemente perfetta, di conoscere la loro routine e anche le loro angosce e infelicità. E’ anche un lucido racconto sulla vecchiaia e sui rimpianti e rimorsi quando si guarda al passato e si pensa a cosa si è fatto e a cosa si sarebbe potuto fare.
Il suono della montagna - Yasaunari Kawabata
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Re: Il suono della montagna - Yasaunari Kawabata
Ho letto questo libro che avevo in casa da secoli (arriva dalla biblioteca di una zia), perché volevo provare qualcosa di giapponese che non fosse Murakami, o forse perché volevo trovare qualche attinenza con Murakami...
Per quanto riguarda la trama non dico altro perché il resoconto di ciuchino è perfetto, posso però aggiungere che io ho trovato molto brutta la prosa(traduzione). Non so, a me a tratti è sembrata innaturale, quasi come se mancassero dei pezzi (soprattutto all'inizio). Nei dialoghi a volte facevo fatica a capire chi stava parlando, o di chi si stava parlando. A volte le frasi erano contorte. La mia è un'edizione Bompiani del '74 e non credo esista un'altra edizione con traduzione diversa.
Gli argomenti sono anche interessanti, ma sono stati resi in modo poco accattivante, che non invoglia alla lettura. I personaggi brutti (Shuiko da prendere a sberle!) e i loro nomi difficili da ricordare (il nome della moglie di Shuiko e quello della sua amante differiscono per una sola consonante).
Ci sono alcuni episodi "strani", non li definirei proprio surreali, per esempio la geisha che voleva avvelenarsi, l'ex compagno di scuola di Shingo che si è strappato tutti i capelli bianchi e poi gli sono ricresciuti neri, la strana correlazione tra i sogni di Shingo e i fatti che poi avvengono nella realtà... ma siamo ben lontani da Murakami.
I momenti più belli sono quelli in cui Shingo si sofferma a osservare la natura, ma in tutto il libro non ho trovato una sola frase riflessiva degna di nota (mentre nei libri di Murakami sottolineerei quasi tutto).
Di questo scrittore mi ispira "La casa delle belle addormentate", credo che mi toglierò la curiosità in futuro, nonostante questo primo approccio non sia proprio nelle mie corde.
Per quanto riguarda la trama non dico altro perché il resoconto di ciuchino è perfetto, posso però aggiungere che io ho trovato molto brutta la prosa(traduzione). Non so, a me a tratti è sembrata innaturale, quasi come se mancassero dei pezzi (soprattutto all'inizio). Nei dialoghi a volte facevo fatica a capire chi stava parlando, o di chi si stava parlando. A volte le frasi erano contorte. La mia è un'edizione Bompiani del '74 e non credo esista un'altra edizione con traduzione diversa.
Gli argomenti sono anche interessanti, ma sono stati resi in modo poco accattivante, che non invoglia alla lettura. I personaggi brutti (Shuiko da prendere a sberle!) e i loro nomi difficili da ricordare (il nome della moglie di Shuiko e quello della sua amante differiscono per una sola consonante).
Ci sono alcuni episodi "strani", non li definirei proprio surreali, per esempio la geisha che voleva avvelenarsi, l'ex compagno di scuola di Shingo che si è strappato tutti i capelli bianchi e poi gli sono ricresciuti neri, la strana correlazione tra i sogni di Shingo e i fatti che poi avvengono nella realtà... ma siamo ben lontani da Murakami.
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Re: Il suono della montagna - Yasaunari Kawabata
Dopo aver letto le 2 recensioni precedenti, vorrei dare anche la mia opinione. La trama è più o meno raccontata da ciucchino, ma vorrei aggiungere che secondo me il filo conduttore del libro è lo smarrimento della tradizione e delle abitudini di vita del Giappone pre-guerra, senza che vi si sostituisca una nuova mentalità. Il protagonista Shingo una persona è anziana e nel "vecchio Giappone" sarebbe stato un patriarca. Per tutto il libro tutta la sua famiglia si aspetta che prenda in mano le redini delle situazioni degradate delle vite dei 2 figli ma Shingo si limita ad osservare, al limite per un po' si preoccupa, ma poi tutto passa, tutto fluisce. Nel libro si fa cenno alle nuove leggi che mutano le regole di vita nelle famiglie e si ha la percezione di una lentissima transizione appena avviata, senza linee guida e con mille dubbi e incetezze.
Questo è un libro sullo spaesamento, ed è accostato al declino dovuto alla vecchiaia e alla perdita di memoria. Per me (e penso per molti dei lettori contemporanei) è difficile capire o mettersi sulla lunghezza d'onda dei vari personaggi, tanto è cambiato il modo di porsi nel mondo.
Il protagonista Shingo, per esempio, pur essendo estremamente sensibile alla natura e alle stagioni, non fa nessun tentativo neppure minimo di estendere quasta sensibilità alle persone e a porsi in empatia nei confronti dei propri familiari, né moglie e figli. (Nei confronti della nuora, per la quale ha una infatuazione che piano piano si palesa e di cui alla fine prende coscienza, si ferma sempre un attimo prima che avvenga un vero contatto.)
Egli è solo, profondamente solo e autoreferenziale, anche se accudito in ogni sua necessità fisica. Il rispetto che gli è dovuto come pater familias però si incrina sempre più durante lo svolgimento del romanzo, man mano che si prende coscienza della sua inanità, del suo lasciarsi andare nel declino e nel degrado di un mondo che pian piano si dissolve.
Sono d'accordo con Gahan che la traduzione è bruttina.
Questo è un libro sullo spaesamento, ed è accostato al declino dovuto alla vecchiaia e alla perdita di memoria. Per me (e penso per molti dei lettori contemporanei) è difficile capire o mettersi sulla lunghezza d'onda dei vari personaggi, tanto è cambiato il modo di porsi nel mondo.
Il protagonista Shingo, per esempio, pur essendo estremamente sensibile alla natura e alle stagioni, non fa nessun tentativo neppure minimo di estendere quasta sensibilità alle persone e a porsi in empatia nei confronti dei propri familiari, né moglie e figli. (Nei confronti della nuora, per la quale ha una infatuazione che piano piano si palesa e di cui alla fine prende coscienza, si ferma sempre un attimo prima che avvenga un vero contatto.)
Egli è solo, profondamente solo e autoreferenziale, anche se accudito in ogni sua necessità fisica. Il rispetto che gli è dovuto come pater familias però si incrina sempre più durante lo svolgimento del romanzo, man mano che si prende coscienza della sua inanità, del suo lasciarsi andare nel declino e nel degrado di un mondo che pian piano si dissolve.
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Amai la verità che giace al fondo, quasi un sogno obliato (U.Saba)
Piove sui panni stesi / perché niente va mai come dovrebbe...(Kegiz)
Nam concordia parvae res crescunt, discordia maximae dilabuntur.(Sallustio)
...l'erba / lieta, dove non passa l'uomo ((Ungaretti)
LE MIE ETICHETTE E I MIEI RING
Su anobii sono lisolachenoncè
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