Mario Ricotta. La mia Santità.

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Diego
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Mario Ricotta. La mia Santità.

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Chi è Mario Ricotta? Autore di teatro, Psichiatra, ha pubblicato un libro per una piccola casa editrice: “La mia santità”. Ho impiegato moltissimo a leggerlo, l’avevo acquistato, strafottente, mentre parlavo con un amico e gli domandavo di una storia che l’avesse impressionato, ferito, travolto. Mi ero soffermato proprio sul termine: “travolto”. Così lui, con lo sguardo sognante del piccolo editore, costretto a far quadrare il bilancio, tirava fuori da un cartone il sentiero di crescita di un uomo. E’ difficile esprimere le sensazioni profonde di queste confessioni, la crudeltà, le sfumature di una vita perduta. Un libro che turba, anticommerciale, maschile. Difficile collocare un aggettivo come questo “maschile”, nel contesto di rivelazione intima, interiore. Ho sentito la fragilità, così evidente, portata alla luce in un viaggio disinibito, sotto il segno della suggestione, della rivelazione struggente. Dettagli, descrizioni dell’infanzia inchiodata ai banchi del seminario, tra castighi per colpe inesistenti, affogate nel rigetto della naturalità e dell’istinto. La trama di aggroviglia nel resoconto di imposizione e ostentazione. L’imposizione dell’autorità, del giudizio assoluto. L’ostentazione nei confronti del mondo, come se la santità passasse per la cura delle proprie scarpe lucide, dall’aspetto impeccabile di un buon e futuro curato. Gli occhi severi che vigilano sulla purezza, affilati come spade, si trasformano in minacce, rigore, rifiuto della fantasia e giogo della punizione psicologica. Perché in seminario si studiava per diventare santi! E la purezza non avrebbe mai avuto nulla a che fare con l’amore. Così il libro, risulta difficile, ma è scritto con passo scorrevole, ammaliante, delicato, e sottende, come in un incantesimo, la gravità di un’esistenza schiacciata dal fardello estremo della repressione, della cancellazione, del distacco mentale da ogni impulso di fisicità. Ma propone anche lo spunto ambiguo e lacerante della chiesa di reclusione, il tema della pedofilia arriva a scuoterti come un cataclisma. La lettura non riesce rapida, nonostante la semplicità, proprio per la sproporzione della rivelazione. La curiosità si intreccia alla violenza delle descrizioni. Il risultato è strabiliante. Resta il monito di quanto a un certo punto la vita riconduca alla carcassa dei nostri sogni. Così l’effetto è devastante, unico. Le sensazioni di questo libro mi hanno ricordato la figura di un vecchio, di novanta e più anni, claudicante, dai piedi scorticati e gonfi da non entrare più in scarpe normali, che pure avanzava, lento, aggrappato ai ricordi e al respiro affannoso, colto nel circuito finale della propria vita, con l’anima pesante, fantasma di uomo, mentre, a ogni passo, lascia i suoi ultimi interrogativi alla vita: - Perché non ho avuto il coraggio? Perché ho lasciato che la vita sfuggisse via così, senza peso? E tu, Dio, dove ti sei nascosto?
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