Il quattordicenne Peter, dopo diverse terribili esperienze di ricoveri in strutture per minorenni orfani o con problemi comportamentali, viene inserito nella scuola privata di Biehl, famoso istituto di eccellenza in Danimarca.
La storia viene raccontata dallo stesso Peter, ormai adulto, alla sua bambina.
Il romanzo mi ha molto colpita ed è stato un pugno nello stomaco: in questa scuola Peter e i suoi amici August e Katarina sono degli estranei, tutti e tre a loro modo e con diversa gravità sono bambini disattati o meglio “quasi adatti” e sembrano stonare in una suola privata per altro molto costosa. Peter e Katarina iniziano a chiedersi il perché: in particolare l’arrivo di August sembra non avere senso, un bambino autistico, molto aggressivo e violento se qualcuno cerca di toccarlo.
Tutta la ricerca dei bambini si basa sul concetto di tempo: cosa vuole ottenere la scuola con questi orari rigidi, con queste ripetizioni delle attività, con il non poter sgarrare da quanto stabilito? Peter si convince che stanno cercando di manipolare il tempo annullando le differenze tra tempo lineare e circolare e con Katarina iniziano ad indagare alla scoperta del “piano” nascosto. All’inizio sembra il delirio di due bambini malati ma poi la trama inizia a essere sempre più logica e, come in un classico thriller, si arriva alla soluzione del piano e a capire che questa scuola stava sperimentando su di loro una teoria per l’integrazione dei bambini “difficili”. Ma forse dietro al piano c’è qualcosa di ulteriore che sfugge alla stessa volontà dei docenti e burocrati che hanno approvato e fortemente voluto questo esperimento
Non è solo un thriller con teorie di fisica molto affascinanti (il tempo e la sua percezione sono analizzati non solo con gi occhi del bambino, ma anche attraverso il pensiero di studiosi e scienziati), ma è soprattutto la storia di questi bambini “quasi adatti” che non riescono a farsi capire dagli adulti che vogliono solo istituzionalizzarli per integrarli perfettamente con la massa. Nessun adulto sembra voler comprendere i drammi e accettare anche la diversità di questi bambini: pur in buona fede, pensano che l’unica soluzione per loro sia di farli diventare “normali” e, nei casi più gravi, rinchiuderli perché non siano di danno a se stessi e alla società.
E’ un bel libro per riflettere e per vedere la diversità non come qualcosa di mostruoso da debellare, ma come un diverso modo di essere che deve essere “corretto” se aggressivo o autolesionistico ma non fatto sparire in quello che la scuola definiva “darwinismo occulto”.
I quasi adatti - Peter Hoeg
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