Con molto umorismo e pungente ironia, Emma racconta la sua vita: è una trentenne parigina e lavora come correttrice di bozze per una casa editrice di libri erotici, ha un fratello che vive a New York ed è il preferito della madre, ha un amante sposato e soprattutto ha Nina, la sua invadente, egocentrica e prepotente madre che pretende il controllo assoluto e totale sui suoi figli.
Paul, in quanto maschio, è il prediletto: il suo amore esclusivo e soffocante lo ha posto su un piedistallo; ma Paul non è poi così perfetto: è fuggito in America per cercare di liberarsi da quel rapporto morboso con la madre che lo ha spinto in analisi per anni e, tornato a Parigi per trovare la famiglia, confessa di avere un’amante e di volerla sposare divorziando dalla moglie.
Ma la vera pietra dello scandalo è Emma: è “una zitella” che non si decide a sposarsi portando la madre sempre sull’orlo di una crisi (e secondo Nina sul punto di morire per i dispiaceri). Emma è una donna e quindi l’unico modo per essere felici e realizzati è il matrimonio. Quando Emma le confessa di esser l’amante di Jules, Nina con finti e veri attacchi di cuori, con terribili scenate e minacce di morte per il dispiacere la costringe a sposarsi con l’altrettanto nevrotico e ossessivo-compulsivo Theodore (che quando parla usa solo frasi “rubate” a scrittori famosi). Il matrimonio dura solo un mese ma per la madre può andare bene: meglio divorziata che zitella.
La situazione precipita quando la moglie di Paul partorisce una bambina: è una femmina quindi per Nina una disgrazia e durante il volo per New York crea un tale scompiglio da essere poi rinviata subito a Parigi in quanto indesiderata.
Il finale è assolutamente inaspettato.
Nina però non è solo una dispotica tiranna: lei ha sofferto e ha trasmesso ai figli gli stessi valori tramandati dai suoi antenati. Anche lei si è sposata per forza (per poi scoprire l’infedeltà del marito casualmente dopo anni dalla morte), anche lei è infelice perché donna e non ha potuto fare quello che voleva, anche lei si è completamente sacrificata e annullata per il marito e i figli. Questi poi non la sopportano, non vogliono più essere tiranneggiarti, Paul non vuole più essere soffocato dal suo amore e Emma sentirsi sola e non amata, ma poi non sono in grado di vivere senza di lei che si è dedicata completamente a loro.
Dietro tanta ironia e sarcasmo, emergono dei personaggi molto tristi e non stereotipati come ci si aspetta. La descrizione di Nina da parte della figlia è irresistibile: ecco i comandamenti che secondo Emma aveva inciso alla nascita sulle anime dei figli:
“Credere nell’unicità della madre.
Amare la madre.
Temere la madre.
Servire la madre.
Cercare la compagnia della madre.
Santificare il nome della madre.
Onorare la madre.
A questi obblighi comuni si aggiungevano quelli che lei riservava ai soli individui di sesso femminile:
Sposarsi.
Rispettare il marito.
Procreare.
Dedicarsi al focolare domestico.”
Bellissimo e con un finale a sorpresa.
Di sesso femminile - Karine Tuil
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Un libro ben scritto, vivace e divertente. Alcuni dialoghi sono davvero esilaranti grazie ad un umorismo e ad una ironia che non sono però fine a se stessi.
Se da un lato è naturale ed automatico giudicare esagerati l’invadenza di Nina nelle vite dei figli e, più in generale, la sua complessiva visione della vita e del ruolo che una donna deve avere all’interno della famiglia, dall’altro ci si ritrova anche a riflettere su quanto sia labile, soggettivo e fragile il confine che separa l’ossessione anacronistica dalla giusta dose di dedizione nei confronti dei figli e del coniuge, così come le stereotipate convenzioni sociali che non hanno ormai più ragione di esistere dai valori sociali e familiari che invece sono comunque meritevoli di essere perseguiti.
Se da un lato è naturale ed automatico giudicare esagerati l’invadenza di Nina nelle vite dei figli e, più in generale, la sua complessiva visione della vita e del ruolo che una donna deve avere all’interno della famiglia, dall’altro ci si ritrova anche a riflettere su quanto sia labile, soggettivo e fragile il confine che separa l’ossessione anacronistica dalla giusta dose di dedizione nei confronti dei figli e del coniuge, così come le stereotipate convenzioni sociali che non hanno ormai più ragione di esistere dai valori sociali e familiari che invece sono comunque meritevoli di essere perseguiti.
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