L'insostenibile leggerezza dell'essere - Milan Kundera
Moderatori: aly24j, Therese, Marcello Basie
L'insostenibile leggerezza dell'essere - Milan Kundera
Fonte: Massimo Petrucci.it
Essendomi dato alla lettura dei classici del '900, ho terminato da poco la lettura di questo libro. Non è stato uno dei libri più travolgenti ma...
La sospensione sta nel fatto che al di là nella pura storia, nel libro si trovano diversi spunti di riflessione davvero interessanti.
"L'insostenibile leggerezza dell'essere" più che un titolo è una filosofia, un concetto interessante quanto inquietante. Secondo l'autore di questo libro, Milan Kundera, ogni persona ha una sola vita da vivere, una linea retta da percorrere senza alcuna possibilità di verificare la valenza delle proprie scelte. Come è possibile giudicare una scelta se mai si potrà effettuare una controprova? Einmal ist Keinmal che in tedesco si traduce pressappoco in "una volta e mai" che è il nocciolo del concetto fondate di questo passo: "L'uomo vive ogni cosa subito per la prima volta, senza preparazioni. Come un attore che entra in scena senza aver mai provato. Ma che valore può avere la vita se la prima volta è già la vita stessa?"
La cosa non è semplice, anzi è abbastanza inquietante, la domanda che ne viene fuori è che senso possa avere una vita in cui ogni scelta o decisione non è importante, infatti considerando che le decisioni e le scelte sono del tutto insignificanti perché, come detto, non abbiamo alcuna possibilità di capire se sono giuste o sbagliate non potendole confutare, allora possiamo prenderle alla "leggera" perché risultano non essere per niente vincolanti.
Tuttavia questa insignificanza della nostra esistenza, del nostro essere, è un peso insopportabile, insostenibile, ecco quindi la giustificazione del titolo "L'insostenibile leggerezza dell'essere".
Il libro s'incentra sulla storia d'amore di Tomas e Tereza, lei molto gelosa ed a ben dire considerate le tante scappatelle del medico Tomas. Ma lui, in fondo, la ama davvero, tanto da lasciare tutto per lei e seguirla perfino in una casa di campagna, lontani dalla città e da quello che una volta era la propria vita. Sullo sfondo gli avvenimenti drammatici dell'invasione Russa in Cecoslovacchia, la Primavera di Praga, le persecuzioni e la polizia segreta con cui sia Tomas che Tereza si trovano ad avere a che fare. Tomas addirittura perde il lavoro di chirurgo e si trova a fare il lavavetri a causa di un articolo che aveva scritto per un giornale e mal interpretato dal regime.
La storia s'intreccia anche con altre vite, ad esempio quelle di Franz e Sabine, anche questa travagliata, ma non voglio svelare nulla a beneficio del lettore, cito solo un pezzo che ritengo interessante poiché ricco di spunti di riflessione: "Per Sabine vivere nella verità … è possibile solo a condizione di vivere senza pubblico. Nell'istante in cui qualcuno assiste alle nostre azioni, volenti o nolenti, ci adattiamo agli occhi che ci osservano, e nulla di ciò che facciamo ha più verità … Franz, invece, è convinto che nella divisione della vita in sfera privata e sfera pubblica sia contenuta l'origine di ogni menzogna … Per lui ‘vivere nella verità significa abbattere la barriera tra il privato e il pubblico."
Un altro concetto interessante introdotto nel romanzo è quello del Kitsh. Riporto una frase dal libro: "Il mio nemico non è il comunismo, è il Kitsh!" Per Kitsh s'intendono tutte quelle azioni che intendono eliminare "dal proprio campo visivo tutto ciò che nell'esistenza umana è essenzialmente inaccettabile". Se avete difficoltà a comprenderne il senso vi aiuto con un bell'esempio: immaginate il Papa, i suoi vestiti bianchi, i suoi gesti lenti e pacati, le sue parole, tutto ciò che rappresenta, lo avete bene in mente? Perfetto, ora immaginatelo con la veste tirata su, seduto sul gabinetto alle prese con la carta igienica! Ehi! Non ho detto nulla di blasfemo, anche il Papa andrà di corpo o no? Eppure non la tollerate come immagine, questo perché anche dentro di voi c'è un po' del Kitsh.
Solo che le conseguenze di questo concetto sono spesso drammatiche perché molti regimi lo adottano per i loro subdoli scopi. Allo scopo cito ancora un passo del romanzo: "i movimenti politici non si fondano su posizioni razionali, ma su idee, immagini, parole, archetipi che tutti insieme vanno a costituire questo e quel Kitsh politico. L'idea della Grande Marcia … è un Kitsh politico che unisce la gente di sinistra di tutte le epoche e di tutte le tendenze."
"L'insostenibile leggerezza dell'essere" è quindi non solo un romanzo che parla di una storia d'amore, d'intrecci, ma è anche un romanzo storico, un saggio ed uno spunto alla riflessione filosofica.
Vi lascio con una frase presa dal libro, un concetto sulla felicità, sul quale v'invito a riflettere: "Il tempo umano non ruota in cerchio, ma avanza veloce in linea retta. E' per questo che l'uomo non può essere felice, perchè la felicità è desiderio di ripetizione".
Come comprare il libro
In qualsiasi libreria ben fornita.
Autore: Milan Kundera
Titolo: L'insostenibile leggerezza dell'essere
Titolo originale: (in ceco) Nesnesitelná lehkost bytí
Editore: Adelphi
Pagine: 318
ISBN: 8845906868
Sul web: L'insostenibile leggerezza dell'essere su BOL
Note: il romanzo è stato scritto nel 1982 e pubblicato la prima volta in Francia nel 1984. Si volge a Praga negli anni attorno al 1968.
Essendomi dato alla lettura dei classici del '900, ho terminato da poco la lettura di questo libro. Non è stato uno dei libri più travolgenti ma...
La sospensione sta nel fatto che al di là nella pura storia, nel libro si trovano diversi spunti di riflessione davvero interessanti.
"L'insostenibile leggerezza dell'essere" più che un titolo è una filosofia, un concetto interessante quanto inquietante. Secondo l'autore di questo libro, Milan Kundera, ogni persona ha una sola vita da vivere, una linea retta da percorrere senza alcuna possibilità di verificare la valenza delle proprie scelte. Come è possibile giudicare una scelta se mai si potrà effettuare una controprova? Einmal ist Keinmal che in tedesco si traduce pressappoco in "una volta e mai" che è il nocciolo del concetto fondate di questo passo: "L'uomo vive ogni cosa subito per la prima volta, senza preparazioni. Come un attore che entra in scena senza aver mai provato. Ma che valore può avere la vita se la prima volta è già la vita stessa?"
La cosa non è semplice, anzi è abbastanza inquietante, la domanda che ne viene fuori è che senso possa avere una vita in cui ogni scelta o decisione non è importante, infatti considerando che le decisioni e le scelte sono del tutto insignificanti perché, come detto, non abbiamo alcuna possibilità di capire se sono giuste o sbagliate non potendole confutare, allora possiamo prenderle alla "leggera" perché risultano non essere per niente vincolanti.
Tuttavia questa insignificanza della nostra esistenza, del nostro essere, è un peso insopportabile, insostenibile, ecco quindi la giustificazione del titolo "L'insostenibile leggerezza dell'essere".
Il libro s'incentra sulla storia d'amore di Tomas e Tereza, lei molto gelosa ed a ben dire considerate le tante scappatelle del medico Tomas. Ma lui, in fondo, la ama davvero, tanto da lasciare tutto per lei e seguirla perfino in una casa di campagna, lontani dalla città e da quello che una volta era la propria vita. Sullo sfondo gli avvenimenti drammatici dell'invasione Russa in Cecoslovacchia, la Primavera di Praga, le persecuzioni e la polizia segreta con cui sia Tomas che Tereza si trovano ad avere a che fare. Tomas addirittura perde il lavoro di chirurgo e si trova a fare il lavavetri a causa di un articolo che aveva scritto per un giornale e mal interpretato dal regime.
La storia s'intreccia anche con altre vite, ad esempio quelle di Franz e Sabine, anche questa travagliata, ma non voglio svelare nulla a beneficio del lettore, cito solo un pezzo che ritengo interessante poiché ricco di spunti di riflessione: "Per Sabine vivere nella verità … è possibile solo a condizione di vivere senza pubblico. Nell'istante in cui qualcuno assiste alle nostre azioni, volenti o nolenti, ci adattiamo agli occhi che ci osservano, e nulla di ciò che facciamo ha più verità … Franz, invece, è convinto che nella divisione della vita in sfera privata e sfera pubblica sia contenuta l'origine di ogni menzogna … Per lui ‘vivere nella verità significa abbattere la barriera tra il privato e il pubblico."
Un altro concetto interessante introdotto nel romanzo è quello del Kitsh. Riporto una frase dal libro: "Il mio nemico non è il comunismo, è il Kitsh!" Per Kitsh s'intendono tutte quelle azioni che intendono eliminare "dal proprio campo visivo tutto ciò che nell'esistenza umana è essenzialmente inaccettabile". Se avete difficoltà a comprenderne il senso vi aiuto con un bell'esempio: immaginate il Papa, i suoi vestiti bianchi, i suoi gesti lenti e pacati, le sue parole, tutto ciò che rappresenta, lo avete bene in mente? Perfetto, ora immaginatelo con la veste tirata su, seduto sul gabinetto alle prese con la carta igienica! Ehi! Non ho detto nulla di blasfemo, anche il Papa andrà di corpo o no? Eppure non la tollerate come immagine, questo perché anche dentro di voi c'è un po' del Kitsh.
Solo che le conseguenze di questo concetto sono spesso drammatiche perché molti regimi lo adottano per i loro subdoli scopi. Allo scopo cito ancora un passo del romanzo: "i movimenti politici non si fondano su posizioni razionali, ma su idee, immagini, parole, archetipi che tutti insieme vanno a costituire questo e quel Kitsh politico. L'idea della Grande Marcia … è un Kitsh politico che unisce la gente di sinistra di tutte le epoche e di tutte le tendenze."
"L'insostenibile leggerezza dell'essere" è quindi non solo un romanzo che parla di una storia d'amore, d'intrecci, ma è anche un romanzo storico, un saggio ed uno spunto alla riflessione filosofica.
Vi lascio con una frase presa dal libro, un concetto sulla felicità, sul quale v'invito a riflettere: "Il tempo umano non ruota in cerchio, ma avanza veloce in linea retta. E' per questo che l'uomo non può essere felice, perchè la felicità è desiderio di ripetizione".
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Pagine: 318
ISBN: 8845906868
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Note: il romanzo è stato scritto nel 1982 e pubblicato la prima volta in Francia nel 1984. Si volge a Praga negli anni attorno al 1968.
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"Quando eravamo qui ho passato tutto il mio tempo a sistemare le cose, ma hai mai pensato che forse l'isola voglia sistemare le cose a modo suo e che magari io sia solo d'intralcio?" Jack Shephard

"Quando eravamo qui ho passato tutto il mio tempo a sistemare le cose, ma hai mai pensato che forse l'isola voglia sistemare le cose a modo suo e che magari io sia solo d'intralcio?" Jack Shephard

Mi ha sfiancata. Il colpo di grazia è arrivato dopo le prime dieci pagine. Di una noia e di una supponenza MORTALI. L'ho finito perché non avevo altro sotto mano (situazione tragica del tipo che ti devi fare 20 ore di volo e non riesci a dormire, hai un ben di dio di libri ma tutti nella stiva e i tuoi vicini di posto leggono solo cose che si scrivono dall'alto verso l'angolo inferiore sinistro e viceversa, a seconda che le pagine siano pari o dispari) (Oh, niente da dire sulla strategia commerciale: Calasso, maestro di tutti gli annoiatori, è sicuramente un grande uomo di marketing, e così riesce a farci credere che siamo tutti dei caproni se non leggiamo opere fondamentali come questa. Io però non ci credo e sto bene lo stesso).
l
l

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Laura_s il tuo commento mi ha fatto sorridere
Personalmente ho deciso di leggere i classici del '900 per una questione di... "mestiere", non mi dilungo, sarebbe noioso.
Leggere "L'insostenibile leggerezza dell'essere" tutto in una volta in aereo deve essere stato drammatico e ti credo! Non è un libro "leggero", uno di quelli che ti prendono con un bell'intreccio che ti tiene sospeso, in cui ti chiedi cosa mai accadrà nelle pagine successive.
E' anche saccente in alcuni passaggi il vecchio Milan, hai ragione, però dei bei spunti di riflessione ci sono, qualcuno l'ho citato nella recenzione. Certo tradisce l'aspettativa di romanzo inteso in senso tradizionale e moderno...
Comunque sono d'accordo che spesso quelli che passano per "grandi classici imperdibili" sono delle grosse delusioni, c'è anche da dire, a ragion del vero, che ogni libro dovrebbe essere contestualizzato nel periodo in cui è stato scritto.
Alla prossima.

Personalmente ho deciso di leggere i classici del '900 per una questione di... "mestiere", non mi dilungo, sarebbe noioso.
Leggere "L'insostenibile leggerezza dell'essere" tutto in una volta in aereo deve essere stato drammatico e ti credo! Non è un libro "leggero", uno di quelli che ti prendono con un bell'intreccio che ti tiene sospeso, in cui ti chiedi cosa mai accadrà nelle pagine successive.
E' anche saccente in alcuni passaggi il vecchio Milan, hai ragione, però dei bei spunti di riflessione ci sono, qualcuno l'ho citato nella recenzione. Certo tradisce l'aspettativa di romanzo inteso in senso tradizionale e moderno...
Comunque sono d'accordo che spesso quelli che passano per "grandi classici imperdibili" sono delle grosse delusioni, c'è anche da dire, a ragion del vero, che ogni libro dovrebbe essere contestualizzato nel periodo in cui è stato scritto.
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Anche a me. Però lo finii, dovevo, per motivi scolastici.
Tuttavia, a distanza di anni, ogni tanto mi tornano ancora in mente frasi precise, immagini nitidissime, e allora ritorno a rileggerne dei pezzi.
Credo che più che un romanzo sia un trattato filosofico, sociale, sui rapporti umani. E credo che vada letto nel momento giusto (cioè anche mai) per poter essere apprezzato.
(vogliamo parlare di Therèze che riconosce Thomas come suo simile perché ha un libro, con sè? -faccina sognante che non esiste-)
Tuttavia, a distanza di anni, ogni tanto mi tornano ancora in mente frasi precise, immagini nitidissime, e allora ritorno a rileggerne dei pezzi.
Credo che più che un romanzo sia un trattato filosofico, sociale, sui rapporti umani. E credo che vada letto nel momento giusto (cioè anche mai) per poter essere apprezzato.
(vogliamo parlare di Therèze che riconosce Thomas come suo simile perché ha un libro, con sè? -faccina sognante che non esiste-)




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Io lo apprezzo molto, infatti.E credo che vada letto nel momento giusto (cioè anche mai) per poter essere apprezzato.
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In effetti e' terribile come avere un cervello grande come un pianeta, e dover raccogliere un pezzo di carta.situazione tragica del tipo che ti devi fare 20 ore di volo e non riesci a dormire, hai un ben di dio di libri ma tutti nella stiva e i tuoi vicini di posto leggono solo cose che si scrivono dall'alto verso l'angolo inferiore sinistro e viceversa, a seconda che le pagine siano pari o dispari
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ho incontrato kundera a sedici anni, con "la vita è altrove". per fama ho letto "l'insostenibile leggerezza dell'essere", ma il mio preferito è in assoluto "l'immortalità". è terribile dire che non riuscirei a fare una recensione di questi libri, ma ricordo perfettamente il mio entusiasmo, le fantasie che mi ha suscitato, io sotto un banco che non riesco a smettere di leggere, un'intensa voglia di esprimere tutta la mia sensualità e meraviglia attraverso il corpo. ricordo la ricerca disperata di un'identità, i suggerimenti riguardo al metodo additivo e sottrattivo. i furti di significati. ma avevo sedici anni, forse è per quello che mi ha entusiasmato tanto...
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anch'io ho letto praticamente tutto Kundera quand'ero molto giovane e me ne innamorai. e anche per me L'immortalità fu folgoarante, oltre ad apprezzare moltissimo anche i suoi lavori più leggeri, come Il valzer degli addii o Amori ridicoli. Per anni lo considerai il mio scrittore preferito.
Ma recentemente ho riletto alcuni libri e la delusione è stata grande nello scoprire che non mi dicevano più molto, anzi, pieni di concetti triti ( che forse a 18 anni per me non erano tali), di autocompiacimento e di un mare di misoginia. senza più magia soprattutto. peccato.
non sono però d'accordo con questo:
o I dolori del giovane Werther o Passaggio in India trascendono tempi e contesto ( pur essendo fondamentali). e così sarà tra un secolo per un Marquez o una Byatt a caso. ma probabilmente non per Kundera.
Ma recentemente ho riletto alcuni libri e la delusione è stata grande nello scoprire che non mi dicevano più molto, anzi, pieni di concetti triti ( che forse a 18 anni per me non erano tali), di autocompiacimento e di un mare di misoginia. senza più magia soprattutto. peccato.
non sono però d'accordo con questo:
l'ho sentito dire a proposito di romanzi considerati pietre miliari nella storia della letteratura. Il giovane Holden, tanto per citarne uno. In realtà penso che se ho bisogno di contestualizzarlo per poterlo apprezzare, alla fin fine non era granchè. Anzi, i Veramente Grandi a mio avviso li riconosco perchè mentro li leggo non mi viene fatto di pensare ah bè, però è stato scritto negli anni '50 o ai primi dell''800. Anna Kareninaogni libro dovrebbe essere contestualizzato nel periodo in cui è stato scritto.

Cosa leggerai?
Con che libro affascini il tuo cuore?
E se ti perderai nel labirinto di un amaro autore?
P.C.

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condivido pienamente, ma chi ti ha detto questo del giovane Holden ti ha detto una stupidata: può piacere o no, ma non l'ho trovato affatto legato al periodo/contesto ecc.Anzi, i Veramente Grandi a mio avviso li riconosco perchè mentro li leggo non mi viene fatto di pensare ah bè, però è stato scritto negli anni '50 o ai primi dell''800.

Ho potuto così incontrare persone e diventarne amico e questo è molto della mia fortuna (deLuca)
Amo le persone. E' la gente che non sopporto (Schulz)
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vabbè, ma tu di chi ti fidi di più?
ehm scusate l'OT... credo almeno fosse OT...

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Grazie per le vostre risposte, tutte molto interessanti.
Vorrei chiarire il mio concetto per quanto riguarda la frase "ogni libro dovrebbe essere contestualizzato nel periodo in cui è stato scritto".
Assomiglia un po' al concetto che per poter apprezzare a pieno un quadro(ad esempio di Picasso o qualcosa di più moderno) è necessario capire cosa il pittore avesse in mente, la sua tradizione, studiarlo in parole povere.
Be' se mi mettete davanti ad un Caravaggio, per quanto sia ignorante, non posso non apprezzare l'opera!
Quindi se un libro è un capolavoro lo è a prescindere dal contesto.
E fin qui siamo d'accordo.
Ma quando un libro ci piace? E perché? Forse quando ci "ritroviamo" in esso, quando quei concetti in qualche modo ci appartengono, quando si crea una certa empatia e ci emozionano.
Ecco allora che a 18 anni un libro per noi è meraviglioso ed a 30 non più o viceversa, ma perché?
Perché siamo cambiati, perché cerchiamo qualcos'altro e perché cose che prima ci stupivano oggi hanno il sapore dell'igenuià.
Ma allora perché ho scritto quella frase? Perché è in parte vera.
Ultimamente sto rivendendo le puntata degli anni '60 della serie TV "Ai confini della realtà", chi se la ricorda? Diciamo che negli anni '80 andava in onda su Italia 1, se non sbaglio.
La serie degli anni '80 a me piaceva tantissimo! Forse è quella che mi ha fatto venire voglia di scrivere storie...
Ma torniamo ad oggi, riguardando quelle vecchie serie degli anni '80 e quelle ancora più vecchie degli anni '60 ho notato delle cose...
Entrambe mi sembrano "ingenue", quelle degli anni '60 quasi mi fanno tenerezza! Ma perché? Perché concetti che all'epoca sembravano innovativi, audaci, grosse intuizioni, oggi nel 2007 sono cose scontate! Ma allora no! Allora erano grosse novità.
Ecco il senso della mia frase, non tanto per dire che quel libro DEVE essere un capolavoro, lungi da me, l'ho detto in testa alla recenzione che non è tra i miei preferiti, ma contestualizzandolo alcuni concetti che a noi oggi possono sembrare banali, all'epoca, per chi leggeva, non lo erano affatto.
Poi il piacere e il non piacere sono cose personali, ogni libro ha il suo lettore ideale, e lo stesso lettore, nel corso della sua vita, diventa di volta in volta "lettore ideale" di libri diversi.
Vorrei chiarire il mio concetto per quanto riguarda la frase "ogni libro dovrebbe essere contestualizzato nel periodo in cui è stato scritto".
Assomiglia un po' al concetto che per poter apprezzare a pieno un quadro(ad esempio di Picasso o qualcosa di più moderno) è necessario capire cosa il pittore avesse in mente, la sua tradizione, studiarlo in parole povere.
Be' se mi mettete davanti ad un Caravaggio, per quanto sia ignorante, non posso non apprezzare l'opera!
Quindi se un libro è un capolavoro lo è a prescindere dal contesto.
E fin qui siamo d'accordo.
Ma quando un libro ci piace? E perché? Forse quando ci "ritroviamo" in esso, quando quei concetti in qualche modo ci appartengono, quando si crea una certa empatia e ci emozionano.
Ecco allora che a 18 anni un libro per noi è meraviglioso ed a 30 non più o viceversa, ma perché?
Perché siamo cambiati, perché cerchiamo qualcos'altro e perché cose che prima ci stupivano oggi hanno il sapore dell'igenuià.
Ma allora perché ho scritto quella frase? Perché è in parte vera.
Ultimamente sto rivendendo le puntata degli anni '60 della serie TV "Ai confini della realtà", chi se la ricorda? Diciamo che negli anni '80 andava in onda su Italia 1, se non sbaglio.
La serie degli anni '80 a me piaceva tantissimo! Forse è quella che mi ha fatto venire voglia di scrivere storie...
Ma torniamo ad oggi, riguardando quelle vecchie serie degli anni '80 e quelle ancora più vecchie degli anni '60 ho notato delle cose...
Entrambe mi sembrano "ingenue", quelle degli anni '60 quasi mi fanno tenerezza! Ma perché? Perché concetti che all'epoca sembravano innovativi, audaci, grosse intuizioni, oggi nel 2007 sono cose scontate! Ma allora no! Allora erano grosse novità.
Ecco il senso della mia frase, non tanto per dire che quel libro DEVE essere un capolavoro, lungi da me, l'ho detto in testa alla recenzione che non è tra i miei preferiti, ma contestualizzandolo alcuni concetti che a noi oggi possono sembrare banali, all'epoca, per chi leggeva, non lo erano affatto.
Poi il piacere e il non piacere sono cose personali, ogni libro ha il suo lettore ideale, e lo stesso lettore, nel corso della sua vita, diventa di volta in volta "lettore ideale" di libri diversi.
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a. beauty is in the eye of the beholder;Ecco allora che a 18 anni un libro per noi è meraviglioso ed a 30 non più o viceversa, ma perché?
b. a 18 anni (e anche a 30) si è molto boccaloni;
c. attorno ai 40 non è che si diventa meno boccaloni. Si cambia genere di boccalonità. E così via.
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E' uno dei miei libri preferiti.
Di Kundera ho letto quasi tutto. E' di una profondità e di una chiarezza sconvolgente.
I suoi libri mi piacciono perchè leggendoli mi sembra che dia forma con le parole a quello che io avevo dentro e non sapevo come esprimere.
E non credo al caso Kundera..
Per chi se lo fosse perso vi propongo l'articolo molto interessante:
Il caso Kundera
I critici accusano: ormai ha perduto l’ispirazione
La discussione: Dopo un articolo sul «New Yorker» il celebre scrittore che ha abbandonato la lingua madre divide il mondo letterario
L’autoritratto dell’artista da vecchio, se porta il nome di Milan Kundera, fa subito il giro del mondo. Così il brano dal titolo Che cos’è un romanziere?, pubblicato sull’ultimo numero della rivista The New Yorker con la sua firma, scatena subito una discussione a tutto campo.: sul celebre scrittore ceco, sul valore letterario della sua opera, sul contesto storico e persino sul giudizio morale da riservare alla sua persona. Poco importa se Che cos’è un romanziere? Ricalca, parola per parola, un capitolo de Il Sipario, la sua ultima raccolta di saggi critici e filosofici sull’arte pubblicata l’anno scorso da Adelphi. Perché tutti sanno, e i suoi fan per primi, che dietro alle teorie letterarie di Milan Kundera si nasconde nient’altro che lui stesso, l’autore de L’insostenibile leggerezza dell’essere, lo scrittore mitteleuropeo che più di ogni altro, forse, oggi sembra incarnare la sacralità dello scrittore.
Che questa identificazione tra l’autore e la sua opera in linea di principio sia ovvia e immediata, Kundera lo chiarisce subito nel suo saggio: citando Hegel, ricorda che il poeta lirico, e in fondo ogni giovane scrittore, continua a disegnare sempre «il ritratto di sé stesso», qualunque cosa stia scrivendo. Ma quando arriva alla maturità della sua arte, trasformandosi in un vero narratore? Quando, risponde, avviene in lui una «conversione»: cioè «Saul diventa Paolo, e il romanziere nasce dalle rovine del suo stesso mondo lirico». In questo consiste, come in un gesto iconoclastico, la bravura dello scrittore. Deve rompere il sipario magico e mitico che avvolge il mondo, presentandolo ai lettori per quello che invece è: a volte squallido, altre tragico, il più delle volte “comico” (nel senso, potemmo aggiungere dei suoi Amori ridicoli).
Insomma, scrive Kundera, «la conversione anti-lirica è una esperienza fondamentale nel curriculum vitae del narratore». Questo vale per tutti i veri grandi, da Cervantes a Flaubert, capaci di annullare se stessi nella propria opera, addirittura «facendo credere ai posteri di non essere mai vissuti». E ancora più ambiziosamente, rivelando il lettore a se stesso: «il suo lavoro è solo una specie di strumento ottico che lui fornisce al lettore, in modo che egli possa discernere cose che non avrebbe mai visto in se stesso senza quel libro».
Questo dunque «il progetto estetico», «l’etica dell’essenziale» dell’artista: «uno scrittore che è il solo padrone del suo lavoro; che anzi è il suo lavoro». Che questo sia un autoritratto dello stesso Kundera, oggi sono in tanti a crederlo: gli stessi che si dividono su tutto il resto, giudicandolo un genio in cattedra, o al contrario un grande decaduto.
Da “Il corriere della sera” (pag 39)
Mercoledì 11 ottobre 2006
Di Kundera ho letto quasi tutto. E' di una profondità e di una chiarezza sconvolgente.
I suoi libri mi piacciono perchè leggendoli mi sembra che dia forma con le parole a quello che io avevo dentro e non sapevo come esprimere.
E non credo al caso Kundera..

Per chi se lo fosse perso vi propongo l'articolo molto interessante:
Il caso Kundera
I critici accusano: ormai ha perduto l’ispirazione
La discussione: Dopo un articolo sul «New Yorker» il celebre scrittore che ha abbandonato la lingua madre divide il mondo letterario
L’autoritratto dell’artista da vecchio, se porta il nome di Milan Kundera, fa subito il giro del mondo. Così il brano dal titolo Che cos’è un romanziere?, pubblicato sull’ultimo numero della rivista The New Yorker con la sua firma, scatena subito una discussione a tutto campo.: sul celebre scrittore ceco, sul valore letterario della sua opera, sul contesto storico e persino sul giudizio morale da riservare alla sua persona. Poco importa se Che cos’è un romanziere? Ricalca, parola per parola, un capitolo de Il Sipario, la sua ultima raccolta di saggi critici e filosofici sull’arte pubblicata l’anno scorso da Adelphi. Perché tutti sanno, e i suoi fan per primi, che dietro alle teorie letterarie di Milan Kundera si nasconde nient’altro che lui stesso, l’autore de L’insostenibile leggerezza dell’essere, lo scrittore mitteleuropeo che più di ogni altro, forse, oggi sembra incarnare la sacralità dello scrittore.
Che questa identificazione tra l’autore e la sua opera in linea di principio sia ovvia e immediata, Kundera lo chiarisce subito nel suo saggio: citando Hegel, ricorda che il poeta lirico, e in fondo ogni giovane scrittore, continua a disegnare sempre «il ritratto di sé stesso», qualunque cosa stia scrivendo. Ma quando arriva alla maturità della sua arte, trasformandosi in un vero narratore? Quando, risponde, avviene in lui una «conversione»: cioè «Saul diventa Paolo, e il romanziere nasce dalle rovine del suo stesso mondo lirico». In questo consiste, come in un gesto iconoclastico, la bravura dello scrittore. Deve rompere il sipario magico e mitico che avvolge il mondo, presentandolo ai lettori per quello che invece è: a volte squallido, altre tragico, il più delle volte “comico” (nel senso, potemmo aggiungere dei suoi Amori ridicoli).
Insomma, scrive Kundera, «la conversione anti-lirica è una esperienza fondamentale nel curriculum vitae del narratore». Questo vale per tutti i veri grandi, da Cervantes a Flaubert, capaci di annullare se stessi nella propria opera, addirittura «facendo credere ai posteri di non essere mai vissuti». E ancora più ambiziosamente, rivelando il lettore a se stesso: «il suo lavoro è solo una specie di strumento ottico che lui fornisce al lettore, in modo che egli possa discernere cose che non avrebbe mai visto in se stesso senza quel libro».
Questo dunque «il progetto estetico», «l’etica dell’essenziale» dell’artista: «uno scrittore che è il solo padrone del suo lavoro; che anzi è il suo lavoro». Che questo sia un autoritratto dello stesso Kundera, oggi sono in tanti a crederlo: gli stessi che si dividono su tutto il resto, giudicandolo un genio in cattedra, o al contrario un grande decaduto.
Da “Il corriere della sera” (pag 39)
Mercoledì 11 ottobre 2006
- Yucatan
- Re del Mare
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iniziato
Ho iniziato le mie letture di Kundera perchè mi sentivo "sguarnita" senza averne letto niente ed il mio primo libro è stato "L'immortalità": folgorazione!
Ridevo da sola su alcuni passaggi, ne cito ancor'oggi altri, ripenso spesso alla donna che voleva camminare con un fiore davanti agli occhi o al dialogo della piscina o alla donna nella metropolitana con la gonna rossa. Voglio dire che, per quanto la storia fosse disarticolata e la trama non fosse una di quelle che "prendono", la sua lucidità e sobrietà narrativa lasciano un segno e tante riflessioni.
Poi ho letto "L'insostenibile leggerezza dell'essere". Premetto che lo tenevo in macchina e leggevo poche pagine per volta, mentre aspettavo sotto un ospedale o in situazioni "scomode" e mi immergevo completamente. Ero lì con il cane che ringraziava per l'eutanasia, con lei che soffriva per l'odore delle altre nei capelli, con le donne che aspettavano il lavavetri-politico. Mi ha aiutato a vivere quelle attese, sicuramente, ma non è solo questo. La compresenza di individualità, storie personali e sfondo politico per me è molto importante. Specialmente quando non c'è uno schieramento manicheo ma una visione della complessità, una riflessione sul senso dell'individuo nello stato...
In realtà ho letto poi anche i Testamenti Traditi e lì ho fatto un po' fatica.
Grazie ad Anja, che è una corsare ceca, ho avuto un testo di Kundera in lingua originale. è Amori ridicoli, uno dei pochi usciti come prima edizione in ceco. Ma ormai Kundera è passato dall'ammirazione al fetish della mia biblioteca e con questo.... ho detto tutto.
Ridevo da sola su alcuni passaggi, ne cito ancor'oggi altri, ripenso spesso alla donna che voleva camminare con un fiore davanti agli occhi o al dialogo della piscina o alla donna nella metropolitana con la gonna rossa. Voglio dire che, per quanto la storia fosse disarticolata e la trama non fosse una di quelle che "prendono", la sua lucidità e sobrietà narrativa lasciano un segno e tante riflessioni.
Poi ho letto "L'insostenibile leggerezza dell'essere". Premetto che lo tenevo in macchina e leggevo poche pagine per volta, mentre aspettavo sotto un ospedale o in situazioni "scomode" e mi immergevo completamente. Ero lì con il cane che ringraziava per l'eutanasia, con lei che soffriva per l'odore delle altre nei capelli, con le donne che aspettavano il lavavetri-politico. Mi ha aiutato a vivere quelle attese, sicuramente, ma non è solo questo. La compresenza di individualità, storie personali e sfondo politico per me è molto importante. Specialmente quando non c'è uno schieramento manicheo ma una visione della complessità, una riflessione sul senso dell'individuo nello stato...
In realtà ho letto poi anche i Testamenti Traditi e lì ho fatto un po' fatica.
Grazie ad Anja, che è una corsare ceca, ho avuto un testo di Kundera in lingua originale. è Amori ridicoli, uno dei pochi usciti come prima edizione in ceco. Ma ormai Kundera è passato dall'ammirazione al fetish della mia biblioteca e con questo.... ho detto tutto.
- MartinaViola
- Olandese Volante
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- Località: Latina
Re: L'insostenibile leggerezza dell'essere - Milan Kundera
commento alla rilettura - se qualcuno non l'avesse ancora letto.
Per la seconda volta mi ritrovo a pensare che non riesco in alcun modo a trovare le parole giuste per condensare la meraviglia che queste pagine racchiudono.
Kundera offre innumerevoli spunti di riflessione: il concetto di tempo circolare che purtroppo non ci appartiene - "Einmal ist keinmal", le coincidenze che si celano sotto i nostri apparenti "Es muss sein", la dualità che domina la nostra vita: anima e corpo, forza e debolezza, tradimento e fedeltà, leggerezza e pesantezza, ma chi può stabilire quale sia l'estremo positivo?
Tereza, Tomaš, Sabina e Franz si muovono tra i poli dell'esistenza, ognuno con un suo equilibrio comprensibile: giudicarli è pura follia!
Kundera ci spiega tutto - come se non si fidasse della nostra intuitività - interviene in prima persona per illustrarci come sono nati questi personaggi, le situazioni da cui hanno preso vita, per passare poi a scagliarsi contro ogni forma di Kitsch: quell'immagine necessaria per cui una comunità scoppi in lacrime all'unisono, il sogno stucchevole che ci allontana dalla realtà e ci conforta, accarezzandoci il cuore.
Nulla è tralasciato in questo romanzo: l'intreccio, la filosofia, i personaggi, la storia - la primavera di Praga con tutte le sue contraddizioni e i suoi orrori; i rapporti umani sono sezionati da un occhio indagatore che li smaschera per mostrarceli spavaldamente, invitandoci ad accostare l'occhio al microscopio.
Un romanzo che scuote, che non lascia indifferenti, che non delude in ogni paragrafo: non c'è spazio per alti e bassi, Kundera viaggia a quota costante, riuscendo ad aprirsi un varco nella mia testa e nel mio cuore.
- ancora non ho letto altro di kundera, ho paura che mi deluda...
Per la seconda volta mi ritrovo a pensare che non riesco in alcun modo a trovare le parole giuste per condensare la meraviglia che queste pagine racchiudono.
Kundera offre innumerevoli spunti di riflessione: il concetto di tempo circolare che purtroppo non ci appartiene - "Einmal ist keinmal", le coincidenze che si celano sotto i nostri apparenti "Es muss sein", la dualità che domina la nostra vita: anima e corpo, forza e debolezza, tradimento e fedeltà, leggerezza e pesantezza, ma chi può stabilire quale sia l'estremo positivo?
Tereza, Tomaš, Sabina e Franz si muovono tra i poli dell'esistenza, ognuno con un suo equilibrio comprensibile: giudicarli è pura follia!
Kundera ci spiega tutto - come se non si fidasse della nostra intuitività - interviene in prima persona per illustrarci come sono nati questi personaggi, le situazioni da cui hanno preso vita, per passare poi a scagliarsi contro ogni forma di Kitsch: quell'immagine necessaria per cui una comunità scoppi in lacrime all'unisono, il sogno stucchevole che ci allontana dalla realtà e ci conforta, accarezzandoci il cuore.
Nulla è tralasciato in questo romanzo: l'intreccio, la filosofia, i personaggi, la storia - la primavera di Praga con tutte le sue contraddizioni e i suoi orrori; i rapporti umani sono sezionati da un occhio indagatore che li smaschera per mostrarceli spavaldamente, invitandoci ad accostare l'occhio al microscopio.
Un romanzo che scuote, che non lascia indifferenti, che non delude in ogni paragrafo: non c'è spazio per alti e bassi, Kundera viaggia a quota costante, riuscendo ad aprirsi un varco nella mia testa e nel mio cuore.
- ancora non ho letto altro di kundera, ho paura che mi deluda...
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