"Castelli di rabbia" - Alessandro Baricco

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Towandaaa
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"Castelli di rabbia" - Alessandro Baricco

Messaggio da Towandaaa »

Ho appena letto questo libro grazie ad un ring di masia: bellissimo !

Riporto qui sotto la mia J.E. :

Il primo romanzo di Baricco è stato il terzo nella mia esperienza di lettrice-corsara, dopo "Novecento" e "Questa storia" che mi avevano estasiata (avevo letto anche "Seta", ma tantissimi anni fa, e devo dire che non mi era piaciuto molto: forse lo apprezzerò di più rileggendolo adesso).
Anche se cronologicamente è errato dirlo, ho ritrovato in questo "Castelli di rabbia" pensieri che già avevo molto apprezzato in precedenza, dai più palesi (come il tema dell'istante e di quanto può accadere all'improvviso, espresso con l'immagine del quadro che "non ne può più e casca" presente anche in "Novecento") ai meno evidenti (come il tema dell'ossessione, capace di assorbire e trasfigurare l'intera esistenza di una persona: il circuito automobilistico in cui Ultimo Parri di "Questa storia" ha raccolto tutte le "curve" significative della sua vita; la prima cosa che farà Hector Horeau quando il Crystal Palace sarà ultimato; la ferrovia del Signor Rail, diritta come la traiettoria di un proiettile, nella cui corsa è già scritto il suo destino anche se non lo si può leggere).
Oltre a ciò c'è già qui tutta quella straordinaria capacità di creare personaggi avvolti da un alone di mistero tale che il lettore accetta anche di non vederlo poi svelato, perchè è consustanziato ai personaggi stessi, perchè la poesia è tale da far apparire credibile anche il paradosso di alcune loro scelte.
E c'è già qui anche la presenza preponderante della musica, meno "canonica" rispetto a quella di "Novecento" (l'umanofono e le due bande che marciano incrociandosi e suonando due motivi diversi sono esperimenti assai fuori dal comune) ma pur sempre materia tangibile, oggetto ancora una volta di ossessione, trama in cui si intrecciano e sovrappongono, come le note, anche tanti avvenimenti concomitanti per personaggi diversi.
In questa panorama già di per sè straordinario si stagliano infine dei veri e propri gioielli. Solo per citarne alcuni:
- il volto e il pianto di Jun Rail
- le emozioni che danno "una giustificazione a questa altrimenti ridicola abitudine di vivere"
- Pehnt che dopo aver scritto le cose importanti da imparare ed essere stato in piedi tutto il giorno si addormentava poi rannicchiato sognando che la giacca rimanesse sempre troppo grande
- il segnale del ritorno del Signor Rail: lo stesso gioiello che ritorna da Jun Rail, lo stesso istante nella loro storia che così non risulta spezzata
- l'amore segreto tra il Signor Pekisch e la vedova Abegg, segreto anche per loro stessi
- il fissarsi di Mormy su alcune immagini, quasi inspiegabilmente
- la storia di Morivar
Uno stile sublime, reso ancora più pregevole dal dono della misura. Talvolta è sintetico (per esempio, il tagliacarte: "Una specie di pugnale vigliacco. Per assassini stanchi"); altre volte indugia in digressioni (come quella sui primi treni) anche lunghe ma poetiche e affatto stancanti; altre volte ancora pone un "Così." al termine di una espressione già di per sè densa di significati, lasciando aperta la possibilità per il lettore di immaginare e esplorare i possibili significati ulteriori di quanto precede quel sintagma così netto e deciso.
Tra le tante espressioni che ho "rubato" a questo libro per tenerle con me, desidero citarne una: "il destino fa fuoco con la legna che c'è". Non escludo che possano esserle ricondotti anche altri significati, ma io vi ho scorto la perfetta traduzione di un principio in cui credo fermamente: quisque fortunae suae faber est - ognuno è l'artefice della propria sorte.
Ancora una volta Baricco mi ha regalato emozioni e spunti di riflessione fuori dal comune.
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masia
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Messaggio da masia »

E qui ci casca la ringmastra... nel senso che adesso mi è presa voglia di rileggerlo!
Grazie mille per queste tue riflessioni così succose e invoglianti. Mi hai fatto tornare alla mente molti particolare che si erano nascosti in angoletti bui della memoria e che ora pretendono una bella spolverata!
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fuocoblu
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Messaggio da fuocoblu »

come il tema dell'istante e di quanto può accadere all'improvviso, espresso con l'immagine del quadro che "non ne può più e casca" presente anche in "Novecento"
ecco, giusto ieri mi chiedevo in che libro avessi letto l'immagine del quadro che decide di cadere, o del chiodo che decide a un certo punto di staccarsi.
per come la ricordavo, mi sembrava più una pagina da benni, ma forse... è dunque questa? tu che l'hai letta proprio ora e ce l'hai più fresca, confermi?
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-...d'andarsene in paesi lontani, dove nessuno lo conoscesse, neppur di nome; ma sentiva che lui, lui sarebbe sempre con sè. (Manzoni)-
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Virgilio
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Messaggio da Virgilio »

Quello del quadro che, mentre tutto trascorre normale, allimprovviso, "FRAN", cade, sì è di Novecento :yes!:
So many books, so little time...

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masia
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Messaggio da masia »

FRAN
Da "Novecento":


A me m'ha sempre colpito questa faccenda dei quadri. Stanno su per anni, poi senza che accada nulla, ma nulla dico, fran, giù, cadono. Stanno lì attaccati al chiodo, nessuno gli fa niente, ma loro a un certo punto, fran, cadono giù, come sassi. Nel silenzio più assoluto, con tutto immobile intorno, non una mosca che vola, e loro, fran. Non c'é una ragione. Perché proprio in quell'istante? Non si sa. Fran. Cos'é che succede a un chiodo per farlo decidere che non ne può più? C'ha un'anima, anche lui, poveretto? Prende delle decisioni? Ne ha discusso a lungo col quadro, erano incerti sul da farsi, ne parlavano tutte le sere, da anni, poi hanno deciso una data, un'ora, un minuto, un istante, è quello, fran. O lo sapevano già dall’inizio, i due, era già tutto combinato, guarda io mollo tutto fra sette anni, per me va bene, okay allora intesi per il 13 maggio, okay, verso le sei, facciamo sei meno un quarto: fran. Non si capisce. È una di quelle cose che è meglio che non ci pensi, se no ci esci matto. Quando cade un quadro. Quando ti svegli un mattino, e non la ami più. Quando apri il giornale e leggi che è scoppiata la guerra. Quando vedi un treno e pensi io devo andarmene da qui. Quando ti guardi allo specchio e ti accorgi che sei vecchio. Quando, in mezzo all'Oceano, Novecento alzò lo sguardo dal piatto e mi disse: "A New York, fra tre giorni, io scenderò da questa nave". Ci rimasi secco. Fran.
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fuocoblu
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Messaggio da fuocoblu »

ecco proprio questa la citazione che mi frullava in testa senza riprendere forma definita.

Grazie, solleciti buccorsari :)
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Xenia
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Messaggio da Xenia »

da vera baricchiana confermo che "Castelli di rabbia" probabilmente è il migliore, e la cosa più sorprendente è che è anche stata l'opera di esordio...
In quel libro c'è anche una delle mie citazioni preferite sui libri:
"... Nel senso che forse, sempre, e per tutti, altro non è mai, lèggere, che fissare un punto per non essere sedotti, e rovinati, dall'incontrollabile strisciare via del mondo.
Non si leggerebbe, nulla, se non fosse per paura. O per rimandare la tentazione di un rovinoso desiderio a cui, si sa, non si saprà resistere.

Si legge per non alzare lo sguardo verso il finestrino, questa è la verità. Un libro aperto è sempre la certificazione della presenza di un vile - gli occhi inchiodati su quelle righe per non farsi rubare lo sguardo dal bruciore del mondo - le parole che a una a una stingono il fragore del mondo in un imbuto opaco fino a farlo colare in formine di vetro che chiamamiamo libri - la più raffinata delle ritirate, questa è la verità.

Una sporcheria. Però: dolcissima.

Questo è importante, e sempre bisognerà ricordarlo, e tramandarlo, di volta in volta, da malato a malato, come un segreto, il segreto, che non sfumi mai nella rinuncia di nessuno o nella forza di nessuno, che sopravviva sempre nella memoria di almeno un'anima sfinita, e lì suoni come un vedretto capace di far tacere chicchessìa: lèggere è una sporcheria dolcissima. Chi può capire qualcosa della dolcezza se non ha mai chinato la propria vita, tutta quanta, sulla prima riga della prima pagina di un libro? No, quella è la sola e più dolce custodia di ogni paura. Un libro che inizia."
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Messaggio da liberliber »

non solo tra i bookcrossers ci sono due schieramenti proBaricco/antiBaricco, ma all'interno del pro le opinioni sui suoi libri sono parecchio contrastanti :lol:
Castelli di rabbia è quello che a me è piaciuto meno in assoluto, nonostante sia il primo che abbia letto (subito dopo Novecento).

Mo' confesso: l'ho pure riletto, ed entrambe le volte ho finito con l'impressione di essermi persa un pezzo, come se alla fine fosse circolare o citasse qualcosa che ho già sentito, strizzando l'occhio al lettore, senza però riuscire a individuarlo. Sono tonta io? (astenersi dalla risposta i simpaticoni) :roll: :P
Ho potuto così incontrare persone e diventarne amico e questo è molto della mia fortuna (deLuca)
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Messaggio da Xenia »

come se alla fine fosse circolare o citasse qualcosa che ho già sentito, strizzando l'occhio al lettore, senza però riuscire a individuarlo
no, no, anzi, se non erro lo stesso Baricco ex post disse che quel finale era sbagliato, io stessa avevo la sensazione di girare a vuoto, è un po' come se il libro fisico che il lettore tiene in mano fosse il libro nel libro (detto così non si capisce, e infatti io mica l'ho capito...), ma alla fine preferisco un finale originale ma nebuloso che un finale chiaro e deludente (come mi accade nel 90% dei casi...).
Le strizzatine d'occhio in Baricco invece sono tantissime, ad esempio in Oceano Mare il naufragio è tratto da un evento storico, il naufragio della Méduse, che ispiro' anche un celebre dipinto di Géricault e il cui medico di bordo si chiamava Savigny, come il nome del personaggio stesso.
Ultima modifica di Xenia il mar set 11, 2007 11:31 am, modificato 1 volta in totale.
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Messaggio da liberliber »

questa la sapevo :P
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