"Signor Malaussène" - Daniel Pennac

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"Signor Malaussène" - Daniel Pennac

Messaggio da Towandaaa »

Una trama poliziesca più complessa del solito e un panorama di personaggi più vasto del solito (oltre ai numerosi soggetti concreti aleggiano prepotentemente nell’aria anche i “fantasmi” dei personaggi deceduti nei capitoli precedenti della saga) per un romanzo che pur ricalcando i toni e i temi dei precedenti (e dei successivi) della serie, mi è sembrato distinguersi dagli altri e non in senso positivo. Mi ha lasciato l’impressione che con questo capitolo della saga Pennac abbia un po’ voluto strafare.
Mentre negli altri l’intreccio giallo mi era sempre sembrato come un pretesto, una cornice, in cui l’autore aveva sapientemente calato alcune idee ricche di spunti per riflessioni personali, questa volta mi sono trovata così impegnata a seguire lo sviluppo della trama da veder scivolare in secondo piano i risvolti che tanto mi avevano fatto apprezzare le altre avventure dei personaggi di questa tribù. I toni tragici e truculenti di questa storia, secondo me, hanno preso il sopravvento rispetto ai momenti che preferisco nei romanzi di Pennac: quelli in cui i personaggi sono soliti esprimere, con il loro disincanto e la loro ingenuità, una visione della vita che trae spunto dal paradosso ma che paradossale non è.
Rimane comunque una lettura da consigliare, anche se non come primo approccio alla saga, non solo perché non lo è né in senso logico né in senso cronologico, ma soprattutto perché a mio modesto avviso non è in questo romanzo della serie che Pennac ha dato il meglio di se stesso: qualcuno potrebbe decidere di non procedere con gli altri romanzi della serie, e sarebbe un vero peccato.
Il fatto stesso che si assista nel finale ad una serie di colpi di scena originali e ben congegnati (circostanza che in teoria e in altri contesti sarebbe da considerare indubbiamente positiva) in questo romanzo assume invece, secondo me, una connotazione leggermente negativa, perché mi sembra denotare che l’autore abbia calcato un po’ troppo la mano sull’elemento “giallo”, lasciando sullo sfondo temi di denuncia sociale che rimangono ai margini della storia, un po’ sacrificati, mentre sarebbero stati meritevoli di una maggiore attenzione (primo fra tutti il tema dell’errore giudiziario e del cieco accanimento che in questi casi talvolta rende ancora più difficile l’accertamento della verità, ma di non secondaria importanza, tra gli altri, anche il tema della speculazione edilizia che dietro la facciata del rinnovamento può comportare invece il degrado delle periferie).
Ultima nota negativa: il tema della gravidanza di Julie. Così toccante all’inizio, in quei monologhi in cui, pur in perfetto stile malausseniano, vengono espresse le legittime preoccupazioni di un futuro padre, e poi, successivamente, così “maltrattata” (non aggiungo dettagli per il rischio di spoiler) in una vicenda troppo ai confini della realtà, anche nel contesto dei canoni già molto “sui generis” a cui Pennac ha abituato i lettori di questa saga. Non mi è piaciuto lo sviluppo che l’autore ha dato a questa componente delle storia, anche se concordo pienamente con la frase che si legge a pagina 332: “Quando la vita è quello che è, il romanzo ha il dovere di essere quello che vuole”.
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