Un appassionante giallo raccontato da un lato attraverso le lettere di un detective in pensione inviate nel 1954 da una casa si riposo al nipote di uno dei protagonisti, e dall’altra tramite il diario del 1922 del protagonista principale: l’archeologo Trilipush.
Al di là della storia ben raccontata in modo originale attraverso un diario del 1922 e le lettere del 1954 in un perfetto gioco di incastro, sono rimasta molto affascinata dalla descrizione psicologica di Trilipush: un archeologo reso completamente folle dall’ambizione e dal desiderio di scoprire la tomba di un fantomatico re dell’Antico Egitto. Il suo diario trasuda ambizione, arroganza e fa sorridere la sua incapacità di comprendere la realtà: non capisce che Carter sta facendo la più grande scoperta dell’Egittologia, ritiene che tutti siano contenti di ricevere copia del suo libro con dedica, non si accorge che la malattia della sua ricca fidanzata è in realtà dipendenza dalla droga, non si rende conto che la ferita al suo piede si sta infettando fino a non riuscire più a distinguere tra realtà e sogni di ambizione.
Nonostante sia un thriller, il ritmo è lento ma mi sembrava di esser li a lavorare con Trilipush, a scavare nella sabbia e a sentirmi frustrata perché la mancanza di mezzi economici non mi permette di arrivare al trionfo e alla gloria. E infine un finale sorprendente anche se non del tutto inaspettato.
L'archeologo - Arthur Phillips
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