Una donna diversa di Anne Tyler

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liberliber
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Una donna diversa di Anne Tyler

Messaggio da liberliber »

Come sempre scritto divinamente. Anne Tyler descrive così perfettamente e delicatamente la storia e i personaggi che sembra di averla vissuta in una vita precedente.
E' incredibile come sembra che non succeda niente, che alle persone la vita capiti, e come questo sia rispondente alla realtà: alla fine le persone non prendono continuamente decisioni consapevoli, e così avviene nei romanzi di quest'autrice (ad esempio, Le vite degli altri, Ristorante nostalgia, ecc.).

La descrizione della vita di una famiglia numerosa è perfetta (per esperienza personale), sia nei lati positivi che negativi: questi viluppi soffocanti che sono però anche un sostegno e un rifugio. E come tutto può essere visto in due modi.

Chi ha scelto il titolo italiano (non credo la traduttrice, che traduce il testo molto bene) andrebbe svergognato: quello originale (In cerca di Caleb) rende MOLTO meglio l'idea.

Consigliatissimo.
Ho potuto così incontrare persone e diventarne amico e questo è molto della mia fortuna (deLuca)
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katemansfield
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Una donna diversa - di Anne Tyler

Messaggio da katemansfield »

Ci sono personaggi che difficilmente si dimenticheranno. Uno di questi è Justine Peck, protagonista di questo bel romanzo della Tyler. JUstine è vittima della sua famiglia -piovra, composta da zii, fratelli, cugini nonni e bisnonni, tutti fisicamente e psicologicamente somiglianti, per i quali lo scopo essenziale della vita è il mantenere le apparenze e nn perdere mai il controllo.
JUstine tenera, succube , diafana e svagata, tanto da seguire senza protstare qualsiasi folle progetto del marito ( e cugino primo) Duncan è al contempo capace di ferree e imprevedibili decisioni, e trova il suo spazio di libertà nell'attività di cartomante, e nella rierca, insieme al nonno , del prozio Caleb, unico componente definitivamente sfuggito, sessantacinque anno addietro, alla cappa di "affetto" dei Peck.
In un mondo dove viene considerato essenziale muoversi sempre con in tasca una busta affrancata e un biglietto in bianco, ove scrivere, sulla via del ritorno di qualsiasi visita di cortesia un formale e indispensable messaggio di ringraziamento e dove la parola d'ordine è "I Peck non piangono" risulta memorabile l'amara constatazione del bisnonno, severo giudice in pensione che ad un certo punto, per la prima volta nella sua vita pare fare un bilancio e confessa a Justine :" Quand'ero bambino mi insegnavano a tenerimi dentro i sentimenti. Ma io credevo di doverli tenere solo fino ad un certo momento.Credevo che un giorno , da qualeche parte,avrei di nuovo avuto la possibilità di usare tutti quei sentimenti messi da parte. Quando verrà quel momento?"

La Tyler non delude mai.
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Therese
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Messaggio da Therese »

[thread fuso con recensione precedente]
-...è solo che non ho tempo per leggere.
- Mi dispiace per te.
- Oh, non direi.Ci sono tanti altri modi per passare il tempo.
Giulio vorrebbe replicare che leggere non è "passare il tempo"...
(T. Avoledo)

cinefila integralista

Non inviatemi ring senza avvertire, grazie ^_^
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Towandaaa
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Re: Una donna diversa di Anne Tyler

Messaggio da Towandaaa »

Io sono una grande estimatrice di Anne Tyler: i suoi romanzi, pur avendo tratti di fondo piuttosto costanti non mi hanno mai annoiata, anzi, l’effetto principale che essi inducono in me (quello di sentirmi parte della storia come se a raccontarla fosse una persona cara e come se io la ascoltassi non per mera curiosità ma proprio perché mi sento partecipe delle vicende) è proprio quello che ogni volta cerco nei suoi libri, senza provare mai noia.
Eppure, questa volta, non mi sento così “soddisfatta” come è sempre successo in passato: il fatto stesso che questa lettura si sia trascinata per più di una settimana è un chiaro sintomo del fatto che l’ho trovata diversa dalle altre, e in senso negativo.
Per carità, lo stile è quello semplice (non banale), scorrevole e piacevole di sempre, la costruzione dei personaggi è come al solito curata con quella attenzione che si estrinseca in pochi tratti (una descrizione, un dialogo, un flash-back) significativi ma non pedanti o eccessivi……ma è probabilmente la trama in sé che non mi ha coinvolta.
Alla lunga, i continui traslochi, l’insoddisfazione latente e mascherata dei protagonisti (tutti: sia i Peck più rigorosi, sia i Peck-“pecora nera”), le loro reazioni quasi sempre così misurate e composte (quando invece mi sarei aspettata gesti un po’ più “eclatanti” per sfuggire alla morsa di una famiglia opprimente) mi hanno trasmesso una sensazione di incompiutezza, di quella particolare ”pigrizia” che porta ad accettare che la vita scorra per i suoi binari (tracciati da altri) senza una presa di posizione decisa per imprimere un cambio di rotta. A guardare bene, infatti, i Peck che hanno abbandonato la famiglia e intrapreso una vita diversa dai canoni e dalle consuetudini soffocanti, non se ne sono mai staccati del tutto: sono sempre rimasti in bilico in una situazione in cui la forza di attrazione e di repulsione (come una calamita di cui siano state ruotate a tratti le polarità) ha continuato a tenerli avvinti. Caleb, dopo una vita da girovago al di fuori degli schemi della famiglia, scrive un biglietto di ringraziamento ai nipoti che lo hanno temporaneamente ospitato; Meg, per sottrarsi ad una famiglia che ha sempre trascurato le sue esigenze di stabilità, finisce per accettare un matrimonio con un uomo insignificante, manipolato dalla madre che opprimerà anche lei; Duncan, marito egoista e perennemente insoddisfatto, che “tiene il punto” del suo distacco dalla famiglia con un accanimento tale da far pensare che voglia in primo luogo convincere se stesso; Justine, la meno convinta delle scelte adottate da altri ma anche la meno propensa a reagire.
Ci sono stati sì passi che mi hanno colpita molto (le riflessioni del nonno su quanto sia duro reprimere sempre i propri sentimenti, il senso di inutilità di Justine quando la figlia si sposa e quando l’intervento dell’investigatore la solleva dalla necessità di viaggiare in lungo e in largo per il paese insieme al nonno alla ricerca di Caleb) ma si è trattato, appunto, di momenti estemporanei, che tendono a perdersi in una trama che nel suo complesso ho trovato un po’ soporifera.
Forse mi sarebbe piaciuto di più se fosse stato il primo romanzo della Tyler che leggevo.
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